sabato 27 settembre 2008

Resoconto del dibattito in Mississippi / 2


Lehrer chiede ai due candidati "Pensate in grande, dite una cosa che vorreste fare una volta diventati presidenti". McCain propone di congelare la spesa pubblica, fatta eccezione per la difesa nazionale. Obama stavolta non perde l'occasione per criticarlo "Vorrebbe dire usare un'accetta laddove serve uno scalpello".
Obama torna all'attacco poco dopo, quando ricorda che McCain ha votato il 90% delle volte a favore delle proposte di Bush. "Venire qui dopo otto anni e dire che controllerai la spesa pubblica quando non hai mai fatto nulla del geenre è duro da digerire". McCain non ci sta e ricorda la sua fama di "ribelle", citando anche la scelta di Sarah Palin come vice.

Alla metà esatta del dibattito, si cambia argomento e si passa alla politica estera, terreno su cui McCain si trova più a suo agio mentre Obama è costretto sulla difensiva. McCain per la prima volta loda Bush affermando che dopo l'aumento delle truppe la situazione in Iraq è buona, mentre Obama sostiene che non si dovesse fare la guerra. McCain replica dicendo "Il prossimo presidente non avrà il problema di decidere se andare in Iraq, ma quando partire e cosa lasciare indietro", e accusa Obama di non essere andato in Iraq per 900 giorni,
Obama rivendica la propria opposizione all'aumento di truppe, ritenendolo solo una tattica designata per contenere i danni provocati dai disastrosi quattro anni precedenti. Accusa McCain di fingere che la guerra in Iraq sia iniziata nel 2007 e non nel 2003, quando McCain aveva detto che l'invasione sarebbe stata veloce e facile. Obama sfida McCain invitando il pubblico a giudicare chi dei due abbia mostrato maggiore capacità di giudizio, ma la sua frase suona troppo timorosa per essere convincente, quasi abbia paura di offendere l'avversario.
Il discorso passa poi all'Afghanistan e al Pakistan. Su quest'ultimo tema, Obama è d'accordo con Bush nel proporre azioni dentro i confini pakistani, mentre McCain ritiene dannoso operare senza la collaborazione del governo di Islamabad. Obama difende la guerra in Afghanistan, nel tentativo di dimostrare di non essere un pacifista ad oltranza, ma di essere pronto ad intraprendere azioni militari quando sono "giuste".
La fase successiva del dibattito è stagnante, si parla di argomenti più generali di politica estera: Obama cita en passant una pesante dichiarazione di McCain contro la Corea del Nord, ma non infierisce, McCain cerca di mettere in evidenza la scarsa competenza di Obama in politica estera.
Riguardo le trattative diplomatiche, McCain si dice disposto a parlare con tutti ma a delle condizioni, Obama invece ribadisce la sua posizione di voler incontrare chiunque e senza pre-condizioni, e trova una delle poche frasi ad effetto della serata "Non vuol dire invitarli a prendere il the". Dice di voler riallacciare i contatti con l'Iran e ricorda che anche Bush ha capito che è la strada giusta, mentre McCain no. Anzi, citando una controversa intervista in cui il Repubblicano criticava alcune nazioni che non avevano fornito appoggio agli Usa, accusa McCain di non voler avere contatti diplomatici neppure con la Spagna.
McCain dice che è prematuro ora fare l'elenco dei visitatori alla Casa Bianca, e accusa Obama di non capire quanto sia pericoloso concedere a dittatori come Ahmadinejiad di incontrarsi con il Presidente degli Usa.
Riguardo l'Iran, McCain appare sorprendentemente più moderato rispetto alle sue precedenti posizioni (quando aveva detto che una guerra in Iran sarebbe la migliore delle opzioni), mentre Obama afferma che l'Iran si sia rafforzato grazie alla guerra in Iraq, e che bisogna trattare con Teheran. McCain sposa la dottrina Bush di non trattare con gli stati canaglia, e Obama ricorda le dichiarazioni di esponenti di entrambi gli schieramenti, tra cui Henry Kissinger, che spingono per riallacciare le relazioni diplomatiche, una strategia che Bush ha sperimentato con successo con la Corea del Nord.
La frase di Kissinger diventa il flucro del dibattito, McCain accusa Obama di averla distorta (e Kissinger più tardi lo confermerà), Obama insiste sulla sua posizione.
Obama riconosce a McCain di essersi battuto contro l'uso della tortura, ma ritiene che l'amministrazione Bush, con l'appoggio di McCain, abbia perso di vista l'obiettivo primario di catturare bin Laden.
E' il momento degli appelli finali. McCain fa riferimento al proprio passato "So come guarire dalle ferite di guerra e come trattare con amici e avversari". Obama fa appello al cambiamento "Il prossimo presidente dovrà avere una visione strategica più ampia di quella degli ultimi otto anni". Alle 10.40 il dibattito si conclude.

