mercoledì 31 dicembre 2008

La nuova amministrazione

Presidente degli Stati Uniti: Barack Obama

Vice Presidente degli Stati Uniti: Joe Biden

Segretario di Stato: Hillary Clinton

Capo dello Staff: Rahm Emanuel

Segretario al Tesoro: Timothy Geitner

Segretario all'Educazione: Arne Duncan

Segretario alla Salute: Tom Daschle

Segretario al Commercio: Bill Richardson

Segretario alla Sicurezza Interna: Janet Napolitano

Procuratore Generale: Eric Holder

Segretario all'Energia: Steven Chu

Segretario alla Difesa: Robert Gates (Repubblicano, confermato)

Segretario agli Interni: Ken Salazar (Senatore ed ex Procuratore Generale del Colorado)

Segretario ai Trasporti: Ray LaHood (Repubblicano, deputato dell'Illinois)

Segretario all'Agricoltura: Tom Vilsack (Ex Governatore dell'Iowa e candidato alle primarie Democratiche di quest'anno)

Segretario allo Sviluppo Urbano: Shaun Donovan (Commissario per l'edilizia a New York)

Segretario per i Veterani: Generale Eric Shinseki (Ex capo dello staff dell'esercito)

Segretario al Lavoro: Hilda Solis (Latinoamericana, deputato della California e sindacalista)

sabato 27 dicembre 2008

La tradizione dei Presidenti interrogati

di Peter Baker (New York Times)

Ogni Presidente, da più di tre decenni, ha dovuto essere interrogato dai federali, prima o poi. Barack Obama sembra aver voluto stabilire un piccolo record parlando con gli inquirenti prima ancora di aver prestato giuramento.
La scorsa settimana, ma la notizia è stata resa nota solo ora, Obama ha parlato con quattro inquirenti riguardo il caso Blagojevich, in qualità di testimone.
"Non ha ancora preparato il vestito per l'inaugurazione e già ci sono dei magistrati che vogliono interrogarlo. E' un segno dei tempi" ha commentato Robert Bennett, uno dei maggiori avvocati di Washington e difensore di Bill Clinton.
Un'altra riflessione è che Obama e il suo team stanno collaborando pienamente con gli inquirenti, mentre in passato alcuni Presidenti hanno collaborato con riluttanza, rimandando gli interrogatori o mettendo dei paletti. D'altronde, mancando una qualsiasi accusa nei suoi confronti, per Obama è stato molto più facile collaborare, e la sua volontà di portare trasparenza a Washington non gli lasciava molta scelta.
Inoltre un Presidente eletto ha più difficoltà nel voler coprire conversazioni riservate, piuttosto che un Presidente in carica. Il concetto di privilegio esecutivo, anche se mai esplicitamente menzionato nella Costituzione, è stato riconosciuto dai tribunali nel corso degli anni.
Obama è stato interrogato nel suo ufficio di Chicago da due assistenti del procuratore distrettuale e da due agenti dell'FBI, ed era accompagnato dal suo avvocato personale Robert Bauer e da un suo associato, ma non da Gregory Craig, designato avvocato della Casa Bianca. Era assente anche il Procuratore Patrick Fitzgerald. L'interrogatorio non è stato registrato, nè Obama ha dovuto prestare giuramento (ma mentire a degli investigatori federali è reato in ogni caso). Obama ha risposto a tutte le domande e l'avvocato non ha posto obiezioni. Separatamente sono stati interrogati anche Rahm Emanuel, capo dello staff entrante, e Valerie Jarrett, la candidata segnalata da Obama per sostituirlo al Senato.

Il primo Presidente a essere interrogato dalle autorità giudiziarie fu addirittura Thomas Jefferson, che testimoniò nel processo per tradimento contro il suo ex vice presidente Aaron Burr. Anche Monroe e Grant si trovarono in situazioni simili, che però rimasero eccezionali fino al Watergate.
Da allora, ogni Presidente è stato chiamato dalle autorità, o come testimone o come oggetto di indagini. Gerald Ford fornì una testimonianza registrata nel processo contro una donna che aveva provato ad assassinarlo. Jimmy Carter testimoniò diverse volte in processi di varia natura contro altre persone. Ronald Reagan, dopo aver lasciato la Presidenza, rilasciò una testimonianza videoregistrata sullo scandalo Iran-contra, e George Bush sr. venne interrogato sullo stesso argomento.
Bill Clinton ha testimoniato sotto giuramento almeno 10 volte. La sua testimonianza al gran Giurì per il caso Lewinsky divenne la base per il tentativo di impeachment approvato dalla Camera ma respinto dal Senato. L'attuale Presidente Bush è stato interrogato dal Procuratore Fitzgerald per 70 minuti a proposito della fuga di informazioni sul nome di un'agente della CIA

Copyright 2008 The New York Times Company

mercoledì 24 dicembre 2008

martedì 23 dicembre 2008

Kennedy-Cuomo-Clinton: la guerra delle dinastie per un seggio al Senato

La sostituzione di Hillary Clinton al Senato, dove ha lasciato vacante il seggio di senatrice di New York, sta assumendo i contorni di una "Dinasty" che coinvolge le tre principali famiglie che negli ultimi 50 hanno monopolizzato il partito Democratico.
Andiamo con ordine: dopo la nomina di Hillary al Dipartimento di Stato, è partita la corsa alla sua sostituzione. Tra le prime a farsi avanti, Caroline Kennedy. L'unica superstite tra i figli di JFK, dopo una vita passata ad occuparsi di politica al di fuori dei palazzi di potere, come avvocato e attivista, nel 2008 è entrata attivamente nella vita politica appoggiando la candidatura di Barack Obama insieme allo zio Ted Kennedy, mentre i figli di Robert Kennedy si sono schierati per la Clinton.
L'autocandidatura della Kennedy al Senato è stata accolta con un certo scetticismo, vista la sua inesperienza nella politica attiva e il probabile parere negativo della Clinton. Il neo Segretario di Stato però non ha commentato, e la strada per Caroline sembrava spianata a causa della mancanza di avversari (a parte qualche personaggio in cerca di popolarità, come l'attrice Fran Descher, meglio conosciuta come "La tata"). La Kennedy ha cercato di accreditarsi spiegando meglio le proprie posizioni politiche, anche se le sue interviste sono state giudicate reticenti e poco convincenti, tanto che Geraldine Ferraro ha scritto al Governatore di New York sconsigliandogli la scelta della Kennedy.
Le cose sono cambiate quando è sceso in campo Andrew Cuomo. Figlio dell'ex Governatore di New York (11 anni in carica) Mario Cuomo, andrew è attualmente il Procuratore generale dello stato di New York, ruolo ricoperto dopo aver tentato inutilmente di candidarsi a Governatore nel 2002, venendo sconfitto nettamente da George Pataki.
Cuomo, oltre ad avere un curriculum politico di tutto rispetto e a poter ancora aspirare ad una carriera ad alti livelli, è anche nelle grazie di Hillary Clinton, sia per la vicinanza tra le due famiglie, sia perchè è stato Segretario allo Sviluppo Urbano nella seconda amministrazione di Bill Clinton.
Il nome di Andrew Cuomo non è però gradito ai Kennedy: Cuomo è stato sposato dal 1990 al 2003 con Kerry Kennedy, settima degli undici figli di Robert Kennedy. Questo matrimonio doveva rappresentare l'unione tra due potenze politiche, ma non ha mai dato i frutti sperati, concludendosi come peggio non si poteva: nel 2003 Cuomo scoprì che la moglie aveva una relazione extraconiugale, e oltre a lasciarla denunciò pubblicamente il tradimento nella causa di divorzio. Questo ha causato una rottura tra le due famiglie, e ora Robert Kennedy jr., fratello di Kerry, è sceso in campo a favore della cugina (anche se lui stesso aveva delle aspirazioni senatoriali) per impedire che il seggio di New York che fu di suo padre vada all'odiato ex-cognato.
Una bella gatta da pelare per il Governatore Paterson (che a sua volta è il rampollo di un leader Democratico degli anni '60), che ora ha ricevuto anche il pressing del sindaco di New York Bloomberg "Penso che il Governatore debba fare una scelta in tempi ragionevolmente brevi, perchè questa storia sta andando fuori controllo e tutti si concentrano sugli aspetti sbagliati".

lunedì 22 dicembre 2008

Caso Blagojevich, la posizione di Emanuel

Il capo dello staff designato da Obama, Rahm Emanuel, avrebbe un ruolo maggiore di quello che finora si pensava nell'affare Blagojevich, secondo una fonte anonima riportata dal Chicago Sun-Times. Emanuel avrebbe infatti parlato direttamente con il Governatore del seggio senatoriale che Blagojevich è accusato di aver "messo all'asta".
Finora si era parlato di contatti tra i due staff ma non di colloqui diretti con il Governatore, anche se non sembra ci siano estremi per novità dal punto di vista penale, casomai da quello di responsabilità politica. Subito dopo le elezioni Emanuel avrebbe parlato con Blagojevich riferendogli la preferenza di Obama verso Valerie Jarrett come nuovo Senatore dell'Illinois (la Jarrett è stata poi nominata responsabile delle Relazioni Pubbliche alla Casa Bianca da Obama), ma non è chiaro se si sia spinto anche a trattare con il Governatore o se abbia solo riferito la preferenza.
Il portavoce di Obama ha negato questo colloquio diretto, ammettendo che Emanuel ha parlato con Blagojevich ma non a proposito del seggio vacante. In ogni caso, se i due hanno parlato, almeno alcune di queste conversazioni sono state intercettate dall'FBI ed eventualmente entreranno a far parte delle prove processuali.
Intanto Obama e il suo team hanno preparato un memoriale che raccoglie tutti i contatti avuti con Blagojevich, da consegnare agli inquirenti. Già la scorsa settimana Obama, durante la conferenza stampa indetta per presentare le sue ultime nomine, aveva riassunto il contenuto del memoriale annunciando una sua imminente conclusione. Questa è slittata di una settimana su richiesta proprio degli inquirenti. Il Procuratore Patrick Fitzgerald ha infatti dichiarato "Dopo che il Presidente eletto ha annunciato un'investigazione interna al suo team, l'ufficio del Procuratore ha chiesto un breve rinvio della pubblicazione del rapporto in modo tale da poter concludere i nostri interrogatori". In realtù Fitzgerald avrebbe anche chiesto a Obama di mantenere il silenzio stampa sulla vicenda, in modo da non condizionare le investigazioni, sebbene molti esperti legali sostengano che il Procuratore non ha autorità per una simile richiesta.
Obama ha incaricato il noto avvocato Greg Craig, già nominato consigliere legale della Casa Bianca, di tenere i rapporti con la Procura. Craig è stato anche il difensore di Bill Clinton durante il processo per il SexGate e il tentativo di impeachment.

venerdì 19 dicembre 2008

Perchè è fallito il "bailout" per l'industria delle auto

Il fallimento del "bailout", il piano di salvataggio delle industrie automobilistiche con un intervento statale di 15 miliardi di dollari, è stato causato principalmente dai Repubblicani moderati del Campidoglio, che in questi ultimi giorni di legislatura (il nuovo Congresso non è ancora insediato, e queste sedute sono chiamate "anatra zoppa") sono divisi tra la encessità di salvare le industrie e la volontà di attenersi ai propri principi, già traditi con il "bailout" di settembre.
La Casa Bianca aveva trovato faticosamente un accordo con i Democratici per votare un pacchetto di aiuti immediati a General Motors, Ford e Chrysler. I Democratici avevano annunciato il voto a favore, mentre i Repubblicani conservatori si erano opposti ponendo condizioni che non erano state accettate: che i salari dei dipendenti di Gm, Ford e Chrysler fossero ridotti al livello di quelli dei concorrenti non sindacalizzati, a cominciare dalle case giapponesi, gia nel 2009. Questo ha fatto diventare i Repubblicani moderati l'ago della bilancia.
Sia Bush che molti osservatori erano convinti che questi non avrebbero fatto mancare il proprio voto ad un provvedimento che, per quanto impopolare tra la destra, era necessario per evitare fallimenti clamorosi. I fatti gli hanno dato torto, e il piano non ha ottenuto neanche i voti necessari per essere portato in aula.
Va anche aggiunto che al Senato i Democratici non hanno potuto contare su tre voti chiave, quelli di Obama, Biden e Hillary Clinton.
Ora GM e Chrysler rischiano di entrare in amminstrazione controllata entro fine anno. Ford ha chiesto linee di credito per il futuro. Gm ieri notte ha già ingaggiato esperti legali e finanziari, tra cui Harvey R. Miller di Weil Gotshal & Manges, per preparare un eventuale ingresso in Chapter 11.
Ora, dicono gli esperti, l'unica speranza per le tre case automobilistiche e' che l'amministrazione Bush decida di garantire al settore l'accesso al Tarp, il piano di aiuti per il comparto finanziario.

giovedì 18 dicembre 2008

7 domande su Blagojevich per Obama

di Kenneth Vogel e Carrie Buddoff Brown (Politico)

Le accuse contro il Governatore dell'Illinois Rod Blagojevich e il suo capo di gabinetto John Harris hanno sollevato molte domande per il Presidente eletto Barack Obama, alcune delle quali ha risposto, e ad altre risponderà con un memoriale che verrà diramato la prossima settimana.
Di queste domande, ecco le 7 più curiose e le eventuali risposte.

