sabato 20 settembre 2008

Buone e cattive opzioni per risollevare Obama

di Mark Halperin (TIME)

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Ma quali sono le buone e quali le cattive?

- Sfidare McCain in un dibattito pubblico il prima possibile, scegliendo un formato che permetta ai due di parlare faccia a faccia di educazione sessuale, preparazione al comando, servizi alla comunità, la definizione di tono negativo, e infine di cose serie.

- Produrre alcuni spot di attacco contro McCain, che siano duri ma veri.

- Produrre alcuni spot di attacco contro McCain, che siano duri e "veri" quanto quelli prodotti da McCain contro Obama ultimamente.

- Smettere di parlare di Sarah Palin.

- Incaricare una (eccellente) persona di decidere il messaggio che si vuole comunicare, e non un team di molte (eccellenti) persone.

- Escogitare eventi che facciano notizie e puntino l'attenzione sull'economia e il sistema sanitario.

- Convincersi che è impossibile che un ultrasettantenne con due decenni si servizio in Senato possa appropriarsi con successo del messaggio di cambiamento a due mesi dall'Election Day.

- Continuare a produrre spot sugli argomenti standard.

- Avere fede nella frase "La verità trionfa".

- Continuare ad attaccare Sarah Palin.

- Non nominare mai più Sarah Palin.

- Presumere che il manager della campagna di McCain Steve Schmidt non dia ascolto a quello che NY Times, AP o factcheck.org dicono a proposito delle sue tattiche.

- Aspettare i dibattiti presidenziali per cambiare lo scenario.

- Confidare che gli americani siano abbastanza intelligenti da non permettere che un'altra elezione verà decisa da questioni come la bandiera, la moralità, la fedeltà e la storia antica.

- Confidare che gli Americani stiano seguendo la campagna elettorale con la stessa attenzione degli analisti politici, e che decidano il loro voto di conseguenza.

- Confidare che gli Americani già da ora siano a conoscenza delle biografie, delle convinzioni, della situazione finanziaria, delle famiglie e delle idiosincrasie dei quattro protagonisti.

- Dimenticare che Hillary Clinton è stata vincolata a certe tattiche e strategie a cui i Repubblicani non si sentono costretti.

- Confidare che i Repubblicani non attaccheranno Obama su argomenti usati in passato contro candidati afro-americani, come il crimine, la droga e la general diffidenza.

- Immaginare che la partita non sia effettivamente cambiata da agosto.

venerdì 19 settembre 2008

Profili: Joe Biden

Joseph Robinette "Joe" Biden Jr.
L'immagine “http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/0/0d/Joe_Biden%2C_official_photo_portrait_2-cropped.jpg/225px-Joe_Biden%2C_official_photo_portrait_2-cropped.jpg” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori.
Candidato Democratico alla vice presidenza
Età: 65 anni
Professione: avvocato, Senatore senior del Delaware dal 1973, Presidente della commissione Esteri del Senato dal 2001 al 2003 e dal 2007 in poi
Religione: cattolica

Dopo aver provato per due volte a candidarsi alle primarie, Joe Biden ha per la prima volta l'opportunità di arrivare alla Casa Bianca, come n° 2 del ticket Democratico.
Biden è uno dei politici di più lungo corso nel partito dell'asinello, ma non ha mai ricoperto ruolo nelle amministrazioni.
Presentatosi alle primarie di quest'anno, nonostante la sua lunga carriera ha proclamato sin da subito che il cambiamento doveva essere il punto centrale di queste elezioni, assieme alla necessità di superare le divisioni di partito (come dimostra anche questo video tratto da un dibattito di Biden con la Clinton, Richardson, Dodd ed Edwards).

Nato da una famiglia benestante della Pennsylvania, a 10 anni la sua famiglia si trasferì in un sobborgo del Delaware a seguito di un tracollo finanziario. Biden si è laureato all'Università di Newark in scienza politica e storia, ed ha poi frequentato la scuola di legge. Nel 1966 sposò la sua fidanzata del liceo, Neilia, da cui ebbe tre figli: Beau (che oggi è procuratore generale del Delaware), Robert e Naomi.
Nel 1972, poche settimane dopo la sua prima elezione al Senato, la moglie e la figlia di Biden morirono in un incidente stradale e anche gli altri due figli rimasero feriti. Biden, dopo essere stato convinto a non dimettersi, divenne pendolare tra Washington e Wilmington per poter accudire i due figli. Nel 1977 sposò in seconde nozze Jill Tracy Jacobs da cui ebbe una figlia, Ashley.
Il figlio, Beau Biden, partità per l'Iraq a ottobre, all'interno del suo distaccamento del tribunale militare della Guardia Nazionale (il JAG) . Il padre ha detto "Non voglio che vada, ma sarebbe ancora peggio se ci dovessero andare i miei nipoti tra venti o trenta anni". Biden ha votato a favore dell'intervento in iraq nel 2003, salvo poi diventare uno dei più accesi critici della condotta dell'amministrazione Bush.