Per tutto il dibattito, McCain non ha guardato Obama nè si è rivolto a lui direttamente pur interrompendolo più volte. Obama invece si è spesso rivolto al rivale chiamandolo per nome, e ogni volta che è stato interrotto ha ripreso la parola.
Secondo il sondaggio della CNN condotto immediatamente dopo il dibattito, il 51% di chi ha seguito il dibattito ritiene che Obama sia andato meglio, mentre il 38% ritiene che abbia vinto McCain.
Per la CBS, il 39% ha preferito Obama, il 24% ha preferito McCain e il 37% ha ritenuto che il dibattito sia finito in pareggio.

Resoconto del dibattito in Mississippi / 1

Se si fosse trattato di una partita di calcio, sarebbe stato il pareggio a reti bianche tra due squadre attente a non scoprirsi troppo più che a colpire l'avversario.
Sia McCain che Obama hanno preferito non rischiare di fare gaffe, e secondo tutti i commentatori il dibattito si è concluso con un pareggio, anche se i sondaggi istantanei condotti subito dopo la conclusione riportano che per il pubblico Obama è risultato vincitore.

Il dibattito è iniziato subito con una domanda sulla politica economica, nonostante alla vigilia fosse la politica estera l'argomento previsto per l'esordio. "Qual è la vostra posizione sul piano finanziario di Bush?" ha chiesto il moderatore.
Obama dice di voler tutelare l'americano medio in difficoltà, e poi spiega in cosa consiste il piano pur senza dire chiaramente cosa ne pensa.
McCain prima di rispondere rivolge un pensiero a Ted Kennedy, ricoverato in ospedale per una crisi. Poi parla del piano finanziario e prova a dare l'impressione di aver convinto i Repubblicani alla Camera a sedersi al tavolo delle trattative. Fa una battuta sul fatto di essere "nel giro" da parecchio tempo. Anche lui però non esprime un giudizio sul piano.
Il moderatore Lehrer allora ripete la domanda. Obama e McCain si mostrano fiduciosi su un accordo bipartisan e sperano di poter votare per il piano. Lehrer cerca di ravvivare il dibattito invitando Obama a rivolgersi direttamente a McCain. McCain replica con una battuta "Hai paura che non riesca a sentirlo?".

Lehrer rimane sull'argomento economico, chiedendo quali siano le principali differenze tra i due programmi. McCain prende la palla al balzo parlando della sua volontà di tagliare drasticamente le spese federali, uno dei suoi cavalli di battaglia, e accusa Obama di aver chiesto 932 milioni di $ in stanziamenti.
Obama sostiene di aver smesso di chiedere stanziamenti perchè il Congresso ha abusato di quello strumento, e accusa McCain di voler tagliare le tasse per 300 miliardi ai più ricchi.
McCain accusa Obama di voler aumentare le tasse, Obama accusa McCain di non avere un piano per salvare il ceto medio.
Obama e McCain discutono poi sulla definizione di "ricco", e Obama ribadisce di voler tagliare le tasse per il 95% della popolazione. McCain appare per la prima volta in difficoltà, dice che Obama ha votato aumenti di tasse per il ceto medio, ma Obama smentisce.
Si torna a parlare del piano di Bush, e di cosa si dovrebbe cambiare nelle politiche economiche se il Congresso approverà la legge che prevede di spendere 700 miliardi di $ per salvare i colossi finanziari. Obama fa una lista delle cose che vanno bene, ma non dice cosa taglierebbe. McCain ribadisce di voler tagliare le spese, soprattutto nelle agenzia federali.
Obama parla anche della necessità degli Usa di riprendere la leadership nello spazio, citando il fatto che la Cina sta per lanciare un suo piano spaziale.

venerdì 26 settembre 2008

Tutto pronto per il primo dibattito, ma si farà?

