Il fallimento del "bailout", il piano di salvataggio delle industrie automobilistiche con un intervento statale di 15 miliardi di dollari, è stato causato principalmente dai Repubblicani moderati del Campidoglio, che in questi ultimi giorni di legislatura (il nuovo Congresso non è ancora insediato, e queste sedute sono chiamate "anatra zoppa") sono divisi tra la encessità di salvare le industrie e la volontà di attenersi ai propri principi, già traditi con il "bailout" di settembre.
La Casa Bianca aveva trovato faticosamente un accordo con i Democratici per votare un pacchetto di aiuti immediati a General Motors, Ford e Chrysler. I Democratici avevano annunciato il voto a favore, mentre i Repubblicani conservatori si erano opposti ponendo condizioni che non erano state accettate: che i salari dei dipendenti di Gm, Ford e Chrysler fossero ridotti al livello di quelli dei concorrenti non sindacalizzati, a cominciare dalle case giapponesi, gia nel 2009. Questo ha fatto diventare i Repubblicani moderati l'ago della bilancia.
Sia Bush che molti osservatori erano convinti che questi non avrebbero fatto mancare il proprio voto ad un provvedimento che, per quanto impopolare tra la destra, era necessario per evitare fallimenti clamorosi. I fatti gli hanno dato torto, e il piano non ha ottenuto neanche i voti necessari per essere portato in aula.
Va anche aggiunto che al Senato i Democratici non hanno potuto contare su tre voti chiave, quelli di Obama, Biden e Hillary Clinton.
Ora GM e Chrysler rischiano di entrare in amminstrazione controllata entro fine anno. Ford ha chiesto linee di credito per il futuro. Gm ieri notte ha già ingaggiato esperti legali e finanziari, tra cui Harvey R. Miller di Weil Gotshal & Manges, per preparare un eventuale ingresso in Chapter 11.
Ora, dicono gli esperti, l'unica speranza per le tre case automobilistiche e' che l'amministrazione Bush decida di garantire al settore l'accesso al Tarp, il piano di aiuti per il comparto finanziario.
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