1. Obama ha comunicato direttamente o indirettamente con Blagojevich a proposito della scelta del suo sostituto al Senato?
Obama ha detto chiaramente di non aver mai parlato con Blagojevich, ma non ha negato che qualcuno del suo staff lo abbia fatto.
Secondo le intercettazioni telefoniche di Blagojevich, il Governatore pensava di avere un canale di comunicazione con il team di Obama. Ad esempio Blagojevich, parlando con un rappresentante sindacale, gli dice di aver capito che è "un emissario". A un certo punto, Blagojevich si lamenta di aver capito che il team di Obama non lo ricompenserà se nominerà Senatore una persona gradita al neo Presidente. Come fa a saperlo?

2. Perchè David Axelrod è stato smentito quando ha detto che Obama aveva parlato con Blagojevich?
Il mese scorso, Axelrod descriveva una conversazione tra Obama e Blagojevich a proposito del seggio vacante. "So che ha parlato con il Governatore e che c'è una vasta gamma di nomi".
Ma poi Axelrod ha ritirato il commento dicendo di essere stato frainteso.

3. Quando ha saputo delle indagini sulla "vendita" del seggio e sull'imminente arresto di Blagojevich?
Il portavoce di Obama Robert Gibbs ha detto che Obama è venuto a conoscenza dell'arresto e delle accuse quando queste sono state rese note al pubblico. Ma altri lo sapevano prima: Jesse Jackson Jr. ha detto di aver saputo da alcuni inquirenti che le indagini erano concluse e che ci sarebbe stato un arresto.

4. Obama o il suo staff hanno contattato l'FBI o il Procuratore Patrick Fitzgerald a proposito dell'inchiesta contro Blagojevich?
Blagojevich sembrava credere che il team di Obama fosse a conoscenza dei suoi tentativi di "vendere" il seggio, e li avesse respinti. In un'intercettazione dice ad Harris di sapere che da Obama non otterrà "nient'altro che riconoscenza". Se Blagojevich ha contattato qualcuno vicino ad Obama anche solo per accennare a un accordo, questo qualcuno sarebbe stato tenuto a denunciarlo.

5. Gli inquirenti hanno interrogato Obama o qualcuno del suo team?
Obama ha detto che nè lui nè i suoi uomini sono stati contattati a nessun titolo dagli inquirenti.
Il Procuratore Fitzerald ha affermato che nelle indagini non sarà necessario interrogare Obama, ma non è chiaro se questo riguarda anche il filone di inchiesta riguardante i rapporti tra Blagojevich e Tony Rezko.

6. Quando è stata l'ultima volta che Obama ha parlato con Blagojevich?
Obama e Blagojevich hanno partecipato al congresso dell'Associazione dei Governatori a Philadelphia la scorsa settimana, dove sono stati anche fotografati insieme. Se Obama ha parlato al telefono con lui dopo le elezioni, la conversazione dovrebbe essere stata intercettata dall'FBI, cosa che al momento non risulta.

7. Obama è pentito di aver sostenuto Blagojevich?
Obama ha sostenuto l'elezione di Blagojevich in entrambi i mandati, nel 2002 e nel 2006, e nel primo era anche suo consigliere. Nel 2006, quando alcuni giornali denunciarono una possibile indagine sul Governatore, Obama definì Blagojevich " un leader che ha agito a favore del popolo dell'Illinois".
Blagojevich non sembra ricambiare la stima, visto che nell'intercettazione del 10 novembre chiama il Presidente eletto "figlio di puttana".

© 2008 Capitol News Company LLC

mercoledì 17 dicembre 2008

Arne Duncan Segretario all'Educazione

Barack Obama ha annunciato di aver scelto Arne Duncan (nella foto) come Segretario all'Educazione, una decisione che soddisfa i riformisti e che metterà i conservatori di fronte all'eccellente curriculum del politico, che come sovrintendente alle scuole pubbliche di Chicago ha portato risultati eccezionali in un settore estremamente complicato, senza tuttavia rinnegare la riforma di Bush, il "No child left behind", che piace anche ad esponenti dei Democratici.
Arne Duncan, 44 anni, è stato un giocatore professionista di basket, capitano della squadra di Harvard, e ha giocato in Australia. Dal 1992 si occupa di educazione e nel 2001 è stato nominato dal sindaco Daley sovrintendente alle scuole pubbliche di Chicago, che con oltre 400.000 studenti rappresentano il terzo bacino scolastico degli Usa.
E' l'ultimo tassello del Gabinetto di Obama (poi toccherà ai vice segretari).
Il fatto che Obama abbia tenuto per ultimo proprio questo posto può essere spiegato con la particolare attenzione che il programma del neo Presidente dedica ai temi della scuola, un argomento poco citato in campagna elettorale ma presente nell'agenda dei Democratici. Il modo con cui Obama affronterà la questione è ancora da stabilire, e il nome scelto per il Dipartimento all'Educazione fornisce alcuni indizi, tanto che l'editorialista del NYTimes David Brooks ha spiegato già la scorsa settimana in che modo un nome o un altro avrebbe cambiatol'approccio della nuova amministrazione.
Infatti è proprio all'interno del partito Democratico che si dibatte sulle soluzioni da applicare: da un lato i riformisti che sostengono un aumento degli stipendi per gli insegnanti meritevoli, finanziamenti mirati e scuole più inclusive, mentre i più conservatori, appoggiati dai sindacati della scuola, chiedono un aumento indiscriminato di fondi, classi più piccole e riforme superficiali.
Obama ha nel suo team rappresentanti di entrambe le fazioni, e in campagna elettorale non ha preso una posizione ferma, ora lodando un'iniziativa di stipendi commisurati al merito a Denver, ora appoggiandosi ai sindacati.
La posta in palio è alta, per la prima volta dono decenni ci sono le condizioni per una vera riforma del sistema scolastico americano, e questo sarà un settore su cui Obama si giocherà una buona parte delle sue chance in politica interna.
La lista di candidati comprendeva oltre a Duncan, Joel Klein, capo del Dipartimento all'Educazione di New York e capofila dei riformisti, non a caso osteggiato dai sindacati e Linda Darling-Hammond, docente a Stanford e di tendenze più conservatrici, consigliera del team di Obama.

Fonte: New York Times

martedì 16 dicembre 2008

Caso Blagojevich: Emanuel parlò con il Governatore

Rahm Emanuel, capo dello staff della Casa Bianca nella futura amministrazione Obama, ha avuto contatti con il Governatore dell'Illinois Blagojevich a proposito del seggio vacante al Senato, a quanto risulta da un'inchiesta del "Chicago Tribune".
Questo non implica in nessun modo un coinvolgimento di Obama, di Emanuel o di qualcun altro dello staff negli illeciti del Governatore, ma serve solo ad aggiungere un altro tassello al complicato quadro delle indagini e al tipo di contatti tra lo staff di Obama e quello di Blagojevich, che il Presidente eletto ha detto di voler chiarire nei prossimi giorni.
Emanuel, amico sia di Obama che di Blagojevich, avrebbe avuto i primi contatti con John Harris, capo dello staff del Governatore, il sabato precedente le elezioni del 4 novembre, nello stesso periodo in cui Emanuel veniva identificato come possibile Chief of Staff in caso di vittoria di Obama. Emanuel comunicò a Harris una lista di candidati ritenuti "accettabili" da Obama per la sua sostituzione: la lista comprenderebbe tra gli altri Valerie Jarrett (poi nominata da Obama nella sua amministrazione), la veterana dell'Iraq Tammy Duckworth e il deputato Jan Schakowsky. Poco dopo le elezioni, Emanuel chiamò di nuovo Harris per aggiungere alla lista anche il nome del Procuratore Generale dell'Illinois Lisa Madigan.
Questa circostanza sarebbe stata indirettamente confermata da Han Schakowsky, che ha raccontato al quotidiano di Chicago di aver telefonato ad Emanuel, poco dopo le elezioni, per avere qualche informazioni riguardo le posizioni di Obama sul suo eventuale successore al Senato "Emanuel mi indicò che il Presidente eletto aveva espresso una preferenza per alcuni nomi, e io ero tra questi. E' perfettamente normale che un Presidente eletto si interessi di chi occuperà il seggio che ha lasciato vacante."
Anche Rahm Emanuel lascerà un seggio vacante alla Camera quando entrerà nelle sue nuove funzioni, ma la legge dell'Illinois stabilisce un diverso processo di sostituzione per i seggi alla Camera, per i quali è richiesta un'elezione suppletiva. Nelle accuse a Blagojevich si parla anche di queste elezioni, in quanto in un'intercettazione il Governatore e i suoi complici parlano anche della possibilità di influenzare le candidature per il seggio vacante in modo da favorire persone vicine a Blagojevich.