Update delle 17.30. Il dibattito si farà, la campagna di John McCain ha diramato un comunicato in cui si annuncia la ripresa di tutte le attività elettorali "Il Senatore è ottmista sul fatto che ci sia stato un significativo passo avanti verso un accordo bipartisan al Congresso".


Tutto procede come previsto nei preparativi del dibattito presidenziale previsto per stasera in Mississippi. La richiesta di McCain di rinviarlo per dedicarsi alla soluzione della crisi economica non solo non ha trovato d'accordo Obama, ma ha anche provocato un nuovo calo del Repubblicano nei sondaggi. Come se non bastasse, McCain è anche stato schernito in diretta da David Letterman: il Senatore avrebbe dovuto partecipare al Late Show ma ha dato forfait dicendo di dover partire per Washington, salvo poi recarsi nello studio accanto per registrare un'intervista con Katie Couric (ecco il video).
McCain ha però detto che parteciperà al dibattito solo se prima il Congresso troverà una soluzione condivisa al salvataggio dei colossi finanziari. Anche se questa soluzione sembra arrivata, è difficile dire se sarà approvata in tempo per il dibattito.
McCain si è recato a Washington nel pomeriggio di ieri, quando ormai i leader del Congresso avevano annunciato una soluzione di compromesso sulla materia in esame. In precedenza il Governatore del Mississippi - Repubblicano - aveva detto ai reporter di aspettarsi un regolare svolgimento del dibattito.
I consiglieri di Obama sono comunque sicuri che McCain alla fine si presenterà "Non può far passare il messaggio che un presidente non è capace di fare due cose insieme" ha detto Robert Gibbs, consigliere del Senatore Democratico.

Il primo dibattito presidenziale è tradizionalmente un momento fondamentale in una campagna elettorale, tantopiù quando il distacco tra i due candidati è così minimo. E anche se sono previsti altri due dibattiti, più uno per i vicepresidenti, è sempre il primo quello che fa la differenza. Nel 1960 John Kennedy conquistò i consensi necessari per superare Nixon grazie ad un dibattito in cui apparve estremamente curato e truccato mentre il rivale era pallido e trasandato. Anche se nei dibattiti successivi Nixon risultò più convincente, il danno era ormai irreparabile.

Il dibattito si terrà nell'Università del Mississippi, durerà 90 minuti e inizierà alle 9 di sera, fuso orario dell'Est (le 3 di notte in Italia).

giovedì 25 settembre 2008

McCain vuole rimandare il dibattito, Obama dice di no

Con una mossa a sorpresa, John McCain ha proposto di rinviare il primo dibattito presidenziale - previsto per domani in Mississippi - a causa della crisi economica e della riunione del Congresso chiamato a decidere sulla legge che dovrebbe salvare dal fallimento i colossi finanziari americani.
McCain ha sospeso la propria campagna elettorale annunciando di voler tornare a Washington per affrontare al meglio la crisi che sta attraversando l'economia statunitense. Scopo sichiarato del Senatore dell'Arizona è quello di riuscire a mediare tra le varie posizioni in campo di modo da arrivare ad una soluzione condivisa sulla proposta di salvataggio avanzata dal Tesoro e tuttora al centro delle polemiche. McCain e Obama si sono sentiti mercoledì mattina per impegnarsi reciprocamente nel trovare una soluzione bipartisan. Dopo questo colloquio, McCain ha avanzato l'ipotesi di rinviare il dibattito, una mossa che secondo molti è dovuta alle difficoltà che il Repubblicano sta affrontando dal momento in cui l'economia è tornata al centro dell'attenzione degli elettori, e Obama è tornato in testa ai sondaggi.
McCain ha anche invitato il Presidente Bush a incontrarsi con i leader delle due Camere e con i due candidati presidenziali.

