sabato 25 ottobre 2008

Il New York Times appoggia Obama

http://graphics8.nytimes.com/images/misc/nytlogo153x23.gif
A febbraio, il New York Times aveva fatto endorsement per Hillary Clinton e John McCain per la nomination dei rispettivi partiti, esternando diverse perplessità su Obama. Dopo la fine delle primarie, il prestigioso quotidiano aveva continuato a dare l'idea di continuare a nutrire dubbi sul Democratico, con una serie di editoriali in cui si mettevano in evidenza i dubbi di Obama, pur rivolgendo nello stesso tempo una lunga serie di critiche a McCain, che sono costate al giornale l'ostilità del Repubblicano. Oggi" The Gray Lady", come viene chiamato il quotidiano, spazza via ogni dubbio facendo endorsement per Obama. E d'altronde il giornale ha tradizione Democratica, è dal 1956 con Eisenhower che non viene appoggiato un Repubblicano:

"Le iperboli sono la norma in questa campagna elettorale, ma quest'anno è
davvero in gioco il futuro della nazione.
Gli Usa sono alla deriva dopo otto anni di fallimentare leadership del
Presidente Bush. Scaricherà sul suo successore due guerre, un'immagine
internazionale sfigurata e un governo sistematicamente scippato della sua
capacità di proteggere e aiutare i cittadini - che cerchino di scampare a un
uragano, che cerchino una assicurazione sanitaria abbordabile o che lottino per
conservare lavoro, casa, risparmi e pensioni in mezzo a una crisi finanziaria
che era annunciata e prevedibile.
In tempi così difficili, la scelta del nuovo presidente è semplice. Dopo
circa due anni di campagna elettorale dura ed estenuante, il Senatore Barack
Obama ha dimostrato che è l'uomo giusto per diventare il 44° Presidente.
Obama ha affrontato una sfida dopo l'altra, dimostrandosi un leader e
concretizzando le sue promesse di speranza e cambiamento. Ha mostrato capacità
di giudizio e di ragionamento. Crediamo che abbia la volontà e l'abilità di
raccogliere quel vasto consenso che è essenziale per trovare una soluzione ai
problemi di questo paese.
Allo stesso tempo, il Senatore John McCain si è rifugiato sempre più spesso
ai margini della politica americana, conducendo una campagna basata sulle
divisioni, sulla guerra di classe e anche su qualche accenno di razzismo. Le sue
politiche sono mirate al passato. La scelta di un vicepresidente così
evidentemente inadatto a quel ruolo è stato l'atto finale di opportunismo e
cattivo giudizio che ha eclissato il plauso per la sua lunga carriera al
Congresso.
Vista la natura particolarmente negativa della campagna di McCain, è forte
la tentazione di scegliere basandosi solamente sull'emotività. Ma c'è un valore
più grande nel guardare più nel dettaglio i fatti dell'America di oggi e ciò che
i candidati offrono. Le differenze sono profonde.
McCain offre più o meno l'ideologia Repubblicana di "ognuno per sè", le cui
conseguenze si vedono ora a Wall Street e nei conti in banca degli americani.
Obama ha una diversa visione del ruolo e delle responsabilità del
governo."

venerdì 24 ottobre 2008

Gli scheletri nell'armadio: William Ayers

In un movimentato incontro di militanti contro la guerra in Vietnam, nel 1969, il 25enne Bill Ayers fondò il gruppo radicale Weathermen, o Weather Underground, che di lì a poco rivendicò una serie di attentati dinamitardi contro sedi istituzionali come il Campidoglio e il Pentagono. Ayers e sua moglie furono processati per istigazione alla rivolta e cospirazione contro il governo, ma le accuse caddero nel 1974 per vizi procedurali.
Seguirono anni di latitanza, coperta molto probabilmente dal padre di Ayers, influente dirigente del Commonwealth Edison, la compagnia energetica locale.
26 anni dopo, nel 1995, Barack Obama conobbe Ayers, diventato un insegnante, ad un meeting sulla riforma del sistema scolastico di Chicago. Da allora le loro strade si sono incontrate di nuovo in poche occasioni: in un incontro organizzato da Ayers per sostenere la prima candidatura di Obama al Senato dell'Illinois, nelle riunioni sulla scuola e in un'associazione benefica in cui entrambi erano coinvolti.
Obama ha spiegato di aver incontrato Ayers perchè "vive nel mio quartiere" e "ha lavorato su questioni di cui anch'io mi sono occupato". Per questo motivo è stato accusato dai Repubblicani di aver minimizzato il suo rapporto con Ayers e di non aver condannato il passato da terrorista dell'uomo.