Fonte: Chicago Tribune

lunedì 15 dicembre 2008

In cerca del posto ideale per un discorso

Lo staff di Obama è già al lavoro sull'agenda del neo-Presidente per i primi mesi di governo. Oltre all'agenda legislativa, sarà molto importante organizzare una serie di eventi internazionali per fissare le nuove basi della politica estera americana.
Così, è già certo che il prossimo 2 aprile Barack Obama sarà a Londra per partecipare al prossimo vertice dei G-20, dopo quello tenutosi a Washington il 14 e il 15 novembre.
Tra i desideri di Obama ci sarebbe però quello di tenere un importante discorso sulla politica estera da una grande capitale islamica, possibilmente nei primi 100 giorni di governo. I consiglieri di Obama sono quindi all'opera per trovare la città che meglio si adatta alle esigenze. La lista di capitali è lunga, da quelle più ovvie - Riyadh, Kuwait City, Islamabad - a quelle meno ovvie - Male (Maldive, Ouagadougou (Burkina Faso), Tashkent (Uzbekistan). Qualcuno, non si sa quanto seriamente, ha persino suggerito Dearborn, in Michigan, che conta una vasta comunità araba.
Oltre a Dearborn, Obama sarebbe propenso ad escludere anche Male e Ouagadougou, che per quanto islamiche non semrabo rientrare nel profilo richiesto.
Secondo il New York Times, la scelta potrebbe quindi ricadere su un'altra capitale, fuori dalla lista di cui sopra, ovvero Il Cairo. La capitale egiziana sarebbe scelta per esclusione: scegliere Damasco potrebbe sembrare una sorta di ricompensa per il governo siriano, e sarebbe troppo presto. Ramallah, in Palestina, è fuori discussione per motivi diplomatici e di sicurezza.
Giakarta, capitale dell'Indonesia, il paese a maggioranza musulmana più popoloso del mondo, sarebbe la più indicata, ma il fatto che Obama abbia vissuto e studiato lì per alcuni anni la farebbe sembrare una scelta di comodo.
Anche Baghdad è da escludere, sceglierla significherebbe dare l'dea di appoggiare la guerra in Iraq. Beirut è sconsigliata per motivi di sicurezza, e poi la presidenza del Libano va sempre a un cristiano.
Teheran? Neanche a parlarne. Amman? Non sarebbe una novità. Islamabad? Troppo pericoloso. Ankara? Troppo sicura, e i turchi non sarebbero entusiasti di essere usati come esempio del mondo islamico mentre cercano di entrare nell'Unione Europea. Riyadh? La sicurezza nazionale dice di no. Kuwait City, Abu Dhabi? Doha? "Non penso si terrà nel Golfo Persico" spiega un consigliere di Obama.
Resta solo Il Cairo. L'Egitto è sufficientemente musulmano, è alleato degli Usa ma ci sono tensioni che potrebbero essere risolte con un rafforzamento delle relazioni. Ci sono anche problemi di democrazia, così Obama potrebbe fare anche riferimento alla necessità di un nuovo modello politico. I servizi segreti non gradiranno, ma dal punto di vista della sicurezza ci sono parecchie differenze rispetto a Islamabad, e i diplomatici egiziani hanno già fatto sapere che Obama sarà il benvenuto in ogni momento.

Fonte: New York Times

sabato 13 dicembre 2008

Obama sceglie Chu come Segretario all'Energia

Obama sarebbe in procinto di sciogliere la riserva per un altro ruolo delicato della sua futura amministrazione, quello di Segretario all'Energia, puntando su Steven Chu, attualmente direttore del Lawrence Berkeley National Laboratory ma soprattutto vincitore del Premio Nobel per la fisica nel 1997.
Chu è un insegnante di fisica molecolare e biologia cellulare, e si occuperà di portare avanti le politiche energetiche e ambientali promesse da Obama.
La lista dei papabili comprendeva tra gli altri la Governatrice del Michigan Jennipher Granholm, l'ex collaboratore di Clinton e ora dirigente di Google Dan Reicher e il direttore del settore sviluppo di Google, Sonal Shah.
Le nuove politiche ecologiche sono un punto centrale nel programma di Obama, che intende ridurre la dipendenza dal petrolio straniero potenziando le energie alternative e usando le tecnologie verdi per uscire dalla crisi economica. Anche se Obama in questi giorni sta parlando meno di ecologia, per paura che queste misure possano pesare sulla situazione economica, è fuori di dubbio che il prossimo Segretario all'Energia si dovrà fare carico delle riforme promesse.
I Democratici erano preoccupati per l'assenza di un nome forte in grado di occuparsi di questi temi, e che potrebbe diventare una sorta di "zar" del clima - un posto che sembrava destinato ad Arnold Schwarzenegger in caso di vittoria Repubblicana. Per questo, complice un incontro tra i due, si era sparsa la voce che Obama volesse coinvolgere Al Gore.
Obama ha inoltre scelto Lisa Jackson, attuale capo dello staff del Governatore del New Jersey, come capo della Environmental Protection Agency (Epa), l'agenzia federale che si occupa della protezione dell'ambiente, e Nancy Sutley come capo del Consiglio della Casa Bianca per la qualità ambientale.

venerdì 12 dicembre 2008

4 posti ancora da assegnare

Dopo aver assegnato i posti chiave della sua amministrazione, ad Obama resta da sciogliere il nodo delle nomine di livello inferiore ma importanti a livello burocratico e con notevoli poteri.
"Politico" ha stilato una lista di quattro di queste posizioni ancora aperte, che potrebbero riservare delle sorprese vista la particolare situazione di crisi economica e le priorità del programma di Obama.

1 e 2. Direttore della CIA e Direttore dell'Intelligence nazionale
La lista dei papabili per la CIA comprende tra gli altri l'ex deputato dell'Indiana Tim Roemer, già membro della commissione di inchiesta sull'11 settembre; l'attuale vice direttore della CIA Stephen Kappes; l'ex rappresentante Democratica delle commissioni sulla sicurezza, Jane Harman.
Per l'intelligence: l'ex ammiraglio Dennis Blair, lo stesso Tim Roemer e l'attuale numero 2 del DNI Don Kerr.
I due potenti posti dirigenziali per la sicurezza nazionale in cima all'intelligence americana, il direttore della CIA e il direttore dell'Intelligence Nazionale, sono ancora vacanti. Obama sembra cercare candidati che rappresentino un cambiamento rispetto all'amministrazione Bush ma che sappiano navigare nelle acque notoriamente tempestose degli affari interni. Obama sembrava puntare per la CIA su John Brennan, ex direttore dell'antiterrorismo, che però la scorsa settimana ha pensato bene di rilasciare dichiarazioni ambigue riguardo l'uso della tortura, uscendo immediatamente dalla lista di Obama.
Anche se il posto di DNI è più alto in grado, il direttore della CIA ha uno speciale status nella vita politica americana. I nuovi scelti dovranno muoversi nel mondo post-11 settembre e riuscire a difendere l'America non potendo contare più sulla copertura data da Bush alla CIA. Se Obama sarà di parola, verranno aboltie le tecniche di interrogatorio che sfociano nella tortura, e verrà chiuso Guantanamo, ma se si verificherà un nuovo attacco, i due dirigenti dell'intelligence saranno i primi ad essere chiamati in causa. Inoltre queste persone dovranno ideare nuovi modi per perseguire i terroristi, soprattutto se Obama vorrà proseguire la caccia a bin Laden.

3. Segretario al Lavoro
Tra i papabili: la Governatrice del Kansas Kathleen Sebelius, Jennipher Granholm, l'ex consigliera di Bill Clinton Maria Echaveste.
I sindacati, che venivano tenuti poco in considerazione sotto Clinton e sono stati ignorati da Bush, si sono schierati sin dall'inizio per Obama e ora si aspettano di trovare un alleato nel governo.
Non ci si deve aspettare che Obama nomini qualcuno che si opponga alle politiche economiche di Geithner e del consigliere all'economia Larry Summers, come sperano i sindacati, ma Obama potrebbe cercare di far felici le unioni incaricando il nuovo Segretario di portare avanti un piano di aumento dell'occupazione mai visto negli ultimi anni.
Inoltre il Segretario al Lavoro potrebbe avere un ruolo chiave nel piano di salvataggio delle industrie automobilistiche, e questo sembrerebbe favorire la Governatrice del Michigan Granholm. Si tratta comunque di un incarico ingrato, soprattutto visto che il movimento sindacale attualmente è diviso e sembra quasi impossibile mettere d'accordo tutti.

4. Capo dell'Ufficio Tecnologico
La lista: Vinton Cherf, scienziato tecnologico in forza a Google, Julius Genachowski, ex consulente del Federal Communications Commission e consigliere di Obama, il capo della Symantec John W. Thompson.
Al Gore venne preso in giro quando asserì di aver inventato Internet, ma Vinton Cherf è un altro che può affermarlo a testa alta.
Obama ha usato Internet e le tecnologie come nessun altro per arrivare alla Casa Bianca, perciò è normale che cerchi una persona in grado di occuparsi di tutto il settore tecnologico della nuova amministrazione e che sappia trattare con la nuova Federal Communications Commission per arrivare a nuove politiche su Internet (Obama ha detto di voler aumentare la copertura Web in Usa). Un dirigente di Google sembrerebbe l'ideale per questo lavoro, e visto che l'amministratore delegato Eric Schmidt ha già detto di non essere interessato, Cerf sembra in prima linea.

Fonte: Politico

mercoledì 10 dicembre 2008

Lo scandalo Blagojevich sfiora Obama

Nella conferenza stampa seguita all'arresto del Governatore dell'Illinois, il Procuratore Patrick Fitzgerald ha ripetutamente affermato che Obama non ha nulla a che vedere con il complesso meccanismo criminale messo in atto da Blagojevich e dai suoi accoliti, ma evidentemente il neo-presidente non può essere contento di vedere il proprio stato di elezione e persone collegate a lui finire in uno dei maggiori scandali politici degli ultimi anni. perciò Obama, dopo un incontro con Al Gore a Chicago, ha affrontato la questione con un laconico comunicato "Non ho avuto contatti con il Governatore o con il suo ufficio, perciò non ero a conoscenza di quanto stesse accadendo. Come ho già detto è un giorno triste per l'Illinois. A parte questo non credo che per me sia appropriato fare altri commenti", e successivamente ha chiesto le dimissioni del Governatore. David Axelrod ha invece dovuto smentire una sua affermazione del mese scorso, in cui lasciava intendere che Obama e Blagojevich avessero parlato a proposito del seggio al Senato lasciato vacante dal neo Presidente.
Ma la questione del seggio è solo una delle accuse contro il Governatore, la cui amministrazione è sotto indagine da anni: Blagojevich avrebbe messo in piedi un sistema di corruzione atto ad estorcere contributi per la campagna elettorale persino dai fondi di un ospedale infantile, convincere i proprietari del Chicago Tribune a licenziare editorialisti poco gradite in cambio di aiuti al giornale, e infine chiedere soldi e favori (anche al team di Obama) per la nomina del nuovo Senatore.
Indubbiamente nelle prossime settimane Obama dovrà tornare a commentare l'inchiesta, mentre il suos taff proverà a distanziarlo da un uomo che il Presidente eletto ha appoggiato nella sua elezione del 2002 e nella rielezione del 2006.
Dalle intercettazioni ambientali dell'FBI risulta che già il 5 novembre, subito dopo le elezioni, Blagojevich ha detto al suo vice di voler contattare il team di Obama per ottenere un posto da ambasciatore o come Segretario alla Salute in cambio dell'assegnazione del seggio ad un candidato gradito "Ho questa cosa che vale oro, e non la darò via per niente" risulta abbia detto nelle registrazioni.
Il 10 novembre Blagojevich ha tenuto un meeting con sua moglie, alcuni aiutanti e una manciata di consiglieri di Washington. In questa riunione Blagojevich appare frustrato per non aver fatto passi avanti nel suo piano, ma non è chiaro se sia riuscito ad entrare in contatto con il team di Obama avendo poi ricevuto un rifiuto o se abbia fallito anche nello stabilire un contatto. Fatto sta che il Governatore si lamenta perchè "I consiglieri mi ripetono che dovrei dare a questo figlio di puttana [Obama] il suo Senatore senza avere nulla in cambio".
L'11 novembre, Blagojevich dice al suo capo dello staff John Harris, anch'egli arrestato, di sapere il nome del candidato preferito da Obama per la sua successione (nome che non è presente nelle intercettazioni), ma si lamenta perchè in cambio della nomina "Non otterrò nulla a parte la gratitudine". Tuttavia non è chiaro se il Governatore parli dopo aver avuto notizie precise dal team di Obama o se si tratti di sue supposizioni.
Per nulla abbattuto, lo stesso giorno Blagojevich programma di creare un'associazione no-profit chiamata 501(c)(4) e di affidarla a qualche personaggio vicino a Obama "Warren Buffet, o uno di questi tizi che lo hanno aiutato su cose simili". In questo modo pensava che Obama e persone a lui vicine potessero "convincere Buffet e altri a mettere, 20, 12 o 15 milioni di dollari nell'organizzazione". A quel punto Blagojevich si sarebbe dimesso da Governatore ed avrebbe preso le redini dell'organizzazione.
Il 12 novembre, Blagojevich incontra un rappresentante del SEIU, il sindacato degli impiegati pubblici, e durante la conversazione spiega di capire che il rappresentate è un "emissario per discutere della candidatura al Senato" e spiega anche a lui l'idea relavita ala 501(c)(4). Il sindacalista non dà risposte precise ma sembra d'accordo.
Il 13 novembre Blagojevich tenta nuovamente di contattare il team di Obama con la storia dell'organizzazione 501(c)(4). In mancanza di un contatto diretto, il Governatore spiega ai suoi accoliti di voler tentare un approccio con un non identificato intermediario che lo potrebbe mettere in contatto con Obama, e si dice convinto che parlare della 501(c)(4) rappresenti un modo efficace per far capire che il suo reale interesse è quello di parlare del seggio al Senato. Anche questo piano però non darà i suoi frutti, e Blagojevich progetta un "piano B", che consiste nel rivolgersi direttamente ai vari candidati al seggio in Senato, chiedendo in cambio della nomina un posto per la moglie nel consiglio di amministrazione di qualche fondazione privata o corporazione "con un sostanzioso salario".
Blagojevich nel corso delle intercettazioni parla di 6 candidati al posto al Senato, chiamandoli per numero e mai per nome. Il quotidiano "The Hill", basandosi sui pochi indizi a disposizione, ha provato a dare un nome ai 6 candidati.
Il n. 1, quello gradito ad Obama, sarebbe Valerie Jarrett, che però 10 giorni dopo le elezioni è stata nominata direttrice delle Relazioni Pubbliche alla Casa Bianca.
Il n.2 potrebbe essere il Procuratore Generale dell'Illinois Lisa Madigan. Al n.3 Blagojevch fa riferimento solo una volta, in merito a un suo progetto non andato in porto: potrebbe essere il deputato Jan Schakowsky ma gli indizi sono troppo pochi. Il n.4 è probabilmente uno dei vice del Governatore, forse Louanner Peters.
Il n.5 è il candidato i cui emissari hanno offerto 1 milione di $ a Blagojevich, e sarebbe quindi l'unico veramente implicato nelle indagini. La ABC ha affermato che si tratta di Jesse Jackson Jr., anche se l'interessato ovviamente nega.
Il n.6 non ha un nome preciso, ma si tratta di un miliardario a cui il Governatore intendeva chiedere aiuto per raccogliere soldi per l'organizzaione 501(c)(4).