Biden annunciò la sua candidatura alle primarie democratiche del 1988, e dopo il ritiro forzato di Gary Hart a seguito di uno scandalo sessuale, divenne il favorito. Ma a settembre del 1987 Biden fu accusato di aver plagiato un discorso dell'allora leader laburista inglese Neil McKinnock. In realtà Biden aveva citato più volte quel discorso ricordandone la fonte, tranne che in un'occasione, che fu ripresa in video e diffusa - come si seppe dopo - dalla campagna di Michael Dukakis. Biden fu anche accusato di aver plagiato un articolo mentre era al primo anno della scuola di legge. Biden si difese, ma a settembre decise di ritirare la sua candidatura. Pochi mesi dopo, a febbraio del 1988, Biden fu colpito da un doppio aneurisma cerebrale, da cui si riprese dopo sette mesi di degenza in ospedale.
Negli anni '90, durante la presidenza Clinton, Biden si impegnò in una campagna per porre fine alla guerra nella ex Jugoslavia, influenzando la politica del presidente. Durante uno dei suoi numerosi viaggi nella regione, coniò la definizione di "criminale di guerra" riferito a Slobodan Milosevic. Insistette per varare inchieste sui crimini di guerra e per aiutare i musulmani bosniaci a difendersi.

Nel 2007 ha annunciato la sua decisione di candidarsi alle primarie, sostenendo di poter attrarre anche i voti dei Repubblicani. Preparandosi ad una futura campagna presidenziale contro Rudy Giuliani, Biden disse dell'ex sindaco di New York "In una frase sa dire solo tre cose: un nome, un verbo e 11 settembre".
Ha criticato aspramente tutti gli altri candidati, ha attaccato Obama per la sua mancanza di esperienza ma ha anche avuto per lui parole di stima. In una delle sue ultime gaffe, ha detto "Obama è un caso unico di leader afro-americano in grado di esprimersi in maniera chiara e articolata", frase che voleva essere un complimento ma che gli è costata ovviamente molte critiche. Un altro esempio di tipica gaffe di Biden "Non puoi entrare in un supermercato o in negozio di dolciumi se non hai un accento indiano".
Si è ritirato dalle primarie dopo aver conquistato appena l'1% nei caucus dell'Iowa e dopo breve tempo ha fatto endorsement per Obama.

Posizioni politiche
Biden è un Democratico di tendenze moderate ma che ha, nel computo dei suoi voti al Senato, un alto ranking di posizioni liberal.

  • Politica economica: Biden si oppone alla politica fiscale dell'amministrazione Bush e propone di annullare i tagli alle tasse per gli americani che guadagnano più di un milione di dollari all'anno e destinare il ricavato a fondi per la sicurezza interna e rafforzare le difese contro il terrorismo.
    Biden sostiene forme di sostegno per le corporazioni che non si affidano all'outsourcing. Si oppone alla privatizzazione del sistema sanitario e appoggia la proposta di allargare a tutti la copertura sanitaria. Porpone di normalizzare i rapporti economici con Cina, Vietnam e paesi del Sud America.

  • Politica interna: ha votato una legge che aumenta il numero di reati gravi per cui è prevista la pena capitale, ma ha anche votato per limitare l'uso della pena di morte. Ha personalmente scritto e fatto approvare una legge che inasprisce le pene e potenzia le indagini per i crimini contro le donne.
    Sostiene un programma governativo per trovare fonti alternative di energia e si oppone al programma di ricerca di petrolio nell'Artico. Sostiene la necessità di obbligare Brasile, Cina, India e Messico a ridurre le emissioni di gas.
    E' contrario al possesso personale di armi a scopo di difesa e vorrebbe vietarlo.
    Per quanto riguarda l'immigrazione, propone permessi di lavoro temporanei ed è favorevole alla costruzione di muri lungo le frontiere per impedire l'ingresso di clandestini e di droga. Tuttavia è favorevole ad estendere la copertura sanitaria ai clandestini e vorrebbe facilitare l'iter per ottenere la cittadinanza americana.
    Biden ha sostenuto il Patriot Act di Bush ma ha votato per limitare l'uso di intercettazioni telefoniche e si è battuto contro la violazione dei diritti umani a Guantanamo.