Il New York Times ha intervistato decine di persone che hanno conosciuto sia Obama che Ayers, e ha condotto un'inchiesta sui progetti a cui entrambi hanno lavorato, concludendo che in effetti Obama ha cercato di sminuire la sua frequentazione con Ayers, ma è corretto dire che i due non sono mai stati amici e non si sono mai frequentati regolarmente, nè tantomeno Obama ha mai dimostrato simpatia per il passato dell'ex terrorista.
Anche se nel resto degli Usa Ayers è ancora considerato un criminale - che oltretutto non ha mai manifestato espressamente pentimento per gli attentati compiuti - a Chicago è stato ampiamente riabilitato. Nel 1987 ha conseguito un dottorato in educazione alla Columbia, dopodichè è diventato docente nell'Università dell'Illinois, autore e curatore di 15 libri e promotore di una riforma scolastica. Il sindaco di Chicago Richard Daley ha recentemente affermato in un'intervista di aver chiesto spesso le consulenze di Ayers sulle questioni scolastiche. Questa opinione non è tuttavia unanime, in quanto il cronista Steve Chapman del Chicago Tribune - che pure ha difeso Obama per i suoi rapporti con il Reverendo Wright - ha denunciato pubblicamente l'Università dell'Illinois affermando che non avrebbe mai dovuto assumere Ayers.
Dopo il primo incontro nel 1995, ce ne fu un altro a distanza di pochi mesi proprio a casa di Ayers, dove la Senatrice dell'Illinois presentò Obama a un gruppo di Democratici lanciando la sua carriera politica. Nel 1997, Obama venne eletto al Senato dell'Illinois e, in un'intervista, elogiò un libro di Ayers sulla pedagogia. Nel 2001 Ayers donò 200 $ per la campagna di rielezione di Obama. Dal 2000 al 2002 i due hanno fatto parte nello stesso periodo del consiglio del Woods Fund, un'associazione benefica di Chicago in cui Obama aveva iniziato a lavorare come organizzatore di comunità negli anni '80. Dal 2002 non ci sono tracce di frequentazioni tra i due.
Il 10 settembre del 2001, in un'intervista al NYTimes, Ayers disse di "non essere pentito degli attentati, ma solo di non aver fatto di più". Più tardi, all'indomani degli attentati dell'11 settembre, Ayers rettificò dicendo che la sua frase non era riferita agli attentati ma all'impegno pacifista.