martedì 9 dicembre 2008

In manette il Governatore dell'Illinois

Dopo che l'Illinois ha vissuto una bella pagina di riscatto con l'elezione di Obama, torna quella che nel gergo giornalistico americano si chiama la politica "Chicago style". Rod Blagojevich, Governatore Democratico dell'Illinois, è stato arrestato dall'FBI nella giornata di martedì con l'accusa di corruzione. Tra le varie accuse per Blagojevich e il suo capo dello staff John Harris, la più grave è quella di aver cercato di "ottenere benefici finanziari dall'assegnazione del seggio del Senato lasciato libero da Obama", in pratica il Governatore avrebbe messo in vendita il seggio per il nuovo Senatore dell'Illinois.
Secondo le accuse, il Governatore avrebbe chiesto una ingente donazione da accreditare a una fondazione no-profit o a un'organizzazione affiliata ai sindacati, un posto per sua moglie nel consiglio di amministrazione di una corporation per uno stipendio non inferiore a 150.000 dollari l'anno, promesse di fondi per la campagna elettorale, un posto di rilievo nell'amministrazione o come ambasciatore.
Oltre a questa vicenda collegata al posto senatoriale di Obama, Blagojevich, Harris e altri sono accusati di aver cercato di ottenere contributi illegali e di aver fatto pressioni sull'editore del "Chicago Tribune" affinchè licenziasse alcuni editorialisti poco graditi.
Blagojevich era nel mirino delle indagini federali già da tempo, e il suo nome era stato coinvolto nel processo contro Tony Rezko, l'affarista che aveva avuto legami anche con la famiglia Obama. In diverse occasioni si è parlato di impeachment per Blagojevich, che è al suo secondo mandato come Governatore dopo aver succeduto a Rah Emanuel come Deputato dell'Illinois.
Dal team di Obama non sono arrivati commenti, così come dagli illustri candidati ad ottenere il seggio del neo-presidente, tra cui il Reverendo Jesse Jackson e la veterana della guerra in Iraq Tammy Duckworth.

Un altro ostacolo per la Clinton

La corsa di Hillary Clinton al Dipartimento di Stato continua ad essere disseminata di ostacoli. Dopo aver superati quelli relativi al conflitto di interessi di suo marito Bill - che ha dovuto rinunciare a buona parte delle sue attività per tutto il periodo in cui sua moglie sarà in carica - ora spunta un nuovo problema che potrebbe pregiudicare la conferma della Senatrice. A parlarne è il New York Times, che sta dimostrando una particolare acrimonia verso la candidata che aveva appoggiato nelle primarie. Dopo aver messo in evidenza che il suo curriculum è decisamente inferiore a quello dei suoi predecessori, e che "non parla nessuna lingua straniera non ha mai negoziato un accordo tra due parti in guerra.[...] Insomma, è difficile credere che "la signora Clinton abbia ricevuto per osmosi esperienze di politica estera di prima mano nei suoi 8 anni alla Casa Bianca"." (e pensare che era stato proprio il NYT ad evidenziare l'esperienza della Clinton come motivo per l'endorsement a febbraio), il quotidiano riporta che i Repubblicani sono pronti a chiedere l'annullamento della nomina di Hillary in quanto a gennaio la Senatrice ha votato a favore di un decreto di Bush che aumentava lo stipendio del Segretario di Stato. Ebbene, l'articolo I della Costituzione vieta la nomina al governo di quei membri del Congresso che abbiano votato un aumento di stipendio per la posizione che andranno ad occupare.
C'è tuttavia una scappatoia già usata in diverse occasioni, ad esempio da Bill Clinton per poter nominare Lloyd Bentsen al Tesoro: votare una legge ad personam che abbassi la retribuzione di Hillary mentre è al Dipartimento di Stato.
Il principio è noto come il metodo "Saxbe" dopo che Richard Nixon lo usò per affidare la Giustizia al senatore William Saxbe, ma il primo ad usarlo è stato il Presidente Taft nel 1909 proprio per la nomina del Segretario di Stato.

Intanto è partita anche la corsa a sostituire Hillary nel posto che lascerà al Senato. La legge prevede infatti che non ci sia un'elezione suppletiva per sostituirla, ma che sia il Governatore di New York (lo stato di elezione della Clinton) a nominare un sostituto fino alle prossime elezioni di medio termine. Il Governatore David Paterson sembrava intenzionato a proporre il posto a Bill Clinton, che ha già fatto sapere di non essere interessato. Paterson potrebbe quindi decidere di occupare lui stesso il posto, liberando così quello di Governatore, che ha occupato in sostituzione di Spitzer, dimissionario lo scorso marzo per uno scandalo sessuale (Paterson è un non vedente, ed era il vice di Spitzer). La scelta potrebbe non piacere ai Democratici, che in un primo momento vedevano di buon occhio le dimissioni di Paterson ma che ora temono la candidatura di Rudolph Giuliani. Si è quindi fatta avanti Caroline Kennedy, che ha espresso a Paterson il proprio interessamento al seggio, diventando inevitabilmente la favorita.

lunedì 8 dicembre 2008

Sono stati fatti degli sbagli /4

I (non) più grandi fan della Palin



Due accesi sostenitori di John McCain si sono resi responsabili di quelli che sono stati ribattezzati "un-endorsement" nei confronti della candidata alla vice presidenza Sarah Palin, salvo poi cercare di correggersi.

"Grazie a Dio, lei non dovrà fare la Presidente dal primo giorno. McCain starà bene a lungo. Ho parlato con i suoi medici, e mi hanno detto che, basandosi sul suo stato di salute attuale, McCain vivrà più di 85 anni", Joe Lieberman.

"Io non credo che la Palin sia pronta a prendere le redini della presidenza. Però posso citare un gran numero di vicepresidenti che non erano pronti, quindi è possibile che lei diventi adeguata, anche se non proprio un genio", Lawrence Eagleburger, ex Segretario di Stato.

sabato 6 dicembre 2008

La squadra di Obama è quasi al completo

Con la prevedibile nomina di Bill Richardson al Dipartimento del Commercio (il minimo per un politico che ha sfidato le ire della Clinton appoggiando Obama nelle primarie e che dalla ex First Lady si è visto soffiare il posto di Segretario di Stato), il Gabinetto di Obama è praticamente formato, mancano all'appello solo i nomi del prossimo Segretario all'Energia e del Segretario all'Educazione. In particolar modo su quest'ultima posizione sono partite le speculazioni, per la curiosità di scoprire se Obama sceglierà un riformatore o un sostenitore dello status quo (le posizioni sono molto diverse anche all'interno dello stesso partito).
Nonostante la crisi economica e le Borse sempre in negativo, l'atmosfera attorno alla transizione sembra molto serena, tanto che in conferenza stampa Obama ha anche trovato modo di scherzare sul nuovo look di Richardson, che si è tagliato la folta barba che si era fatto crescere dopo essersi ritirato dalle primarie "Siamo profondamente delusi dalla sua decisione di radersi" ha scherzato il Presidente eletto.
Qualche polemica è invece nata da una dichiarazione sfuggita al Governatore della Pennsylvania Ed Rendell, che non accorgendosi di un microfono acceso ha commentato la nomina di Janet Napolitano al Dipartimento di Sicurezza Interna dicendo che è perfetta, perchè "non ha una vita".

Anche i sondaggi mostrano un generale consenso verso le prime mosse di Obama. Il 75% degli intervistati in un recente sondaggio della CNN approva la squadra scelta di Obama. Otto anni fa l'approvazione per il Gabinetto di Bush era al 61%. In particolare il 71% approva la nomina di Hillary Clinton al Dipartimento di Stato: è soprattutto tra i Democratici che la scelta è apprezzata, mentre tra gli indipendenti l'approvazione è di due terzi, tra i Repubblicani del 50%.
Gli americani sono anche fiduciosi sulla capacità di Obama di contenere l'eventuale intromissione dei Clinton nel suo governo: il 57% dice che la Clinton seguirà le disposizioni di Obama anche quando non sarà d'accordo, e il 54% afferma che Bill Clinton non si occuperà di politica estera. In ogni caso gli indici di gradimento di entrambi i Clinton sono notevolmente saliti nelle ultime settimane. Molto apprezzata anche la scelta di Obama di confermare Robert Gates come Segretario alla Difesa: l'83% approva questa scelta.
L'88% afferma che un governo comprendente alcuni ex rivali sarà in grado di lavorare bene, e anche il 52% dei Repubblicani è d'accordo.
Il 55% è a favore di un ritiro delle truppe dall'Iraq, mentre il 52% vede favorevolmente una continuazione dell'impegno militare in Afghanistan.