  • Politica estera: Biden ha votato a favore delle guerre in Afghanistan e Iraq ma ha poi detto che è stato un errore, dando la colpa all'incapacità dell'amministrazione Bush. Sostiene un piano in cinque punti per il ritiro dall'Iraq, che prevede prima del ritiro vero e proprio un processo di federalizzazione del paese per separare Curdi, Sciiti e Sunniti, garantendo a questi ultimi (che non hanno diritti di sfruttamento sul petrolio) una percentuale degli introiti statali.
    Biden sostiene la necessità di inviare truppe in Sudan per fermare il genocidio, ed è contrario al piano americano che prevede di combattere l'Aids solo promuovendo l'astinenza.
    Biden è un sostenitore di Israele ma approva la proposta di formare due stati indipendenti.
    E' a favore di soluzioni diplomatiche per risolvere le crisi con Iran e Nord Corea. Ha sostenuto l'embargo contro Cuba ma propone di attivarsi per incentivare la democratizzazione dell'isola ora che Fidel Castro non è più al potere.

  • Questioni etiche: Biden, cattolico praticante, sostiene che il governo centrale non deve intervenire nelle decisioni di chi vuole abortire, nè in un senso nè nell'altro, ed è pro-choice. Ha comunque votato a favore del divieto di aborto nel caso di feti parzialmente nati.
    E' favorevole alle unioni civili tra persone dello stesso sesso ma non al matrimonio. E' favorevole ad inserire gli orientamenti sessuali tra quelli previsti per i "crimini d'odio", assieme a fattori come la razza e la religione.

giovedì 18 settembre 2008

Le due facce di McCain: dentro e fuori Washington

di Glen Johnson (Associated Press)

John McCain abbraccia e respinge Washington come un suonatore di fisarmonica fa con il suo strumento.
Entra a Washington e difende la sua vasta conoscenza della capitale. Esce, e si proclama un riformatore pronto a cambiarla da cima a fondo.
E' una dicotomia che riecheggia in tutto l'establishment Repubblicano, visto che il partito che ha occupato la Casa Bianca negli ultimi otto anni sta cercando di riconquistarla in quella che è diventata l'elezione del cambiamento.

Nessuno, tranne il fratello dell'attuale Presidente, ha mostrato la volontà del Gop di rinnegare il passato per guardare al futuro.
"Le riforme sono contagiose" ha detto l'ex Governatore della Florida Jeb Bush ad un comizio di McCain a Orlando. "Se comincia a sognare in grande e a sfidare le tradizioni, puoi cambiare le cose, come abbiamo fatto in Florida, e Dio sa quanto ne abbiamo bisogno a Washington, e John McCain è l'uomo giusto al momento giusto".
Dio sa che abbiamo bisogno di riformare Washington?
George W. Bush ha disconosciuto il suo fratello minore dopo le elezioni thrilling del 2000? Forse Jeb cova del rancore perchè si dice che la famiglia Bush si aspettasse che fosse lui - e non George - a seguire le orme presidenziali del padre? I Democratici hanno occupato la Casa Bianca per gli ultimi otto anni e i due rami del Congresso dal 2000 al 2006?
No, sono stati i Repubblicani.

McCain si è a lungo considerato un ribelle, e non c'è dubbio che il Senatore dell'Arizona ha sfidato il sistema - soprattutto negli ultimi anni di carriera.
Un uomo così vicino all'establishment da essere coinvolto nello scandalo Keating Five nel tempo ha sfidato le istituzioni del Congresso a proposito di legislazione finanziaria e riforme.
Un personaggio così prominente da poter correre nelle primarie Repubblicane nel 2000 ed essere considerato come possibile vice dal Democratico John Kerry nel 2004.
Ultimamente, però, McCain ha una duplice immagine: l'outsider interno. Veterano da 25 anni nel Congresso, bianco come tutti i presidenti dalle origini ad oggi, sta sfidando un 47enne senatore al primo mandato che aspira a diventare il primo afro-americano nello Studio Ovale.

