di David D. Kirkpatrick (New York Times)
Il Senatore John McCain era tutto tranne che un nemico giurato di Trent Lott, l’ex leader Repubblicano.
Lott ha annullato tutti gli obiettivi legislativi a cui McCain teneva, e peggio ancora, McCain pensava che fosse stato Lott a mettere in giro, durante le primarie del 2000, voci tendenziose riguardo la sua sanità mentale, che favorirono la nomination di George W. Bush.
Ma quando nel 2002 Bush ha contribuito all’allontanamento di Lott dalla leadership del partito, a seguito di un commento razzista, McCain si è battuto in difesa di Lott, chiedendo ai colleghi di partito di sostenerlo. Lott disse che non avrebbe mai dimenticato quell’impegno. Quell’alleanza fu solo il primo passo della rinascita politica di McCain.
Durante l’amministrazione Bush, McCain è diventato un maestro della triangolazione politica – unendosi a Lott contro il Presidente o i nuovi leader Repubblicani, con i Democratici contro i Repubblicani, e con il Presidente contro i Democratici – diventando forse il membro più influente del Congresso.
“Non riesco a pensare a molti senatori più influenti” ammette Tom Daschle, ex leader della maggioranza Democratica in Senato.
Il percorso politico di McCain fa infuriare entrambi gli schieramenti: sulla guerra in Iraq ha criticato la Casa Bianca per la gestione del conflitto e i Democratici per la loro opposizione. Sull’immigrazione, si è unito ai Democratici e alla Casa Bianca contro il suo stesso partito. E ha capeggiato una serie di proposte Democratiche come quella contro la riforma fiscale, il trivellamento in Alaska, il tetto all’inquinamento e l’uso della tortura.
McCain si è guadagnato il soprannome di “Maverick” circa un decennio fa. Quando fu eletto per la prima volta al Senato nel 1986, dopo due mandati alla Camera, era nella maggioranza del partito e correva per un posto di leader.
Ma la popolarità non durò. I colleghi lo ritenevano troppo brusco e aggressivo, e lui prese l’abitudine di denunciare i loro privilegi speciali.
Ma il suo eroismo da prigioniero di guerra gli ha conferito un prestigio speciale, che lui ha usato per “coltivare” giovani leve del Senato, sia tra i Repubblicani che tra i Democratici. Prima della campagna di quest’anno, McCain era solito cenare a Washington due volte al mese – preferisce il cibo vietnamita, il film “Borat” e fare battute sui colleghi – con un ristretto gruppo di Repubblicani tra cui Lindsey Graham e l’ex rivale (per breve tempo) nelle primarie di quest’anno Fred Thompson.
I suoi amici dicono che l’ideologia di McCain è sempre stata ad hoc – governo snello e conservatore ma aperto all’espansione del potere governativo in casi eccezionali. Ma a parte varie campagne per riforme fiscali, fino al 1998 McCain era un reaganiano di ferro, poi ci fu il primo vero strappo con il partito, quando venne incaricato di negoziare una proposta per dirimere le azioni legali contro i produttori di tabacco.
McCain accusò i suoi colleghi Repubblicani, in particolar modo i conservatori, di giocare sulla pelle dei bambini. I Democratici gli tributarono una standing ovation.
Dopo l’elezione di Bush, McCain dichiarò la propria indipendenza da entrambi i partiti e tornò al lavoro pieno di motivazioni per essersi trovato per la prima volta ad affrontare questioni come il riscaldamento globale o i costi delle cure sanitarie.
Nel corso della campagna elettorale del 2000, McCain aveva proposto una riforma del finanziamento ai partiti, aveva attaccato i tagli delle tasse sui redditi più alti, le corporazioni e i cristiani conservatori. Tornando in Senato, McCain si chiese se si fosse alienato i consensi della base. John Zogby, sondaggista di fiducia del Senatore, gli spiegò che quelle primarie lo avevano reso più gradito a Democratici e Indipendenti che ai Repubblicani, ma che era comunque uno dei politici più popolari del paese.
McCain però aveva bisogno di un piccolo incoraggiamento: l’asprezza di quelle primarie lo avevano allontanato da partito e ora sentiva di poter essere se stesso.
Per tutta la sua carriera aveva mantenuto le distanze da Ted Kennedy, ma dopo il 2000 andò da lui e gli disse di voler lavorare con lui, e con John Edwards, su una riforma sanitaria.
In breve tempo divenne un collaboratore dei Democratici su così tanti argomenti che era sua abitudine fermarsi all’ufficio di Tom Daschle per essere aggiornato sulle novità.
Quando Daschle e Kennedy gli proposero di passare nel loro partito, McCain mise in giro la voce per saggiare la reazione, e la sua considerazione fra i leader Repubblicani tornò a crescere. Ci fu il riavvicinamento con Lott, che lo appoggiò in alcune iniziative contro l’amministrazione Bush e l’allora Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld. E in certe occasioni McCain usava la sua influenza per spingere gli amici Democratici a sostenere le iniziative della Casa Bianca osteggiate dai Repubblicani.
Nel 2004 però i Democratici lo hanno accusato di ipocrisia per aver appoggiato la rielezione di Bush. Nel 2005 e 2006 si è fatto di nuovo benvolere per il suo impegno contro la tortura, concretizzatosi in riunioni infuocate con Dick Cheney, finite ad urla secondo i bene informati. “Disse che negoziare sulla tortura con Cheney era come negoziare una riforma bancaria con Bonnie e Clyde” ha raccontato Weaver, un suo consigliere dell’epoca.
Copyright 2008 The New York Times Company
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