venerdì 5 dicembre 2008

Vademecum: il Segretario di Stato

Il Segretario di Stato è il capo del Dipartimento di Stato Usa incaricato degli affari esteri. E' il membro di più alto livello del Gabinetto del Presidente, e il primo Segretario nella linea di successione presidenziale (in assoluto è al quarto posto della linea di successione, dopo il Vice Presidente, lo Speaker della Camera e il Presidente pro tempore del Senato).
Nel 1780 George Washington creò il Dipartimento degli Affari Esteri, che successivamente il Senato incaricò anche di alcune responsabilità di politica interna cambiando il nome in Dipartimento di Stato. Tra questi incarichi addizionali ci sono la pubblicazione e la tutela delle leggi degli Usa, la custodia del Gran Sigillo usato per autenticare gli atti del governo federale, la preparazione degli incarichi del ramo esecutivo e la custodia di atti e libri ufficiali del Congresso, tra cui la Costituzione.
Tra gli incarichi non interni del Segretario di Stato - molti dei quali nel corso dei secoli sono stati trasferiti ad altre agenzie- c'è quello di negoziare con gli altri paesi e gestire le ambasciate e i consolati statunitensi nel mondo secondo le disposizioni del Presidente. Il Segretario di Stato è anche il principale consigliere del Presidente in politica estera e, negli ultimi decenni, è diventato il responsabile del coordinamento e della direzione di tutte le attività statunitensi all'estero, fatta eccezione per alcune operazioni militari.
Nei primi anni dopo l'Indipendenza, il posto di Segretario di Stato era considerato un passo intermedio verso la Presidenza, e infatti l'incarico fu ricoperto da Thomas Jefferson, James Madison, James Monroe, John Quincy Adams, Martin Van Buren e James Buchanan, che divennero Presidenti negli anni successivi a quelli in cui avevano occupato il Dipartimento di Stato. Questa tradizione si è poi interrotta e infatti Madison, Presidente tra il 1857 e il 1861, è stato l'ultimo politico americano ad aver ricoperto entrambi gli incarichi.
Il Segretario di Stato viene nominato dal Presidente ma deve essere sottoposto a un voto confermativo da parte del Senato. Quando il posto è vacante, le funzioni vengono esercitate da un altro membro del Gabinetto fin quando il Presidente non effettua la nuova nomina e il Senato la conferma.
La lgge federale prevede che le dimissioni del Presidente debbano essere accompagnate dauna comunicazione scritta al Segretario di Stato. Questo è avvenuto una sola volta, quando Nixon si dimise con una lettera a Henry Kissinger.

giovedì 4 dicembre 2008

I piccoli donatori di Obama? Una leggenda

di Andrew Malcolm (Los Angeles Times)

Tutti sanno come la formidabile macchina organizzativa della campagna elettorale di Barack Obama sia stata dominata da molti milioni di piccoli donatori che hanno inviato piccole somme, al di sotto dei 200 dollari, come segno di supporto.
Solo che tutto questo, si è scoperto, non è del tutto vero.

In effetti la base di piccoli donatori di Obama è praticamente uguale in percentuale a quella di George W. Bush nel 2004 - Obama ha il 26% e il grande Satana Repubblicano il 25%. Ovviamente questo è inaccettabile per il pensiero dominante.
Ma l'istituto indipendente Campaign Finance ha proposto uno studio dettagliato sulla base di donatori di Obama, con risultati sorprendenti:
"La leggenda vuole che i soldi dei piccoli donatori abbiano dominato le finanze di Barack Obama" spiega il direttore di CFI Michael Malbin, ammettendo che anche la sua organizzazione è caduta nell'errore "La realtà della raccolta fondi di Obama è ugualmente impressionante, ma è diversa dalla leggenda".
Sommando tutti i contributi dei piccoli donatori (in termini di cifre, non di quote) l'istituto ha scoperto che invece del 50% comunemente riportato nel corso della campagna, solo il 26% dei contributi di Obama fino alla fine di agosto e solo il 24% fino al 15 ottobre proveniva da persone le cui donazioni totali ammontavano a meno di 200 dollari.
La parola chiave è "totali". E dipende da qual è la giusta definizione di "piccolo donatore": qualcuno che ha donato un massimo di 199 $ in totale. O qualcuno che ha donato 199$ in diverse occasioni, arrivando quasi al totale di 4.600$ che è il tetto consentito dalla legge.
Stabilendo che chi ha donato in totale più di 1.000 dollari è un grande donatore, ne risulta che Obama ha ricevuto da questi donatori l'80% di soldi in più di quanto non abbia ricevuto dai piccoli donatori.
Attraverso i canali del partito, Obama ha ricevuto 119 milioni di dollari da veri piccoli donatori. Una cifra impressionante , ma non quanto i 210 milioni di dollari raccolti da finanziatori eccellenti (i cosiddetti "bundlers") e grandi donatori.
"Dopo un'approfondita analisi dei dati della Federal Election Commission" riporta lo studio del CFI "risulta chiaro che i grandi donatori e le donazioni ripetute sono state per le finanze di Obama molto più importanti di quanto noi o qualsiasi altro analista abbia capito in un primo momento".

Copyright Los Angeles Times

mercoledì 3 dicembre 2008

Che fine ha fatto Joe Biden?

Dopo quasi un mese di transizione, dell Vice presidente eletto si parla meno che del cucciolo che gli Obama porteranno alla Casa Bianca.
Joe Biden non ha parlato in pubblico dal giorno dell'elezione, e si è visto al fianco di Obama solo quando il Presidente eletto ha tenuto delle conferenze stampa per aggiornare sull'economia e sulle nomine del suo governo.
Salta all'occhio come Obama in questo periodo stia continuando ad appoggiarsi alla sua cerchia di fedelissimi, a partire da Rahm Emanuel e David Axelrod, che partecipano regolarmente ai talk show della domenica, in cui Biden era di casa fino a poco tempo fa.
"Penso che il Presidente eletto debba ancora conoscere bene il suo vice e capirne i punti di forza. Quando succederà, farà riferimento su di lui sempre più frequentemente" assicura il Governatore della Pennsylvania Ed Rendell, amico di Biden da 30 anni "Per il momento è come se fossimo ancora in campagna elettorale, ed è facile fare affidamento su chi è con te dall'inizio".
Nonostante i continui attestati di stima verso Biden, Obama ha sempre tenuto sotto stretta sorveglianza la campagna del suo vice, pur non riuscendo ad evitare alcune delle sue famose gaffe.
E da quando è iniziata a diffondersi la voce della nomina di Hillary Clinton a Segretario di Stato, la domanda circola insistentemente: che cosa farà Joe Biden? La politica estera doveva essere il suo territorio.
L'editorialista del Washington Post David Ignatius ha scritto "Dov'è Biden in questi giorni? Lo tengono in una scatola? Non può essere felice all'idea che Hillary Clinton diventi la zarina della politica estera. L'esperienza di Biden in politica estera non è stata forse il motivo per cui è stato scelto?".
Le persone vicine a Biden dicono che il suo ruolo sarà quello di consigliere, e quindi lontano dai riflettori, ma il Vice presidente ha comunque partecipato a tutte le riunioni chiave del team di transizione e si sente giornalmente con Obama.
Ma alla stampa questo non basta, e c'è chi ha avanzato il dubbio che la festa a sorpresa organizzata da Obama per il 66° compleanno di Biden sia stata una messa in scena organizzata per rassicurare l'opinione pubblica sul feeling che c'è tra i due.

Per quanto riguarda il suo ruolo nell'amministrazione - visto che il Vice presidente per la Costituzione non ne ha uno proprio ma è il Presidente ad affidargli incarichi specifici - Biden potrebbe diventare il collegamento tra la Casa Bianca e il Congresso per decidere l'agenda legislativa. Obama potrebbe anche usarlo per coordinare la politica estera con la sicurezza interna, e potrebbe essere coinvolto anche sui temi legali, avendo presieduto la Commissione Giustizia del Senato.
Quel che è certo è che il ruolo del Vice presidente nella nuova amministrazione subirà un ridimensionamento rispetto agli ultimi otto anni, quando Dick Cheney ha allargato il proprio ruolo a dismisura ed è stato definito il Vice presidente più potente della storia americana.
E lo stesso Biden ha definito Cheney "il più pericoloso Vice presidente che abbiamo mai avuto", e in un'altra cocasione ha citato l'articolo I della Costituzione ricordando che il Vice presidente non ha autorità legislativa se non quella di votare al Senato in caso di parità: questo potrebbe essere un indizio sul tipo di ruolo che il Democratico rivestirà: "Il ruolo primario del Vice presidente è quello di supportare il Presidente, dargli i suoi consigli quando richiesti, e presiedere il Senato solo quando c'è un voto in parità" ha detto Biden "La Costituzione è chiara".

Fonte: Politico

martedì 2 dicembre 2008

Obama presenta la sua squadra

Dopo aver presentato la scorsa settimana il team che si occuperà di economia, capeggiato dal nuovo Segretario al Tesoro Geithner, ieri Barack Obama ha presentato il team che si occuperà di politica estera e sicurezza nazionale.
L'annuncio più atteso, ma non a sorpresa, è quello riguardante Hillary Clinton, che sarà il 67° Segretario di Stato degli Usa.
La nomina della Clinton, seguita a una lunga fase di scrutinio dei possibli conflitti di interessi del marito Bill, è stata accolta in maniera non entusiasta dal Repubblicano Richard Lugar, membro di spicco della Commissione Esteri del Senato ed egli stesso in lizza per il posto al Dipartimento di Stato. "Voterei a favore di Hillary Clinton in base a quanto sappiamo oggi" ha spiegato in un'intervista "ma sospetto, e non sono il solo a farlo, che verranno sollevate delle questioni, legittime questioni" aggiunge, riferendosi al voto confermativo a cui la Clinton dovrà sottoporsi da parte del Senato, e che riguarderà principalmente gli affari di Bill Clinton. L'ex Presidente ha accettato di rendere pubblici i nomi degli oltre 200.000 donatori della sua fondazione, ha rifiutato donazioni da parte di governi esteri alla Clinton Global Initiative, smetterà di tenere raccolte fondi all'estero e sottoporrà all'approvazione della Casa Bianca tutti i suoi ingaggi per conferenze e per altre prestazioni professionali.
"E' un grande passo" ammette Lugar "ma le attività del Presidente Clinton sono molto estese e proseguiranno. Visti tutti gli alti standard etici, è probabile che nascano problemi da parte di chi ha interessi così ampi" ma conclude "tuttavia penso che il team di Obama abbia fatto un buon lavoro nel risolvere i problemi principali".
Nella conferenza stampa di presentazione, Obama ha ammesso di essersi affidato al pragmatismo nello scegliere il team, per "un ruolo dell'America come leader nel mondo" nella lotta contro il terrorismo, ma sempre al fianco della comunità internazionale.
La Clinton ha esordito dicendo "L'America non può risolvere le crisi senza il mondo, e il mondo non può risolverle senza l'America".

Per quanto riguarda le altre nomine, quasi tutto come previsto: Obama ha chiesto all'attuale Segretario alla Difesa Robert Gates di rimanere al proprio posto, mentre Eric Holder sarà il nuovo Procuratore Generale e Janet Napolitano si occuperà del Dipartimento di Sicurezza Nazionale. Susan Rice, inizialmente indicata come Consigliere alla sicurezza nazionale, sarà invece il nuovo Ambasciatore all'ONU, mentre il posto di Consigliere va all'ex Generale James Jones, presidente del Consiglio Atlantico degli Usa, e capo del Comando Alleato della Nato in Europa dal 2003 al 2006.

lunedì 1 dicembre 2008

Mrs. Secretary of State



Hillary Clinton è ufficialmente il Segretario di Stato in pectore

What if: la campagna che poteva essere

Di Michael Scherer (TIME)

Cosa sarebbe successo se la campagna di McCain avesse prodotto spot usando le immagini di Barack Obama che balla con Ellen DeGeneres per dimostrare la sua vicinanza alle celebrità? O avesse proseguito sulla linea dello spot con Paris Hilton con altri come Donald Trump e Jessica Simpson? Tutto questo era nell'agenda di Fred Davis III, il guru della comunicazione di McCain e uno dei più abili comunicatori conservatori d'America. E sì, aveva in programma anche uno spot su Internet che avrebbe attaccato Obama associandolo a Oprah Winfrey. Ma alla fine ci ha rinunciato "Abbiamo deciso che non puoi lottare contro Babbo Natale o contro Oprah" ha spiegato.
In un'intervista con TIME, Davis ha spiegato nei dettagli cosa sarebbe potuto accadere nella guerra degli spot, e quanta auto-censura si è imposto lo staff di McCain sulla questione della razza. Per quasi tutta la campagna, Davis è stato il socio silenzioso di McCain. Mentre i giornalisti davano la caccia ai consiglieri principali di McCain, come Steve Schmidt, Mark Salter e Rick Davis (nessuna parentela), Fred Davis lavorava nell'ombra. Ha ideato e spesso scritto gli slogan degli spot di McCain - lo spot in cui si dipingeva Obama come un messia, quello in cui si suggeriva che volesse insegnare educazione sessuale all'asilo, e i molti altri in cui si metteva in discussione la preparazione di Obama.
"Il mio spot preferito è quello più semplice" ha detto Davis "Comincia con qualcosa del tipo 'Molto tempo prima che il mondo conoscesse John McCain o Barack Obama, uno di loro passava cinque anni all'inferno per aver rifiutato un rilascio anticipato per onorare gli altri prigionieri, mentre l'altro non sarebbe uscito da una chiesa in cui per vent'anni un uomo spargeva odio verso l'America'. E la chiusura era 'Il carattere è importante, specialmente quando non c'è nessuno ad assistere'".
Lo spot però non è mai andato in onda perchè McCain scelse di evitare l'argomento del predicatore Jeremiah Wright.