Obama si è detto d'accordo con l'impegno per trovare una soluzione bipartisan alla crisi, ma non sull'ipotesi di rinviare il dibattito. "Se la mia presenza al Congresso sarà d'aiuto per trovare una soluzione, sono pronto ad essere lì in qualsiasi momento. Tuttavia credo sia importante non portare le politiche presidenziali all'interno del Campidoglio". E a proposito del dibattito ha lanciato una stoccata al rivale "I Presidenti devono essere in grado di occuparsi di più cose nello stesso momento. Non dobbiamo pensare di poter fare una sola cosa e sospendere tutte le altre".
Tuttavia Obama non è entrato nel merito della proposta di McCain di rinviare il dibattito, anche perchè è evidente che se McCain decidesse di portare avanti il suo proposito, non presentandosi in Mississippi, il dibattito salterebbe comunque.

La proposta che dovrà essere discussa dal Congresso è quella di un piano di salvataggio di 700 milioni di dollari, proposta che ha incontrato lo scetticismo tanto dei Democratici che dei Repubblicani. Obama e McCain hanno entrambi dichiarato di essere favorevoli all'idea di salvare i giganti finanziari - e soprattutto i mutui e le assicurazioni degli americani - ma che il piano deve subire dei radicali cambiamenti in modo da fornire maggiori garanzie sull'esborso che verrà fatto dal governo federale.
Intanto in giornata, George Bush si incontrerà con John McCain e Barack Obama.

mercoledì 24 settembre 2008

Sondaggi: la situazione dei Grandi elettori /6



Aumenta l'indecisione degli americani, mentre mancano pochi giorni al primo dibattito presidenziale - il 26 settembre - che che dovrebbe stabilire una tendenza più chiara riguardo il front-runner.
In quasi tutti i sondaggi a livello nazionale, Obama ha riconquistato la leadership sia pure con un margine esiguo. Il tracking quotidiano di Gallup vede Obama con quattro punti di vantaggio su McCain, 48 a 44, anche se entrambi i candidati sono dati in calo. Il tracker quotidiano di Rasmussen vede i due candidati appaiati al 48%, mentre il tracker della CNN vede Obama al 49% contro il 44% di John McCain, così come anche CBS e New York Times.
Il risultato più clamoroso è però quello del sondaggio ABC/Washington Post uscito oggi, e che vede Obama al 52% contro il 43% di McCain.

Per quanto riguarda invece la situazione stato per stato, rispetto alla settimana scorsa Pollster.com vede in calo entrambi i candidati, anche se il Democratico perde 9 Grandi elettori mentre il Repubblicano ne perde 16.
Le cattive notizie per Obama vengono principalmente dalla Pennsylvania, uno stato che sembrava saldamente in mano ai Democratici - di cui è una roccaforte - e che invece sembra tornato in ballo: nello stato (21 Grandi elettori) Obama ha un vantaggio medio di quasi 3 punti, ma con un trend negativo. L'ultimo sondaggio di Fox e Rasmussen dà Obama al 48% e McCain al 45%, con un 5% di indecisi. Big Ten vede invece i due candidati appaiati al 45%.
Le cose non vanno meglio in Ohio (20 Grandi elettori), dove McCain continua a recuperare punti: la Fox lo dà in testa di 4 punti, ma Big Ten e CNN vedono invece Obama ancora in leggero vantaggio.
In compenso il Michigan (17 Grandi elettori), altro stato chiave di queste elezioni, dopo aver visto un recupero di McCain sembra essersi stabilizzato e nell'ultimo sondaggio Fox e Rasmussen Obama ha ben sette punti di vantaggio.
Buone notizie per il Democratico anche dal New Mexico (5 Grandi elettori), in cui ha oltre sei punti di vantaggio in media, unico stato del Sud in cui è attualmente in testa.
Obama inoltre rafforza la leadership in Iowa e sembra rompere l'equilibrio a proprio favore in Minnesota.
McCain conferma il proprio dominio nel MidWest e nel Sud, anche se a sorpresa sembra tornare in ballo la Florida, che pur confermando una tendenza generale a favore del Repubblicano, vede accorciarsi il distacco tra i due candidati: la media di RealClearPolitics è di 2 punti in favore di McCain, ma un recente sondaggio di NBC e Mason Dixon dà in testa Obama.
La Virginia (13 Grandi elettori) è al momento lo stato dall'esito più incerto: i due candidati sono praticamente alla pari in tutti i sondaggi.
La mappa elettorale del New York Times fotografa una situazione molto simile, con Obama a 238 voti e McCain a 227, e 73 ancora da assegnare.
La mappa della CNN come al solito vede un maggior numero di voti da assegnare, 115, e dà a Obama 23 Grandi elettori di vantaggio.