Fonte: New York Times

giovedì 23 ottobre 2008

Sondaggi: la situazione dei Grandi Elettori /8



Il trend dei sondaggi a livello nazionale è ormai saldamente in favore di Obama, che può anche contare su una tendenza positiva a partire dall'ultimo dibattito. Più complicate le cose nei singoli stati, in alcuni dei quali le operazioni di voto sono già iniziate.
A livello nazionale, Obama ha un vantaggio medio di 7,4 punti secondo RealClearPolitics e di 7,9% secondo Pollster. Entrambi vedono Obama a cavallo del 50% di consensi. Tra gli ultimi sondaggi in ordine di tempo, Obama è al 49% contro il 40% di McCain secondo FoxNews, stesso distacco segnalato da ABC e Washington post, che però vedono Obama al 53% e McCain al 44%. Secondo NBC e Wall Street Journal, il distacco sarebbe di 10 punti, 52 a 42. Analogo l'andamento dei tracker giornalieri: per Rasmussen Obama è al 51% contro il 46% di McCain, mentre Zogby ha visto raddoppiare in pochi giorni il distacco di Obama, da 5 a 10 punti. Infine, secondo Gallup, Obama è in testa di 9 punti tra gli elettori registrati, di 8 tra gli elettori probabili, e di 5 tra l'elettorato abituale.
Negli stati chiave, però, dopo la grande euforia degli scorsi giorni, il Senatore Democratico fa registrare una leggera frenata. D'altronde è tradizione di tutte le elezioni americane che negli ultimi 15 giorni il distacco tra i candidati si restringa, anche in caso di distacchi più ampi.
La mappa elettorale della CNN, da sempre una delle più caute nell'assegnare i voti elettorali, vede Obama a 277 Grandi Elettori, ovvero sopra il quorum necessario. La buona notizia per Obama è che questo risultato è raggiunto senza due stati fondamentali come Ohio e Florida, ancora in bilico secondo i sondaggi. In particolare in Florida (27 grandi elettori) le ultime rilevazioni danno McCain in recupero: secondo due sondaggi di NBC e FoxNews il Repubblicano ha un punto di vantaggio, secondo SurveyUsa ne ha due, mentre la CNN vede Obama avanti di 4 punti. Anche in Ohio (20 Grandi elettori) McCain sarebbe in testa di due punti secondo la Fox ed NBC, mentre Suffolk, SurveyUsa e CNN danno Obama in vantaggio con grande distacco. La North Carolina vede una situazione se possibile ancora più equilibrata, con un distacco praticamente nullo. In Virginia invece Obama avrebbe preso il largo, con 2 punti di vantaggio secondo NBC, 6 secondo SurveyUsa, 10 secondo Rasmussen e CNN. Anche la Pennsylvania, nonostante gli sforzi di McCain che ha concentrato la sua campagna elettorale in questo stato nell'ultima settimana, Obama avrebbe una solida leadership, superiore ai 10 punti percentuali.
E infine anche il Colorado sembra essere in mano di Obama, che in tutti i sondaggi è accreditato a circa 5 punti di distacco da McCain.
Cambiano di poco le altre mappe elettorali: secondo Pollster Obama ha 286 Grandi elettori (i 277 della CNN più il Colorado), e lo stesso riporta RealClearPolitics. Il New York Times sposa la stessa linea della CNN, mentre Zogby è ancora più equilibrato: sarebbero solo 273 i voti elettorali per Obama (i soliti 277 meno il New Hampshire).

