Le primarie Democratiche partirono senza un favorito, dopo che Ted Kennedy per la seconda volta rifiutò di correre. Dopo il rodaggio del 1972, il sistema delle primarie in tutta la nazione entrò a pieno regime, con regole univoche, ma quasi nessun candidato capì l'importanza di un tale sistema, che richiedeva la candidatura in tutti gli stati. Ne approfittò l'ex Governatore della Georgia Jimmy Carter, quasi sconosciuto a livello nazionale, che si presentò in tutti gli stati puntando a vincere le prime sfide accreditandosi come front-runner. Fu il candidato più votato in Iowa e vinse in New Hampshire, dimostrando di poter vincere anche al Nord. Al Sud sconfisse George Wallace, che si era ripresentato alle primarie pur essendo costretto sulla sedia a rotelle in seguito all'attentato subito durante la campagna elettorale di 4 anni prima. In Pennsylvania sconfisse in rimonta Henry Jackson, costringendolo a ritirarsi. Quando Carter era ormai vicino alla nomination, nacque il comitato "ABC" (Anybody but Carter), guidato da liberal dell'ovest e del nord, preoccupati che Carter fosse troppo sudista e conservativo. Il leader di ABC, il Governatore della California Jerry Brown, scese in campo sconfiggendo Carter nelle ultime primarie, ma ormai troppo tardi per ambire alla nomination.
Carter arrivò alla convention avendo già ottenuto matematicamente la maggioranza di delegati, vinse la nomination al primo voto e nell'intento di unire il partito scelse come vice Walter Mondale, delfino di Hubert Humphrey e gradito all'ala liberal del Nord.
Nonostante Ford fosse il Presidente in carica, all'interno del partito c'erano molti dubbi sulla sua candidatura. Ford aveva un gradimento molto basso dopo aver concesso a Nixon il perdono presidenziale per ogni eventuale reato connesso al Watergate, e i conservatori erano infuriati per gli accordi internazionali che avevano di fatto accettato il dominio sovietico nell'est Europa e in Vietnam. Inoltre Ford, avendo servito per più di due anni, non si sarebbe potuto ripresentare nel 1980. Il vicepresidente in carica, Nelson Rockefeller dichiarò di volersi candidare se Ford avesse rinunciato a presentarsi, come inizialmente aveva detto, ma poi Ford cambiò idea e Rockefeller rinunciò anche a ripresentarsi come vice.
L'unico rivale di Ford nelle primarie fu l'ex Governatore della California Ronald Reagan, sostenuto dalla destra conservatrice, che aveva lanciato la sua campagna contro Ford già con un anno di anticipo. Ford vinse nei primi stati ma Reagan, pur a corto di soldi, grazie al sostegno delle potenti organizzazioni conservatrici vinse tutti gli ultimi stati. Le primarie terminarono con i due candidati praticamente pari. La convention si aprì con Ford che aveva un lieve vantaggio ma non la maggioranza assoluta. Reagan provò a far saltare il banco annunciando che, se nominato, avrebbe scelto come vice Richard Schweiker, moderato della Pennsylvania. La mossa si rivelò un errore di giudizio: pochi moderati passarono da Reagan, mentre molti conservatori lo abbandonarono. In particolare la delegazione del Mississippi si schierò con Ford, facendolo arrivare alla nomination. Ford scelse come vice il Senatore Bob Dole. Dopo il suo discorso, Ford chiese a Reagan di pronunciare qualche parola in segno di unità. Reagan tenne invece un lungo discorso che oscurò quello del Presidente.
All'inizio della campagna elettorale autunnale, Jimmy Carter partì con un vantaggio di 33 punti nei sondaggi, ma Ford fu protagonista di una clamorosa rimonta grazie anche ad alcune circostanze favorevoli. La prima fra tutte fu il 200° anniversario dell'Indipendenza Americana, che il Presidente sfruttò per apparire come grande protagonista di eventi - quali la cena alla Casa Bianca con la Regina Elisabetta - trasmessi in televisione e seguiti da milioni di americani.
Inoltre Carter fu protagonista di alcune gaffe, come quando promise il perdono ai ragazzi che non avevano risposto alla chiamata alle armi in Vietna, o quando in un'intervista a Playboy confessò di "aver desiderato la donna d'altri". Nel primo dibattito televisivo dal 1960, Ford risultò vincitore dopo aver messo in evidenza l'inesperienza del rivale.
Anche Ford però non mancò di commettere svarioni, come quando negò ripetutamente che l'Est Europeo fosse sotto il controllo sovietico, e non fu da meno Bob Dole, che in un dibattito imputò ai presidenti Democratici la cattiva preparazione delle truppe americane.
Per la prima volta dal 1932 il Presidente in carica veniva sconfitto nel tentativo di essere rieletto in uno dei due partiti maggiori. Sarebbe successo di nuovo, proprio a Carter, quattro anni dopo.
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