A febbraio, il New York Times aveva fatto endorsement per Hillary Clinton e John McCain per la nomination dei rispettivi partiti, esternando diverse perplessità su Obama. Dopo la fine delle primarie, il prestigioso quotidiano aveva continuato a dare l'idea di continuare a nutrire dubbi sul Democratico, con una serie di editoriali in cui si mettevano in evidenza i dubbi di Obama, pur rivolgendo nello stesso tempo una lunga serie di critiche a McCain, che sono costate al giornale l'ostilità del Repubblicano. Oggi" The Gray Lady", come viene chiamato il quotidiano, spazza via ogni dubbio facendo endorsement per Obama. E d'altronde il giornale ha tradizione Democratica, è dal 1956 con Eisenhower che non viene appoggiato un Repubblicano:
"Le iperboli sono la norma in questa campagna elettorale, ma quest'anno è
davvero in gioco il futuro della nazione.
Gli Usa sono alla deriva dopo otto anni di fallimentare leadership del
Presidente Bush. Scaricherà sul suo successore due guerre, un'immagine
internazionale sfigurata e un governo sistematicamente scippato della sua
capacità di proteggere e aiutare i cittadini - che cerchino di scampare a un
uragano, che cerchino una assicurazione sanitaria abbordabile o che lottino per
conservare lavoro, casa, risparmi e pensioni in mezzo a una crisi finanziaria
che era annunciata e prevedibile.
In tempi così difficili, la scelta del nuovo presidente è semplice. Dopo
circa due anni di campagna elettorale dura ed estenuante, il Senatore Barack
Obama ha dimostrato che è l'uomo giusto per diventare il 44° Presidente.
Obama ha affrontato una sfida dopo l'altra, dimostrandosi un leader e
concretizzando le sue promesse di speranza e cambiamento. Ha mostrato capacità
di giudizio e di ragionamento. Crediamo che abbia la volontà e l'abilità di
raccogliere quel vasto consenso che è essenziale per trovare una soluzione ai
problemi di questo paese.
Allo stesso tempo, il Senatore John McCain si è rifugiato sempre più spesso
ai margini della politica americana, conducendo una campagna basata sulle
divisioni, sulla guerra di classe e anche su qualche accenno di razzismo. Le sue
politiche sono mirate al passato. La scelta di un vicepresidente così
evidentemente inadatto a quel ruolo è stato l'atto finale di opportunismo e
cattivo giudizio che ha eclissato il plauso per la sua lunga carriera al
Congresso.
Vista la natura particolarmente negativa della campagna di McCain, è forte
la tentazione di scegliere basandosi solamente sull'emotività. Ma c'è un valore
più grande nel guardare più nel dettaglio i fatti dell'America di oggi e ciò che
i candidati offrono. Le differenze sono profonde.
McCain offre più o meno l'ideologia Repubblicana di "ognuno per sè", le cui
conseguenze si vedono ora a Wall Street e nei conti in banca degli americani.
Obama ha una diversa visione del ruolo e delle responsabilità del
governo."
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