mercoledì 22 ottobre 2008

I candidati sono reticenti sulla loro salute

Il New York Times ha (di nuovo) esaminato tutte le informazioni fornite dai candidati circa la loro salute, dall'inizio delle primarie a oggi. Quel che è emerso è che in queste elezioni si sta registrando un deciso passo indietro rispetto agli anni passati, in cui l'accesso da parte della stampa a tutte le informazioni cliniche sui candidati era quasi totale.
Come ovvio, le preoccupazioni maggiori riguardano John McCain, 72 anni, che, se eletto, sarebbe il più anziano presidente a servire per un primo mandato. E sarebbe anche il primo candidato sopravvissuto al cancro a diventare presidente. Come reso evidente dalla cicatrice sulla guancia sinistra, McCain si sottopose nel 2000 a un delicato intervento chirurgico per asportare un melanoma maligno.
A maggio la campagna di McCain ha rilasciato ben 1200 pagine di dossier medico, ma a dispetto della mole di materiale, le informazioni fornite non sono sembrate esaustive. In particolare, non sono stati forniti dettagli sul grado di gravità del melanoma: tanto più è alta la gravità, tanto sono maggiori le probabilità di una ricomparsa.
Anche il candidato Democratico alla vicepresidenza Joe Biden ha un passato medico delicato: nel 1988 venne operato d'urgenza per un doppio aneurisma al cervello. Il suo staff ha rilasciato solo pochi giorni fa 49 pagine di dossier medico che attesta la sua buona salute generale - con frequenti mal di schiena e diverse allergie stagionali - ma che non dice se Biden si è sottoposto in tempi recenti a dei test per verificare il rischio di un nuovo aneurisma.
Gli altri due candidati sono molto più giovani e in salute, ma della loro storia medica si sa pochissimo.
Barack Obama ha diffuso a maggio solo uno striminzito certificato medico, senza data, in cui il suo medico personale attesta che è in "eccellente salute". Nelle scorse settimane, sono stati rilasciati anche tre elettrocardiogrammi datati 2001, 2004 e 2007, i cui risultati sono nella norma. Obama è però stato un fumatore piuttosto accanito a partire dalla giovane età e fino all'inizio della campagna elettorare, quando ha smesso, pur ammettendo di accendersene ancora qualcuna nei momenti di forte stress. Il medico del New York Times ha sottolineato che non sono mai state diffuse informazioni sulla quantità media di sigarette consumata da Obama, una informazione rilevante perchè permetterebbe di stabilire il rischio di cancro, di malattie cardiache e di altri disturbi legati al tabagismo.
Di Sarah palin, infine, non sussistono informazioni mediche. L'unica cosa che ci si avvicina sono le circostanze del suo quinto parto, lo scorso aprile, quando secondo il suo racconto le si sarebbero rotte le acque mentre teneva un comizio a Dallas, e si è fatta portare in aereo in Alaska per partorire poche ore dopo il suo arrivo. La Palin ha sempre rifiutato di fornire le proprie cartelle mediche.
In passato, è capitato in diverse occasioni che i candidati nascondessero problemi di salute, con la collaborazione dei propri medici. I casi più noti sono quelli di Thomas Eagleton (che dovette rinunciare alla candidatura alla vicepresidenza quando si scoprì che era in cura psichiatrica per depressione), Paul Tsongas (che durante le primarie del 1992 scoprì di essere malato di cancro), e l'attuale vicepresidente Dick Cheney, malato di cuore.

Chi invece sta certamente molto male è Madelyn Dunham, la nonna materna di Obama, che sarebbe in fin di vita. Il Senatore Democratico ha annunciato di voler sospendere per due giorni la campagna elettorale per poter raggiungere il capezzale della nonna. Una scelta di cuore, per la persona che lo ha allevato quando tornò dall'Indonesia ancora bambino, ma senza dubbio un rischio, nei giorni più importanti della campagna elettorale.

martedì 21 ottobre 2008

E scoppiò la guerra degli idraulici

Il vero protagonista, in positivo e in negativo, di queste ultime settimane di campagna elettorale è senza dubbio "Joe the plumber", l'idraulico tirato in ballo da McCain durante il dibattito di mercoledì scorso e diventato una specie di celebrità, intervistato dai network, citato nei comizi da entrambi i candidati e dai cronisti come possibile emblema di un elettorato in bilico. Nella parodia del terzo dibattito sul Saturday Night Live, Joe è diventato un amico immaginario che McCain tiene sotto il letto in una scatola di sigari.
La celebrità non porta però solo effetti positivi. Prendendo informazioni su "Joe l'idraulico", il New York Times ha scoperto alcuni particolari che sicuramente il lavoratore dell'Ohio avrebbe preferito che rimanessero nascosti.
Per chi ancora non lo sapesse, Joe è l'idraulico che durante un incontro pubblico con Obama in Ohio ha chiesto al candidato Democratico spiegazioni sul suo piano fiscale e poi, per niente soddisfatto della risposta, lo ha accusato di voler redistribuire la ricchezza invece di aiutare i lavoratori.
Per prima cosa, il NYTimes ha scoperto che Joe non ha mai avuto una licenza da idraulico, non ha mai fatto apprendistato e non è mai stato iscritto a nessuna associazione di categoria, come confermato dall'Associazione degli idraulici con sede a Toledo, Ohio.
Inoltre Joe l'idraulico, oltre a non essere idraulico, non si chiama neppure Joe. Quello sarebbe il suo secondo nome, mentre lui si chiama Samuel Wurzelbacher. E in quanto a tasse, il suo curriculum non è specchiato: contro di lui infatti è aperta una procedura per evasione fiscale. "Joe" aveva detto ad Obama di voler aprire una piccola azienda in proprio, ma di aver paura che il piano fiscale del Democratico lo possa penalizzare. In realtà, tutti gli analisti hanno confermato che nè le sue tasse, nè quelle dell'azienda sono destinate ad essere aumentate secondo il piano di Obama.