Davis appare malinconico per quell'opportunità persa, e per le altre "Ho fatto una lista, che nessuno vedrà mai, delle ragioni per cui ho avuto le mani legate in questa campagna. E non ho mai fatto una lista così lunga". Una delle difficoltà maggiori è stata quella di fare attacchi negativi contro un candidato come Obama senza scontrarsi con dei tabù.
Davis ha rivelato, ad esempio, che erano stati preparati molti spot negativi in cui si attaccava Obama riguardo la lotta al crimine, ma nessuno di questi è mai andato in onda "Il reverendo Wright? Non puoi farlo, direbbero che siamo razzisti. William Ayers? Non puoi farlo, direbbero che siamo razzisti." racconta Davis.
Davis racconta anche che c'era talmente tanta paura di sembrare razzisti, che le fotografie di Obama da usare per gli spot negativi venivano scelte sempre tra quelle in cui il Democratico era venuto meglio, sorriso e disteso.
"Quante volte negli spot di Obama hanno usato una foto di McCain venuta in modo decente?"
Tuttavia la campagna di McCain è stata ugualmente accusata di razzismo, ma ovviamente Davis ha la sua idea "Non ho mai visto nessuno usare la questione razziale come la campagna di Obama".

Dopo le elezioni, Davis ha partecipato ad un incontro che vedeva protagonisti anche personagg di Hollywood. Quando è stato presentato come l'ideatore dello spot "Celebrity" l'accoglienza è diventata molto fredda. Mentre lasciava la conferenza, l'attore Jason Alexander gli è corso dietro per discutere con lui "Sostanzialmente voleva sapere come facessi a dormire la notte".
Ma nonostante tutto, Davis non ha sentimenti negativi verso Obama "La campagna di McCain stava andando bene fino alla crisi finanziaria, ma opi basta guardare a quello che successo e ti rendi conto che era destino che vincesse Obama. E' un candidato estremamente dotato, e io spero, e spero di avere ragione, che sia anche un presidente dotato. E spero che sarà inclusivo con i Repubblicani. Se lo farà, potrebbe essere uno dei più grandi presidenti della storia".
Queste parole possono suonare strane da parte dell'uomo che voleva distruggere mediaticamente Obama, ma Davis non è il tipo da covare sentimenti di odio personale verso gli avversari politici. Anche perchè deve ancora vivere in mezzo a loro.

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sabato 29 novembre 2008

La risposta di Obama agli attacchi in India

La portavoce del team di Obama per la sicurezza nazionale, Brooke Anderson, ha diramato nella giornata di giovedì questo commento sugli attacchi terroristici a Mumbai, in India.

"Il Presidente eletto Obama condanna fortemente gli attacchi terroristici a Mumbai, e i suoi pensieri e le sue preghiere vanno alle vittime, ai loro parenti e al popolo indiano. Questi attacchi coordinati cotnro civili innocenti dimostrano quanto è grave e pressante la minaccia del terrorismo. Gli Stati Uniti devono continuare a rafforzare l'alleanza con l'India e tutte le nazioni che intendono stradicare e distruggere la rete terroristica. Siamo al fianco del popolo indiano, la cui democrazia si dimostrerà molto più forte dell'ideologia dell'odio che ha portato a questi attacchi".

La situazione in India, al di là del tragico bilancio in termini di vite umane, complica anche la situazione diplomatica nella zona. Alcune fotni indiane si dicono certe del coinvolgimento di "elementi Pakistani" negli attacchi a Mumbai. Lo stesso ministro degli Esteri indiano, Pranab Mukherjee, ha affermato "Le investigazioni preliminari indicano che alcuni elementi del Pakistan sono coinvolti" e il Primo Ministro Manmohan Singh ha indicato che gli attentatori provengono da Karachi, la più grande città del Pakistan.
Il Pakistan ovviamente nega ogni addebito, così come la polizia di Karachi, ma un riaccendersi della tensione fra due potenze nucleari - entrambe alleate degli Usa nella lotta al terrorismo - rappresenta un fattore di novità non positivo nella situazione geopolitica della zona.

venerdì 28 novembre 2008

L'autore dei discorsi di Obama va alla Casa Bianca


Nel recente pacchetto di nomine fatte da Barack Obama per la sua amministrazione e il suo staff, figura anche il nome di Jon Favreau, nome che è ancora sconosciuto ai più, come d'altronde si conviene a tutte le penne alle spalle dei capi di stato.
Jon Favreau è il più fidato degli autori dei discorsi di Obama, e nell'ala ovest della Casa Bianca ricoprirà il ruolo di supervisore dei discorsi presidenziali.
Favreau ha solo 27 anni, ed è uscito dal college Holy Cross di Worchester, Massachusetts, nel 2003. Poche settimane dopo, è entrato nello staff di John Kerry per la campagna elettorale del 2004. Qui Favreau ha incontrato Robert Gibbs, attualmente designato Portavoce della Casa Bianca, e che all'epoca era il portavoce di Kerry. Una volta entrato nello staff di Obama, Gibbs ha raccomandato al senatore dell'Illinois questo giovane dalla penna d'oro. Nel 2005 Favreau è stato assunto nell'ufficio di Obama al Senato, e nel 2007 è diventato capo degli autori dei discorsi nella campagna elettorale.
In realtà il primo incontro tra i due risale alla convention Democratica del 2004. La leggenda dice che Obama era nel backstage e stava provando il famoso "keynote speech" che lo avrebbe lanciato alla ribalta politica. Favreu, all'epoca 23enne, gli si avvicinò consigliandogli di riscrivere un passaggio per evitare una ripetizione. "Mi guardò, un po' confuso, poi disse 'chi è questo ragazzino?'" ricorda oggi Favreau.
Per la sua giovane età e le sue capacità, Favreau è diventato molto noto negli ambienti politici a partire dai caucus dell'Iowa, quando il New York Times gli dedicò un articolo dopo che Hillary Clinton - riferendosi all'oratoria di Obama - aveva detto "Si fa campagna elettorale con la poesia, ma si governa con la prosa".
Favreau, che durante la campagna elettorale ha guidato un team formato dal 26enne Adam Frankel, formatosi alla scuola di Theodore Sorensen (l'autore dei discorsi di John Kennedy), e dal 30enne Ben Rhodes, è solito minimizzare il proprio apporto all'arte oratoria di Obama definendosi "L'allenatore alla battuta di Ted Williams" (uno dei più noti battitori della storia del baseball americano).

giovedì 27 novembre 2008

La scure del team di Obama sui possibili ministri

La lunga marcia di Obama verso la presidenza degli Stati Uniti è stata caratterizzata da una insolita assenza di gaffe ed errori imbarazzati da parte dello staff del candidato. Questo è accaduto perchè Obama, non a caso soprannominato "No drama Obama", si è sempre contraddistinto per una grandissima prudenza nella scelta delle strategie delle persone.
La stessa meticolosità è presente anche nella selezione della squadra di governo, ma a detta di alcuni osservatori questo potrebbe pregiudicare la presenza di moltissime personalità qualificate ma che non soddisferebbero i criteri della più rigida selezione della storia presidenziale.
Oltre ai dossier dell'FBI, il team di Obama ha sottoposto a tutti i possibili candidati un questionario di sette pagine in cui si chiedono informazioni su praticamente ogni aspetto della vita privata. Oltre alle normali domande sulla fedina penale, ai candidati viene chiesto di diari personali, interventi su Internet e investimenti finanziari di tutta la famiglia.
L'analista politico della CNN ed ex consigliere di Nixon, Ford, Reagan e Clinton, David Gergen ha accusato il questionario di essere troppo invasivo, ed esprime dubbi sulla possibilità di riuscire ad esaminare in così breve tempo la mole di documenti richiesta ai candidati.
La vittima più illustre della scure del team di Obama è, a quanto pare, l'imprenditrice di Chicago Penny Pretzker (nella foto), amica e finanziatrice del presidente eletto e possibile scelta per il Dipartimento del Commercio.
La Pritzker ha rinunciato all'offerta, annunciando pubblicamente che non avrebbe fornito nessuno dei documenti richiesti in quanto "ho diversi obblighi a Chicago che mi impedirebbero di svolgere questo compito". In molti rintengono che il vero motivo sia la indisponibilità della Pretzker a rivelare i complessi legami finanziari suoi e della sua famiglia, una delle più importanti di Chicago.
Secondo molti esperti, la severità della selezione potrebbe tagliare fuori dai posti chiave dell'economia molte persone qualificate che provengono però dal settore privato ed hanno quindi più legami finanziari rispetto a chi ha passato una vita nel settore pubblico.
Ma per quanto la selezione possa essere dura, gli assistenti di Obama preferiscono perdere qualche persona qualificata piuttosto che andare incontro a qualche incidente o scandalo nei primi mesi di governo, che potrebbe mettere in dubbio le capacità di leadership del Presidente.
Sembrano quindi aver fatto tesoro di quanto accadde nel 1992 a Clinton, che appena eletto nominò due Procuratori generali - Zoe Baird e Kimba Wood - che dovettero farsi da parte quando si scoprì che avevano assunto immigrati irregolari. L'imbarazzante incidente capitò nel momento peggiore per il nuovo Presidente, che fu accusato di non aver saputo gestire il processo di transizione.
Anche George W. Bush ha subito un incidente simile quando assunse l'ex capo della Polizia di New York Bernard Kerik come Segretario alla Sicurezza Nazionale. Kerik era stato fortemente raccomandato da Rudy Giuliani e apparentemente l'amministrazione Bush non fece indagini su di lui. Kerik dovette dimettersi poco dopo la nomina: anche per lui si parlò di possibile impiego di immigrati irregolari, ma anche di alcuni investimenti finanziari e di una relazione con l'editrice Judith Reagan.
La severità dei criteri di Obama è stata invece lodata da Stephen Hess, assistente di Eisenhower e Nixon e autore del libro "Cosa facciamo adesso? Una guida per il presidente eletto". Hess ha detto "La transizione di Clinton è stata la peggiore della storia, non mi sorprende che Obama abbia assunto proprio alcuni degli assistenti di Clinton. Può stare sicuro che eviteranno di fare gli stessi errori".