martedì 23 settembre 2008

McCain e Obama cercano una soluzione per la crisi finanziaria

La crisi di Wall Street e la rinnovata attenzione degli elettori verso i temi economici costringe i due candidati ad aggiustare il tiro dei rispettivi programmi per attirare gli elettori coinvolti e preoccupati dalla situazione. Un compito tutt'altro che facile, perchè se da un lato il salvataggio di colossi come Fannie Mae, Freddie Mac e AIG da parte della Federal Reserve (e quindi con i soldi degli americani) è servita a tutelare tutti coloro che avevano stipulato mutui o assicurazioni sanitarie con questi istituti, dall'altro ha tolto dalle casse dello stato molti milioni di dollari causando la reazione negativa dell'opinione pubblica, che sente di dover pagare di tasca propria per le cattive mosse degli speculatori di Wall Street, che resteranno impuniti.
Il rinnovato interesse per l'economia ha portato Obama a recuperare diversi punti nei sondaggi, tornando in testa nella maggior parte delle analisi di questa settimana, confermando la debolezza di McCain nel settore economico. Tuttavia Obama ora è chiamato a dare indicazioni precise su cosa ha intenzione di fare, in caso venisse eletto, per affrontare la crisi. Finora il Democratico ha soprattutto messo in evidenza le responsabilità del caso "Essere arrivati a un punto in cui la Federal Reserve ha dovuto prendere l'inedita decisione di salvare AIG è il verdetto finale sul fallimento della filosofia economica degli ultimi 8 anni. Non conosciamo ancora i termini di questo salvataggio, ma la Fed deve assicurarci che questo piano tuteli le famiglie assicurate".
Joe Biden nei giorni precedenti si era dichiarato contrario all'ipotesi di salvataggio di AIG da parte del governo federale, ma una volta che la Fed ha fatto questo passo il candidato Democratico alla vicepresidenza non ha commentato perferendo aspettare i dettagli dell'accordo. Ha però detto, senza riferirsi al caso specifico "Se si salva un'azienda, si le si dà un'opportunità, allora quest'azienda deve aprire tutti i libri contabili".
Sia McCain che la Palin si sono detti contrari al salvataggio di AIG, ma nessuno dei due ha rilasciato un giudizio preciso "La decisione della Fed è comprensibile ma molto deludente, perchè i contribuenti sono di nuovo chiamati a pagare di tasca propria per una banca" ha detto la Palin.
"Non volevo che si facesse, penso che nessuno che conosco l'avrebbe voluto, ma c'erano letteralmente milioni di persone che rischiavano di perdere investimenti, pensioni e assicurazioni" ha detto McCain.
McCain ha parlato della necessità di stabilire nuove regole nel mercato finanziario, dicendo di voler licenziare i vertici delle autorità di controllo sulla bors. "Dobbiamo combattere gli interessi speciali. Dobbiamo combattere la corruzione a Washington, e l'avidità e l'irresponsabilità di Wall Street".
Obama ha duramente attaccato questa posizione, accusando McCain di essere passato in poche ore dalla proposta di "deregulation" ad una di regole più ferree, e ha ricordato come McCain, in 26 anni di Congresso, non si sia mai impegnato sul tema dei controlli. In uno spot in cui parla direttamente agli elettori per 2 minuti, Obama ha detto "Nelle ultime settimane, Wall Street è stata sconvolta da fallimenti di banche e dal crollo dei mercati. Ma per molti di voi, le persone che ho incontrato in giro per le città, il fatto che l'economia sia nei guai non è una novità. Gli stipendi sono fermi e il valore delle case è in picchiata. E' sempre più difficile pagare per i carburanti e per i generi alimentari".
Obama ha anche denunciato l'aumento dei costi per l'assicurazione sanitaria, ribadendo la sua proposta di tagliare le tasse alle coppie che lavorano, di ridurre la dipendenza dal petrolio estero e di concludere la guerra in Iraq e i relativi costi.