Ma l'improvviso interesse degli americani per gli idraulici non è finito qui, e incurante di sfiorare il ridicolo il New York Post è andato a cercare a Chicago l'idraulico di Obama, per intervistarlo. Troy Dunn, 44 anni, idraulico con licenza nel quartiere Kenwood, ha detto al quotidiano newyorkese di essere molto arrabbiato per l'uscita del suo quasi-collega dell'Ohio "Questo Joe non ha neppure la licenza e ci toglie il lavoro. McCain prima parla della classe media, poi prende ad esempio questo tizio. La classe media è danneggiata proprio da persone come lui. La nostra industria va male perchè gente come lui lavora illegalmente senza licenza e non paga le tasse. Poveretto, adesso che McCain lo ha trasformato in una barzelletta non troverà più lavoro". Poi Dunn ha confessato di non aver mai incontrato Obama, pur avendo riparato più volte i suoi sei bagni "Ho incontrato sua moglie, una signora molto gentile. Adesso però preferisco non andare da loro, con tutti i servizi segreti che controllano..."

Fonte: New York Times, New York Post

lunedì 20 ottobre 2008

La Palin (quella vera) al Saturday Night Live

Dopo settimane in cui l'imitazione di Sarah Palin, ad opera dell'attrice comica Tina Fey, è diventata un tormentone del Saturday Night Live, la vice di McCain ha acconsentito a partecipare ad una puntata della celebre trasmissione, puntata in cui erano ospiti tra l'altro Josh Brolin e Oliver Stone, interprete e regista di "W.", il film su George Bush.
Ecco il video della partecipazione della Palin

Sarah Palin Appears on SNL Live - The best video clips are right here
Jason Sudeikis interpreta il portavoce Tim Lydecker: "Ragazzi, un'ultima cosa, non potete usare registratori e non potete prendere appunti"
I giornalisti rumoreggiano
Sudeikis-Lydecker: "Ok, ok, ci ho provato. Senza altro indugio, vi presento il Governatore Sarah Palin"
Tina Fey-Sarah Palin: "Prima di tutto, voglio dire che sono davvero eccitata di essere di fronte sia ai media dell'elite liberal sia ai media dei normali liberal. Aspetto le vostre domande, cominciamo".
Fred Armisen-reporter: "Cosa pensa della performance di McCain nel dibattito di mercoledì?"
Fey-Palin: "Beh, penso sia stato fantastico. Perchè gli americani sono arrabbiati, E anche John McCain è arrabbiato. E lo potete vedere dal modo in cui sospira e digrigna i denti e fa sempre così (imita le smorfie). E Barack Obama? Beh, non si capisce se è arrabbiato. La sua voce è soave, e quando parla è come un angelo che ti sussurra nell'orecchio. Fa sembrare John McCain come un camion dell'immondizia in una discarica. Ma per rispondere alla domanda, penso che McCain sia stato fantastico".
Will Forte-reporter: "In un comizio in North Carolina ha detto che le piacerebbe visitare la parte del paese pro-America. Ci sono parti del paese che considera anti-America?"
Fey-Palin: "Sai, ho solo provato a fare una battuta. Ma comunque New York, New Jersey, Massachusetts, Connecticut, Delaware e California [pollice giù]. Ma poi abbiamo anche Ohio, Pennsylvania e Florida che potrebbero essere pro-America o anti-America. Sta a loro [Strizza l'occhio]. E adesso vorrei intrattenervi con una sfilata"