Fonte: CNN

mercoledì 26 novembre 2008

Geithner: noto a Wall Street, meno ai Democratici

di Jon Hilsenrath e Deborah Solomon (Wall Street Journal)

Da giovane assistente al Tesoro alla fine degli anni '90, Timothy Geithner una volta disse che la cosa di cui andava più fiero era l'essere riuscito a raccogliere più di 100 miliardi di dollari per combattere l'instabilità finanziaria in Asia e America Latina.
"Il mondo si è dimostrato molto più solido rispetto agli anni precedenti nell'affrontare le crisi, grazie alla forza delle risposte politiche" disse l'allora 37enne funzionario.
Ora che si appresta a guidare il Dipartimento del Tesoro, Geithner deve affrontare un sistema mondiale ben lontano dall'essere solido, apparentemente immune alle azioni della politica, e in cui 100 miliardi di dollari possono andare bene solo come anticipo per risolvere i problemi.

In un momento di crisi paragonabile solo alla Grande Depressione, il presidente eletto Obama ha deciso di affidarsi a uno dei manager più esperti nella gestione delle crisi, un uomo conosciuto e apprezzato tra i leader di Wall Street ma quasi sconosciuto tra molti politici Democratici.
"E' una grande scelta" afferma John Tain, amministratore di Merril Lynch, che era considerato uno dei candidati al Tesoro da John McCain "Tim conosce i mercati e la politica meglio di chiunque altro".
Ma Andy Stern, presidente del sindacato Service Employees International Union, ha detto "Ho sempre un certo timore verso chi ha passato la sua vita alla Federal Reserve. Non lo conosco bene".
Stern in realtà esagera, Geithner ha passato alla Federal Reserve solo cinque anni, e a differenza di molti suoi predecessori ha poca esperienza in politica e nel settore privato.
Un uomo intenso, atletico, con la faccia da ragazzo e un acuto senso dell'umorismo, Geithner ha affrontato le principali crisi economiche degli ultimi 15 anni, prima al Tesoro e poi alla Fed.
Geithner, il cui padre lavorava per il governo e la fondazione Ford, è cresciuto in Usa, Asia e Africa. Dopo la laurea, è stato assunto nello studio di Henry Kissinger, e nel 1988 è entrato al Tesoro. E' diventato assistente e allievo del Segretario al Tesoro Lawrence Summers durante l'amministrazione Clinton, e ha giocato un ruolo chiave nel salvataggio dell'economia di Messico, Corea del Sud e Indonesia, e nella decisione di azzerare il deficit della Russia nel 1998.
Quando nel 1997 il sistema finanziario internazionale iniziava a tremare - in un clima di paura globale simile a quello odierno, ma meno intenso, Geithner e Summers misero in piedi un piano per aiutare la Corea del Sud. L'allora Segretario al Tesoro, Robert Rubin, era riluttante ad intervenire, ma Geithner e Summers lo convinsero che quello era l'unico modo per stabilizzare il paese. Alla fine Rubin accettò, e fu stabilito in un certo senso un precedente - per quanto su scala minore - per un aggressivo intervento governativo nel sistema economico.
Mentre le posizioni di Geithner su Wall Street sono ben documentate, quelle su altri temi - tasse, e commercio - sono più incerte. In generale viene visto come un uomo pragmatico, fatto sullo stampo dei suoi due mentori Summers e Rubin.

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martedì 25 novembre 2008

I conservatori: "McCain ha tradito gli ideali Repubblicani"

Il Senatore della South Carolina Jim DeMint è stato il primo Repubblicano di alto profilo a criticare pubblicamente John McCain dopo la sconfitta elettorale, accusandolo di aver tradito i principi conservatori.
Il Senatore, parlando ad un convegno sul futuro del partito Repubblicano, ha spiegato in che modo, a suo avviso, il Gop abbia deviato dal suo "marchio di fabbrica", rappresentato dalla libertà, dai valori religiosi e da un governo "leggero".
"Dobbiamo essere onesti, le colpe sono di molte persone, e dobbiamo citare George W. Bush, dobbiamo citare Ted Stevens [il potente Senatore dell'Alaska accusato di corruzione durante la campagna elettorale], ma temo che dobbiamo citare anche John McCain."
De Mint ha elencato una serie di recriminazioni sul comportamento del candidato Repubblicano
"McCain ha proposto una riforma del finanziamento elettorale che ha indebolito le organizzazioni del partito e di fatto ha ceduto il comando a George Soros. La sua proposta di sanatoria per gli immigrati clandestini, il suo sostegno alla lotta al riscaldamento globale che aggraverebbe il nostro bilancio. E infine il sostegno al piano di salvataggio proprio prima delle elezioni è stato il chiodo sulla bara. E si è opposto alle trivellazioni nelle riserve naturali artiche, in un momento in cui l'energia è così importante. Non era il candidato giusto, ma era l'unico a disposizione".
DeMint, contraddicendo tutte le analisi politiche degli ultimi mesi, ha spiegato che se l'amministrazione Bush non avesse aumentato il peso degli interventi governativi in economia, gli elettori Repubblicani non avrebbero abbandonato il partito
"Gli americani preferiscono un governo conservatore tradizionale, e hanno capito che questa volta i Repubblicani non glielo avrebbero dato".

La difesa - non molto convinta, per la verità - è arrivata da parte del Senatore Shelby dell'Alabama, che ha detto "Penso che il mio amico Jim DeMint non debba lavare i panni sporchi in pubblico". Intanto, McCain conquista ufficialmente il Missouri al termine del riconteggio.

lunedì 24 novembre 2008

Hillary Clinton Segretario di Stato, Tim Geithner al Tesoro

Manca solo l'ufficialità, che dovrebbe arrivare poco prima o poco dopo il Giorno del Ringraziamento (giovedì prossimo), ma le tessere più importanti del mosaico dell'amministrazione Obama sono andate al loro posto.
Hillary Clinton succederà a Condoleeza Rice al Dipartimento di Stato, che così diventa sempre più rosa: dopo essere stato in mano ad uomini per i primi 210 anni della sua storia, nell'ultimo decennio tre volte su quattro la carica è andata ad una donna.
Si è quindi sciolta la riserva, e anche se non ci sarà nessuna comunicazione in merito è evidente che l'indagine del team di Obama sugli affari di Bill Clinton ha dato esito soddisfacente.
Bill Richardson, che per un breve periodo era stato il favorito alla carica di Segretario di Stato, potrebbe essere dirottato al Dipartimento del Commercio.
E' praticamente assegnata anche l'altro posto chiave della nuova amministrazione, quello di Segretario al Tesoro. Obama ha scelto Timothy Geithner. 47 anni, presidente della Federal Reserve Bank di New York, sottosegretario nell'amministrazione Clinton, Geithner è al tempo stesso un nome nuovo e una persona di esperienza. La scelta è stata accolta bene dai mercati, a giudicare dalla chiusura positiva di Wall Street nel giorno dell'annuncio. Il team economico sarà completato da Lawrence Summers, già Segretario al Tesoro di Clinton, come consigliere della Casa Bianca.
Per quanto riguarda gli Interni, Obama avrebbe scelto l'ispano-americano Raúl M. Grijalva dell'Arizona, che nella sua carriera di deputato ha sostenuto la legalizzazione degli immigrati clandestini ed è favorevole ad una legislazione più restrittiva sul possesso di armi da fuoco.
E' formato anche lo staff della comunicazione della Casa Bianca. Come ampiamente previsto, il nuovo Segretario alla stampa (il portavoce della Casa Bianca) è Robert Gibbs, direttore della comunicazione per Obama durante tutta la carriera politica di Obama. Il direttore della comunicazione della Casa Bianca sarà Ellen Moran, che ttualmente dirige l'organizzazione 'Emily's List', che si occupa di appoggiare politiche dei Democratici a favore della scelta delle donne sull'aborto. Dan Pfeiffer, portavoce di Obama in campagna elettorale, sarà vicedirettore della comunicazione.

domenica 23 novembre 2008

Sono stati fatti degli sbagli /3

La dottrina Palin



"E' d'accordo con la dottrina Bush?"
"In che senso, Charlie?"
"Come la definirebbe?"
"La sua visione del mondo"

E' la prima importante intervista televisiva si Sarah Palin, e l'anchorman della ABC Charlie Gibson le chiede di esprimersi in merito alla "dottrina Bush". Per chi non lo sapesse, per "dottrina Bush" si intende le motivazioni dell'amministrazione americana all'intervento in Afghanistan e Iraq, e più in generale l'idea che gli Usa possano avviare guerre preventive contro altre nazioni se si ritengono minacciati.
La risposta della Palin, che diventerà poi un tormentone comico, mette subito in luce le sue lacune, anche se la campagna di McCain cercherà di minimizzare la gaffe accusando Gibson di aver fatto una domanda troppo astratta, e affermando che la Palin con la sua risposta intendeva ironizzare su questo aspetto.

sabato 22 novembre 2008

Sono stati fatti degli sbagli /2

Le basi di McCain



"La nostra economia è salda. Le basi della nostra economia sono solide".

John McCain cercava di essere rassicurante, come dovrebbero fare i Presidenti durante una tempesta economica. Il tempismo però non gli è stato favorevole: poche ore dopo questa dichiarazione, il colosso finanziario Lehman Brothers è andato in bancarotta creando il panico nei mercati. Obama non ha perso tempo nel lanciare una serie di spot incentrati sulla gaffe dell'avversario.
Curiosamente, nel 1929 il Presidente Herbert Hoover disse una frase molto simile - "Le basi del nostro sistema paese, cioè la produzione e la distribuzione di beni, ha basi forti e prospere" - quattro giorni prima del crollo di Wall Street.

venerdì 21 novembre 2008

Comincia a prendere forma la squadra di Obama

I tasselli di quello che sarà il Gabinetto del Presidente Obama cominciano a prendere posto. Mentre la questione riguardante il Segretario di Stato è ancora in alto mare - e si può riassumere con la frase "Hillary Clinton o qualcun altro" - gli altri ruoli chiave cominciano ad essere assegnati anche se solo in via ufficiosa.
Il posto di Procuratore Generale, l'equivalente del ministro della Giustizia, dovrebbe andare salvo sorprese ad Eric Holder. che attualmente è il consigliere legale della campagna di Obama, e che ha guidato con Caroline Kennedy il team addetto alla selezione del candidato alla vicepresidenza.
Holder è stato vice Procuratore Generale durante la seconda amministrazione Clinton e ha fatto le funzioni del Procuratore Generale tra gennaio e febbraio 2001, nel periodo di transizione tra Clinton e Bush. Se confermato, Holder sarebbe il primo afro-americano a ricoprire questa posizione.

Era stata presa in considerazione come Attorney General, ma dovrebbe invece guidare il Dipartimento di Sicurezza Nazionale Janet Napolitano, Governatrice dell'Arizona. Nominata da TIME come una dei cinque migliori Governatori degli Usa, la Napolitano dovrebbe guidare il dipartimento creato da George W. Bush dopo gli attentati del 2001 e che sotto Obama dovrebbe prendere una forma meno burocratizzata.
La Napolitano è stata Procuratore Generale dell'Arizona prima di diventarne Governatrice nel 2002 ed essere rieletta nel 2006.
La scelta della Napolitano è stata pubblicamente lodata da McCain.

Tom Daschle, il primo leader Democratico ad appoggiare pubblicamente Obama ormai più di due anni fa, è stato invece scelto come Segretario alla Sanità e ai Servizi, posto particolarmente delicato vista la volontà di Obama di riformare il sistema sanitario americano.

L'economista Peter Orszag, attualmente direttore dell'Ufficio Bilancio del Congresso, è stato invece scelto come Direttore dell'ufficio Gestione e Bilancio della Casa Bianca, la struttura che controlla le attività delle agenzie federali.