Secondo un sondaggio di Gallup, l'economia è la preoccupazione principale per il 42% degli americani, mentre gli altri temi come l'Iraq o l'energia sono visti come prioritari dal 13% degli elettori. Obama è sempre visto coem il più affidabile in tema economico, anche se rispetto ad agosto McCain ha decisamente accorciato il distacco.

lunedì 22 settembre 2008

Attentato in Pakistan: le reazioni dei candidati

Il bilancio dell'attentato all'hotel Marriot di Islamabad è fermo a circa 60 morti (con oltre 260 ferito), ma tra le macerie di quello che era l'albergo preferito dagli occidentali si scava ancora. L’attentato è stato portato a segno da un kamikaze a bordo di un camion imbottito di esplosivo: almeno 500 chilogrammi, secondo le prime ricostruzioni. Pochi dubbi sul fatto che dietro l'attacco ci sia la mano di Al Qaeda. "E' stato l'11 settembre del Pakistan" ha detto il ministro della Giustizia Farook Naek.
In un messaggio video risalente proprio alla scorsa settimana, Al Zawahiri, numero due di Osama Bin Laden, oltre a minacciare l'Occidente e gli Stati Uniti, si era scagliato anche contro i paesi alleati degli Usa come il Pakistan. Il Pakistan ha da poco vissuto un passaggio di consegne ai vertici del governo: il generale Musharraff è stato sostituito da Asif Ali Zardari, che ha dichiarato di voler proseguire e potenziare la lotta al terrorismo islamico, al fianco degli USA.

L'attentato ha avuto ovvie ripercussioni sull'opinione pubblica americana, provocando la condanna decisa da parte di entrambi i candidati.
Il comunicato di McCain: "L'attacco al Marriott Hotel di Islamabad è un oltraggioso atto di violenza. Cindy ed io esprimiamo il nostro più profondo dolore per le vite perdute, e le nostre preghiere vanno a coloro che sono rimasti feriti o uccisi nell'attentato.
Questo attacco deve servire a rendere più decisa la reazione degli americani così come dei pakistani contro quei gruppi terroristici che vogliono la nostra distruzione. Anche se nessuna organizzazione ha rivendicato questo atto, è risaputo che il Pakistan fronteggia una duratura minaccia da parte dell'estremismo islamico. Dobbiamo lavorare con il governo eletto del Pakistan per trovare i responsabili, processarli e annientare le loro possibilità di minacciare noi e i nostri alleati in futuro. Serve anche come ulteriore dimostrazione del fatto che il nostro prossimo Presidente dovrà lavorare a stretto contatto con i nostri alleati per contrastare il pericolo portato dall'Islam radicale".
E questa è la dichiarazione di Obama: "Condanno duramente il tragico attacco terrorista in Pakistan, e i miei pensieri e le mie preghiere vanno alle vittime e alle loro famiglie.
Questo attacco dimostra la grave e incombente minaccia che Al Qaeda e i suoi affiliati rappresentano per gli USA, il Pakistan e per la sicurezza di tutte le nazioni. Come dimostra anche l'attacco alla nostra ambasciata in Yemen avvenuto all'inizio della settimana, dopo sette anni dall'11 settembre la minaccia terroristica non ha confini, e i terroristi minacciano civili innocenti di tutte le religioni e le regioni. Ora è il momento di concentrare i nostri sforzi per sconfiggeer Al Qaeda e mettere al sicuro gli americani.
Questo attacco ci ricorda inoltre che i pakistani hanno sofferto molto a causa dal terrorismo, e sono minacciati dall'estremismo violento che opera nel loro territorio. Dobbiamo formare una profonda e duratura alleanza con il Pakistan, e con le nazioni di tutto il mondo, per sradicare e distruggere Al Qaeda e i suoi affiliati. Gli USA devono guidare un impegno globale per prevalere contro Al Qaeda e la sua ideologia di odio".