[Le immagini passano nel backstage, dove la vera Sarah Palin e il produttore del SNL Lorne Michaels guardano lo sketch su un monitor]

Michaels: "Mi piacerebbe che ci fosse lei"
Palin: "Lorne, sai, non credo sia una rappresentazione realistica di una mia conferenza stampa"
Michaels: "E' un'esasperazione della realtà"
Palin: "Potremmo fare quello sketch che ho scritto per "30 Rock""
Michaels: "Sinceramente, non c'è abbastanza gente che conosce quello show"
[Entra Mark Wahlberg]
Wahlberg: "Sto cercando Andy Samberg. Dov'è?"
Michaels: "Mark, era solo uno scherzo"
Wahlberg: "Vuoi che spacchi anche la tua faccia? Dov'è?"
Michaels: "Terzo camerino a sinistra"
[Wahlber gesce]
Michaels: "Non gli è piaciuto come lo abbiamo rappresentato nello show"
Palin: "Non dirlo a me"
[Entra Alec Baldwin]
Baldwin: "Ehy Lorne, ehy Tina, devo parlarvi. Non puoi far uscire Tina con quella donna. Andrebbe contro tutto quello per cui si batte. Voglio dire, Santo Cielo, Lorne, la chiamano...come la chiamano, Tina? Cari..."
Palin: "Cariboo Barbie"
Baldwin: "Cariboo Barbie, grazia Tina. Queste sono le elezioni più importanti nella nostra storia, e tu vuoi che Tina stia al fianco di quella donna orribile. Cosa hai da dire in tua difesa?"
Michaels: "Alec, ti presento Sarah Palin"
Palin: "Piacere"
Baldwin: "Capisco. Perdonami ma devo dire...sei molto più figa di persona. Davvero, è incredibile che lascino che lei interpreti te"
Palin: "Grazie. E devo dire che tuo fratello Stephen è il mio preferito dei Baldwin"
Baldwin: "Sei un amore. Forza, facciamo un giro nello studio. Sai Lorne, ho presentato questo show quante volte?"
Michaels: "175 volte"

[Le immagini tornano alla conferenza stampa]

Fey-Palin: "Per rispondere alla domanda, non sono preoccupata dei polls. Sono solo un modo per predire sistematicamente quello che accadrà. Sono preoccupata solo per il Polo Nord, che si sta squagliando e non va bene"
[Baldwin entra e sussurra nell'orecchio della Fey]
Fey: "Cosa, quella vera? Ciaoo"
[La Fey esce e si fa sostituire dalla Palin]
Palin: "Allora, non risponderò a nessuna delle vostre domande, ma voglio cogliere l'opportunità per dire: Live from New York, it's Saturday Night!!!"

Successivamente, la Palin si è fatta coinvolgere nel "Sarah Palin rap", ballando con finti eschimesi e un imitatore di suo marito.

domenica 19 ottobre 2008

Breaking news: Colin Powell appoggia Obama

La notizia era nell'aria da quando l'ex Segretario di Stato del primo mandato di George W. Bush, Colin Powell, ha annunciato la propria partecipazione alla trasmissione domenicale "Meet the press". Le voci secondo cui Powell guardasse con simpatia maggiore verso Obama, pur essendo un Repubblicano, risalgono a maggio, ma ora Powell ha messo in chiaro la sua posizione facendo endorsement per il candidato Democratico.
Powell ha dichiarato che Obama è più adatto ad affrontare la situazione economica e a migliorare l'immagine dell'America nel mondo
"Penso che sia una figura di trasformazione, una nuova generazione che si fa strada sul palcoscenico americano e mondiale". Powell si è detto dispiaciuto nel dover prendere le distanze dal suo vecchio amico John McCain, ma ha criticato la campagna elettorale del Repubblicano specialmente per i toni presi nelle ultime settimane, dicendo che si è "spinto troppo in là", e ha commentato molto negativamente sia la sua risposta insicura alla crisi economica, sia la scelta di Sarah Palin come vice.
Powell è stato uno degli artefici dell'invasione in Iraq, ma è anche stato il primo esponente dell'amministrazione Bush a riconoscere che le informazioni sulle armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein erano false. Bush chiese le sue dimissioni e lo sostituì con Condoleeza Rice dopo la rielezione nel 2004.