All'imprenditrice Penny Pritzker, miliardaria di Chicago e responsabile economica della campagna di Obama, è stato offerto il posto di Segretario al Commercio, ma la Pritzker non avrebbe ancora dato la sua disponibilità.
Infine, il team di Obama ha preso contatti con l'attuale Segretario alla Difesa Robert Gates, che quindi potrebbe rimanere al suo posto.

giovedì 20 novembre 2008

Huckabee all'attacco

Huckabee è il tipo di politico che non si fa pregare per dire quello che pensa, per questo in molti si sono sorpresi del suo prolungato silenzio e del basso profilo tenuto negli ultimi otto mesi, dopo la fine delle sue aspirazioni presidenziali. <Il motivo di questo understatement è chiaro adesso: Huckabee stava scrivendo un libro in cui ha buttato dentro tutte le considerazioni in merito alle primarie, ai suoi ex rivali, al partito Repubblicano.
Il libro "Do The Right Thing: Inside the Movement That's Bringing Common Sense Back to America" è arrivato sugli scaffali americani martedì scorso, dopo alcune anticipazioni, e non è molto tenero verso i competitor che lo hanno sfidato nelle primarie repubblicane.
E' Mitt Romney, che si è spartito con Huckabee l'elettorato conservatore e religioso, a ricevere il trattamento peggiore. Huckabee scrive che il curriculum dell'ex Governatore del Massachusetts era "Tutto tranne che conservatore, finchè non ha cambiato le lampadine del suo candeliere in tempo per correre per la nomination". Huckabee racconta che Romney ha rifiutato di fargli una telefonata di congratulazioni dopo la vittoria in Iowa "una grande mancanza di rispetto". Huckabee poi si fa gioco di una proposta di Romney, che durante un dibattito aveva proposto maggiori investimenti in azioni con dividendi superiori alla media (quelle che ora sono maggiormente coinvolte nel crack finanziario).
Ilt rattamento per Fred Thompson, la cui presenza contribuì ad affossare le ambizioni di Huckabee in South Carolina, è più favorevole solo perchè meno personale. "Fred Thompson non ha mai capito le dinamiche politiche di questo paese, e la sua campagna incredibilmente deficitaria riflette il modo in cui è totalmente disconnesso dalla gente, nonostante le aspettative suscitate dalla sua candidatura".
Huckabee ne ha anche per quei politici cristiano-conservatori che, nonostante avessero idee simili alle sue, non lo hanno mai appoggiato. Huckabee scrive che Gary Bauer, leader di un movimento cristiano, "ha sempre trovato una scusa diversa per non sostenermi". Racconta di un loro incontro privato in cui "qualsiasi argomento affrontassi, ne spuntava fuori un altro che rappresentava un 'problema' per la mia candidatura". In particolare accusa Bauer di aver anteposto la sicurezza nazionale ai temi sociali come la difesa della vita e del matrimonio tradizionale.

Huckabee ne ha anche per Ron Paul e per i seguaci dell'ideologica libertaria, a cui dedica un intero capitolo chiamato "Falsi conservatori: peggio del liberalismo". Huckabee identifica nel libertarismo mascherato da conservatorismo la "vera minaccia" per il partito Repubblicano. Huckabee accusa Ron Paul e i suoi sostenitori di essere incapaci di sostenere un vero dibattito "Perchè questo richiederebbe la capacità di trovare una conclusione logica alle loro argomentazioni". Contesta l'idea dei "libertarian" per cui ogni aumento di tasse equivale a un'apostasia (Huckabee da Governatore dell'Arkansas ha aumentato alcune tasse).
Huckabee, che ora conduce uno show sul network di Fox News, accusa anche i giornalisti e i media di aver dipinto la sua campagna elettorale con toni folkloristici, rendendola poco credibile, e di averlo collegato solo a questioni religiose, mentre gli altri candidati erano chiamati a parlare di questioni di governo.

mercoledì 19 novembre 2008

Una poltrona per due

La lista di persone a cui Barack Obama potrebbe affidare il ruolo chiave di Segretario di Stato si è ridotta a due: Hillary Clinton e Bill Richardson.
E' evidente che la ex rivale nelle primarie Democratiche ha un curriculum e una storia tale da non poter competere praticamente con nessuno, ma gli ostacoli alla sua nomina sono molteplici e non riguardano la competenza.
D'altro canto Richardson non è una soluzione di ripiego. è stato ambasciatore degli Usa all'ONU dal 1997 al 1998 e durante l'amministrazione Clinton è stato incaricato di negoziare con Saddam Hussein. Inoltre, pur non essendo un politico di primo pelo, potrebbe essere uno dei futuri leader del partito.

Anche se Obama si è esposto pubblicamente incontrando Hillary Clinton e non negando di averle proposto il posto più importante nella sua amministrazione, la scelta definitiva è ancora lontana. Molti sostenitori del Presidente eletto non ritengono giusto "premiare" con il Dipartimento di Stato colei che per 18 mesi ha usato ogni mezzo per affossarlo, e soprattutto i liberal temono che affidare la politica estera alla Clinton preluderebbe ad una volontà di Obama di rivedere in senso più moderato le sue posizioni sul ritiro dall'Iraq. Ma è chiaro che se Obama ha pubblicamente fatto l'offerta alla Clinton doveva essere consapevole dei pro e dei contro.
Gli ostacoli maggiori stavolta non arrivano da Hillary ma da Bill Clinton. Non è un caso se il team di Obama sta in questi giorni passando sotto esame tutte le attività dell'ex Presidente, in cerca di possibili conflitti di interesse. Bill Clinton la settimana scorsa ha dichiarato "Mia moglie sarebbe un grande Segretario di Stato". Lo ha detto a margine di convegno economico a Kuwait City a cui era stato invitato dalla Kuwait National Bank, proprio quel tipo di evento che potrebbe rappresentare un conflitto d'interesse. L'attività principale di Bill Clinton è oggi quella di tenere conferenze a pagamento in giro per il mondo, e lo scorso anno ne ha tenute 54 per un compenso totale di 10,1 milioni di dollari. Le attività post-presidenziali di Clinton, molte delle quali non sono rese pubbliche e che oggi vengono esaminate dal team di Obama, includono anche quelle di consultente d'affari. Da Segretario di Stato, Hillary potrebbe trovarsi a trattare con persone che figurano nella lista di clienti del marito, o dei finanziatori delle sue fondazioni. Proprio questi ultimi rappresenterebbero il problema principale, in quanto Bill Clinton non vorrebbe rendere pubblica la lista, condizione chiesta invece espressamente da Obama, come ha rivelato Abner J. Mikva, consigliere di Obama e assistente alla Casa Bianca durante l'amministrazione Clinton.
In questo momento la situazione è in una fase di stallo: Obama ha chiesto a Hillary la disponibilità a fare il Segretario di Stato ma non le ha ancora offerto ufficialmente il posto, e non lo farà fin quando non saranno soddisfatte le sue richieste di trasparenza. D'altro canto Hillary Clinton non ha ancora dato una risposta definitiva, anche se si sta cercando una soluzione di compromesso. Ad esempio Bill Clinton potrebbe sospendere temporaneamente i suoi discorsi a pagamento e i finanziamenti da governi stranieri, oppure potrebbe tirarsi fuori dalla sua fondazione. Se queste condizioni non fossero sufficienti, potrebbe essere proprio Hillary Clinton a farsi da parte e a non dare la disponibilità per il Dipartimento di Stato.
Certo che se la Clinton dovesse essere costretta a farsi da parte, una soluzione di compromesso sarebbe dare il posto ad una persona a lei vicina (quale Richardson non è), come l'ex ambasciatore Richard Holbrooke, che però non gode di buoni rapporti con lo staff di Obama.

martedì 18 novembre 2008

Un nuovo New Deal? /2

di Peter Beinart (TIME)

[...] Le tasse e le regole diminuirono progressivamente, e contemporaneamente l'economia crebbe in quasi tutti i settori. Tra gli '80 e i '90, l'economia americana divenne un luogo fiorente. Ma ben presto divenne anche un luogo spaventoso. Nella nuova America della deregulation, poche persone avevano un lavoro stabile, una pensione sicura e una copertura sanitaria affidabile. Alcuni divennero ricchi, ma molti fallirono soprattutto per i costi delle coperture sanitarie.
A partire dagli anni '90, l'americano medio decise che il conservatorismo era un po' come il liberalismo degli anni '60: più spaventoso che vantaggioso. Quando i Repubblicani di Gingrich provarono ad affondare il MediCare, gli elettori reagirono in massa. Quando, un decennio dopo, George W. Bush provò a privatizzare parzialmente lo stato sociale, gli americani si ribellarono di nuovo. Nel 2005, una ricerca del Pew Institute identificò un nuovo gruppo di elettori che chiamò "conservatori pro-governo": culturalmente conservatori e "falchi" in politica estera, avevano sostenuto in massa la rielezione di Bush nel 2004, ma al tempo stesso erano a favore di regole e interventi governativi. Non volevano il mercato senza regole, lo volevano rimettere sotto il controllo federale.
Questi elettori sono stati la bomba ad orologeria della coalizione Repubblicana, che è scoppiata il 4 novembre. La promessa di John McCain di abbassare le tasse, tagliare le spese e diminuire l'intervento governativo li ha lasciati freddi. Tra quegli elettori che si sono dichiarati "molto preoccupati" delle conseguenze della crisi economica, Obama ha vinto con 26 punti di distacco su McCain.
L'umore del pubblico assomiglia a quello di 40 anni fa: gli americani vogliono che il governo impoga legge e ordine - sul mercato, sul lavoro, sulle polizze sanitarie - e non gli interessa quali teste Washington andrà a picchiare.

Questa è la grande sfida e la grande opportunità di Obama. Se riuscirà a fare quel che fece FDR - rendere il capitalismo americano più stabile e meno selvaggio - stabilirà una maggioranza Democratica che guiderà l'America per una generazione. E nonostante gli enormi problemi che eredita, ha anche una buona possibilità. Per dirne una, prendere provvedimenti aggressivi per stimolare l'economia e regolare la finanza, non dividerà la propria coalizione, ma quella avversaria. Sull'economia, i Democratici concordano praticamente tutti sulle decisioni da prendere. Il divario degli anni della presidenza Clinton tra i "falchi del deficit" e i fautori della spesa pubblica è ormai scomparso, e tutti sono d'accordo nel dare più poteri al governo.
Sono i Repubblicani che - pure uniti sulle questioni culturali - sono divisi tra chi non vuole un intervento governativo e chi chiede un ruolo maggiore per Washington.
Obama non deve risolvere la situazione nel giro di una notte. In fondo Roosevelt non mise fine alla Grande Depressione se non nel 1936. Obama, nei primi mesi di presidenza, deve ricordare quello che hanno detto gli elettori su cosa sta più loro a cuore: per il 63% l'economia (nessun altro tema ha superato il 10%). Nel 2004 il 22% degli elettori diceva che la priorità erano i "valori morali", il 19% diceva il terrorismo. Quest'anno il terrorismo è sceso al 9%, e nessun tema sociale è stato citato.
Il più grande problema nella coalizione di Obama è il nazionalismo. Su molti temi, dall'ambiente all'immigrazione, i liberal vogliono una maggiore compenetrazione della società americana con il resto del mondo. Credono che cedere una parte della sovranità nazionale - permettendo a persone e beni di attraversare legalmente il paese - sia essenziale per rendere l'America più prospera e sicura. Quando si parla però di immigrazione e libero mercato, molti Democratici diventano scettici. In futuro la lotta tra libertà e ordine potrà diventare predominante su scala globale. Ma questo è il futuro.
Se Obama comincia a ristabilire l'ordine nell'economia, i Democratici ne raccoglieranno i frutti per molto tempo. 40 anni fa il liberalismo sembrava il problema di una nazione che andava fuori controllo. Oggi una sua nuova versione più essere la soluzione. E' un giorno molto diverso a Grant Park.

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