domenica 21 settembre 2008

Le elezioni che hanno fatto storia: 2000

Il secondo mandato presidenziale di Bill Clinton, pur confermando i successi in economia e in politica estera, fu irrimediabilmente segnato dallo scandalo SexGate e dal tentativo di impeachment del Presidente, i cui consensi alla vigilia delle elezioni erano al suo minimo. In mancanza di crisi politiche o economiche da affrontare, la campagna elettorale venne quindi segnata da una "questione morale" che permise ai Repubblicani di rimettersi in corsa.


Numerosi esponenti Democratici testarono la possibilità di presentarsi alle primarie - tra loro Dick Gephardt, Bob Kerrey e l'attore Warren Beatty - ma quando il vice presidente in carica Al Gore annunciò la sua candidatura tutti gli altri grandi nomi decisero di farsi da parte. Rimase in corsa solo l'ex giocatore di basket ed ex Senatore del New Jersey Bill Bradley, esponente dell'ala più di sinistra del partito.
Gore, come vicepresidente in carica, poteva contare su una forte base elettorale e su un enorme ritorno di immagine, mentre Bradley, pur potendo contare su alcuni endorsement illustri, non aveva un largo consenso. Gore sconfisse nettamente Bradley in tutte le primarie (il distacco minore fu di quattro punti in New Hampshire), e alla convention ricevette la nomination con votazione unanime. Gore scelse come vice il Senatore del Connecticut Joe Lieberman, primo ebreo a essere scelto per quel ruolo. Lieberman si era contraddistinto come un acceso critico della condotta di Clinton, e segnava la volontà di Gore di prendere le distanze dal Presidente in carica.


In casa Repubblicana le primarie furono un po' più combattute, ma fin dall'inizio il front-runner fu George W. Bush, perchè aveva raccolto fondi senza precedenti, aveva una forte base elettorale in quanto Governatore del Texas, ed era il figlio di un ex Presidente. Gli sfidanti furono molti, ma la maggior parte di essi si ritirò per mancanza di fondi dopo i caucus dell'Iowa: tra loro l'ex vice presidente Dan Quayle e la moglie dell'ex candidato alla presidenza Bob Dole, Elizabeth. Rimasero in partita il Senatore John McCain, l'editore Steve Forbes e il diplomatico afroamericano Alan Keyes.
Questi ultimi si ritirarono dopo le prime due primarie, lasciando McCain come unico sfidante di Bush. McCain si presentava come il candidato dei Repubblicani moderati e degli indipendenti, contro Bush che era il candidato dell'establishment e della destra religiosa. In New Hampshire McCain superò Bush per 49 a 30, ma in South Carolina Bush vinse con grande distacco. In questa fase si consumò la parte più aspra delle primarie: dalla campagna di Bush partì la voce che la bambina del Bangladesh adottata dai McCain fosse in realtà figlia illegittima del Senatore. Inoltre McCain fu penalizzato dal fatto che per la prima volta le primarie del South Carolina furono chiuse agli indipendenti.
La sconfitta segnò una svolta per la campagna di Bush. McCain rimase in corsa fino al Super Tuesday, dopodichè si ritirò.
Dopo aver vinto in Texas e nalla Florida governata da suo fratello Jeb, Bush conquistò ufficialmente la nomination. Prima della convention incaricò l'ex Segretario alla Difesa Dick Cheney di selezionale il candidato alla vicepresidenza. Dopo aver preso in considerazione Tom Ridge, Colin Powell, Chuck Hagel e lo stesso John McCain, Cheney decise di presentare se stesso come vicepresidente, e Bush accettò.
Poichè la Costituzione degli USA proibisce ai Grandi Elettori di votare due candidati dello stesso stato, il texano Cheney fu costretto a prendere la residenza in Wyoming.