Recensioni: "Contro tutti i nemici"


Contro tutti i nemici. Dentro la guerra americana al terrorismo
di Richard A. Clarke
Edizioni Longanesi (2004, 16 €) e Tea (2005, 8 €)

"Against all enemies", citazione di una frase del giuramento dei Presidenti degli Stati Uniti, è probabilmente il maggiore e più completo atto d'accusa esistente contro l'amministrazione Bush. Il fatto di essere uscito in concomitanza con il ben più noto (ma in definitiva anche meno efficace) film "Farenheit 9/11" di Michael Moore ha probabilmente contribuito a farlo passare in sordina, soprattutto in Europa ma anche in America
Eppure Richard A. Clarke non è un giornalista d'inchiesta o un regista politicamente impegnato. E' una delle massime - se non la massima - autorità americana riguardo la lotta al terrorismo. Ha servito nella sicurezza nazionale a stretto contatto con tre presidenti, George H.W Bush, Bill Clinton e George W. Bush. Con Clinton, Clarke è diventato lo "zar" dell'antiterrorismo, ovvero il capo del coordinamento antiterroristico del Consiglio di Sicurezza degli Usa.
Clarke può perciò spiegare con chiarezza e cognizione di causa come gli attentati dell'11 settembre 2001 affondino le radici nel passato, addirittura nel comportamento dell'amministrazione Reagan in Libano e durante la guerra tra Iran e Iraq.
Il libro è una carrellata delle politiche antiterrorismo dell'America sotto gli ultimi quattro presidenti: Reagan che a dispetto dell'apparente intransigenza autorizzò baratti con l'Iran, George Bush padre che non aveva una politica antiterrorismo e permise a Saddam Hussein di rimanere al suo posto, Bill Clinton che, a detta di Clarke, si adoperò al massimo contro il terrorismo ma si scontrò con la burocrazia dell'esercito e della CIA, e George Bush figlio che prima ha ignorato gli allarmi su Al Qaeda e poi ha intrapreso una campagna fallimentare di "guerra al terrorismo".
Clarke smentisce le voci secondo cui gli attacchi ordinati da Clinton contro l'Afghanistan avessero come scopo semplicemente distrarre l'opinione pubblica dal Sexgate, e quelle secondo cui gli Usa avrebbero rifiutato l'offerta dei talebani di consegnare Bin Laden. Clinton avrebbe invece intrapreso una lotta senza quartiere contro il terrorismo islamico dopo gli attentati al World Trade Center del 1993 e ben prima che i nomi di Bin Laden e Al Qaeda diventassero di dominio pubblico. Si era però dovuto arrendere di fronte all'atteggiamento della CIA e delle forze armate, che scoraggiarono ogni suo tentativo di arrivare alla neutralizzazione dello sceicco del terrore.
Clarke, che venne confermato al suo posto da Bush jr, racconta di aver provato inutilmente a convincere la nuova amministrazione - e in particolar modo Rumsfeld, Cheney e la Rice - dei rischi connessi ad Al Qaeda, senza ottenere ascolto, ad eccezione della proposta di attaccare l'Iraq ben prima degli attentati del 2001. Dopo l'11 settembre, Bush creò alcune strutture di facciata, come il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale, che non avevano nessun compito pratico ma arricchivano solo la burocrazia di Washington. A quel punto Clarke rimise il mandato dedicandosi ad avviare nuovi progetti per la sicurezza informatica, a suo avviso la prossima frontiera del terrorismo.