Alle presidenziali si candidarono tra gli altri anche il giornalista conservatore ed ex consigliere di Nixon Pat Buchanan per il Reform Party, e l'attivista ambientalista Ralph Nader per i Verdi.


Buona parte della campagna elettorale fu condotta su temi morali, ma Bush attaccò anche la politica estera dell'amministrazione Clinton, contestando in particolar modo l'utilizzo dei militari in Somalia e nei Balcani per compiti di "ricostruzione". Paradossalmente, visto quello che sarebbe accaduto negli anni successivi, in questa fase Gore appariva come il più agguerrito in politica estera mentre Bush era il candidato maggiormente interessato alla politica interna.
Gore difese le scelte di Clinton in politica estera, ma prese drasticamente le distanze dal Presidente per non essere accostato ai suoi scandali sessuali. PPer scelta del candidato, Clinton praticamente non partecipò alla campagna di Gore - come anche Hillary - e in molti addebitarono a questa decisione la sconfitta di Gore in alcuni stati che Clinton aveva vinto.
Ralph Nader condusse una campagna fatta di grandi comizi pubblici, e accusando Bush e Gore di avere in fondo lo stesso programma. Gore inizialmente ignorò Nader, ma nelle ultime settimane di campagna fece appello ai potenziali elettori dei Verdi sottolineando i punti in comune nei loro programmi. I Repubblicani condussero una campagna pro-Nader nella speranza di togliere a Gore i voti "liberal". Dopo le elezioni, in molti notarono che i voti tolti a Gore da Nader in alcuni stati chiave avrebbero potuto cambiare l'esito elettorale.

Le elezioni si tennero il 7 novembre 2000. Bush vinse con ampio distacco in tutti gli stati del Sud, in Indiana e nell'Ohio che in precedenza era dei Democratici. Gore vinse in tutto il Nord Est con la sola eccezione del New Hampshire, ma perse in Tennessee, il suo stato di origine.
In Florida i due candidati erano praticamente pari, e quando terminarono gli scrutini negli altri stati senza che nessuno dei due avesse raggiunto il 270 voti elettorali necessari per l'elezione, fu chiaro che da quello stato sarebbe dipeso l'esito del voto.
Gli exit poll diedero Gore vincitore, ma nel conteggio Bush si trovò in vantaggio di poche migliaia di voti, vantaggio che poi fu nuovamente annullato da un rimonta di Gore, in una notte di scrutini. Gore, che in un primo momento aveva telefonato a Bush concedendogli la vittoria, ritirò la concessione chiedendo un riconteggio manuale di tutti i voti della Florida.
Il giorno dopo, lo scrutinio terminò con Bush vincitore per soli 500 voti, abbastanza per un riconteggio. La diatriba divenne legale e si trascinò per settimane. A dicembre la Corte Suprema Usa stabilì che il piano di riconteggio della Corte Suprema della Florida era incostituzionale, permettendo così allo stato di certificare il risultato dei conteggi. La Florida così certificò il risultato che vedeva Bush vincitore per 500 voti, tra mille polemiche perchè il fatto che il Governatore dello stato fosse Jeb Bush fece pensare a possibili manipolazioni del voto.
A gennaio 2001 molti rappresentanti Democratici presentarono obiezioni al voto in Florida, ma perchè venissero approvate era necessario che fossero appoggiate anche da almeno un Senatore. Nessun Senatore lo fece, e Al Gore, ancora Presidente del Senato, rigettò tutte le obiezioni.
Il risultato finale vide quindi Bush conquistare 30 stati e 271 voti elettorali, solo 1 più del quorum, contro i 20 stati più DC e i 266 voti di Gore, che però conquistò la maggioranza nel voto popolare, con 500.000 voti in più di Bush. Per la quarta volta nella sua storia, un candidato arrivò alla presidenza senza aver ottenuto nemmeno la maggioranza relativa dei voti.