Da un lato si proclama la guida di Sarah Palin a Washington. "Non vedo l'ora di farla arrivare a Washington DC" ha detto lunedì scorso.
Dall'altro lato, sembra non aver mai messo piede nella capitale. "Si sta spargendo la voce, amici. E' ora di cambiare, due ribelli stanno per arrivare a Washington per cambiare tutto".
Da un lato ha i crismi di Washington per affrontare i problemi di Wall Street
"Sono stato presidente della Commissione Commercio al Senato per sei anni, la commissione che supervisiona la nostra economia"
Dall'altro lato, prende le distanze dall'amministrazione Repubblicana del Presidente che lo appoggia.
"Troppe società a Wall Street hanno beneficiato delle maglie larghe delle agenzie di controllo. E ce ne sono talmente tante che le responsabilità sono confuse e inefficaci".
Ci sono anche casi in cui McCain unisce i due personaggi in una volta sola.
"So come risolvere i problemi di corruzione" ha detto alla NBC "L'ho fatto per tutto il tempo passato al Congresso".

Copyright © 2008 The Associated Press. All rights reserved.

mercoledì 17 settembre 2008

Sondaggi: la situazione dei Grandi Elettori /5


L'ultima settimana ha visto, come prevedibile, i sondaggi stato per stato allinearsi a quelli nazionali che da dieci giorni vedono McCain in vantaggio. Come si vede dalla mappa di Pollster (molto simile a quella del New York Times) Obama è ancora in vantaggio ma il distacco dal Repubblicano è molto limitato e a questo punto gli stati attualmente in bilico diventano decisivi.
Per quanto riguarda i numeri nazionali, il tracker quotidiano di Gallup vede Obama in rimonta dopo che la settimana scorsa McCain era arrivato a distanziarlo di cinque punti: ora McCain sarebbe al 47% e Obama al 46%. Simile il risultato del tracker quotidiano di Rasmussen, che dà McCain al 48% e Obama al 47%. L'ultimo sondaggio settimanale di Newsweek vede invece i due candidati alla pari, con il 46%.
Infine, il Poll of Polls della CNN vede i due candidati al 45%. Il trend stimato da Pollster vede McCain con l'1,8% di vantaggio.

Passando ai collegi elettorali, emerge un quadro che probabilmente nonn subirà grosse variazioni nelle prossime settimane: la costa ovest (California, oregon e Washington) sono saldamente di Obama, così come nella regione del Nord Minnesota, Wisconsin, Iowa e ovviamente Illinois. Obama è inoltre in vantaggio in tutti gli stati del New England, con l'unica eccezione del New Hampshire.
McCain ha invece in mano tutto il Sud con l'unica eccezione del New Mexico e tutto il MidWest con l'eccezione del Colorado.
Gli stati in bilico che decideranno la partita sono l'Ohio, il Michigan e la Virginia, che insieme valgono 40 Grandi elettori (ricordo che la maggioranza da raggiungere è 270).
In Ohio gli ultimi sondaggi vedono Obama ancora in vantaggio ma il trend è negativo, tanto che Pollster e RealClearPolitics danno in proiezione un vantaggio di 2,4 punti a McCain.
In Michigan invece Obama ha un vantaggio più saldo, sebbene non come nei mesi scorsi: l'ultimo sondaggio della CNN dà il Democratico al 49% contro il 45% di McCain, Pollster fa una proiezione in cui Obama ha un vantaggio di 2,7%, mentre la media di RealClearPolitics dà Obama in vantaggio di 2 punti.
Più incerta la situazione in Virginia. Stato tendenzialmente Repubblicano, Obama era in vantaggio quando il Governatore Kaine era in predicato di essere scelto come vice presidente, e quando l'ex Governatore Warner ha parlato alla convention. Ora McCain è in ripresa, e la CNN lo dà al 50%, mentre SurveyUsa dà Obama al 50% e Rasmussen li dà entrambi al 48%. Pollster stima un vantaggio di 1 punto per McCain, mentre RealClearPolitics vede un perfetto pareggio.
Per quanto riguarda gli altri stati in giallo, in New Mexico e New Hampshire Obama è in leggero vantaggio, mentre McCain guida in Montana e Nevada, mentre in Colorado i due sono pari.

martedì 16 settembre 2008

Crolla la Lehman Brothers, la finanza torna in primo piano

La Lehman Brothers Holdings, una delle società finanziarie più importanti d'America, con sedi in tutto il mondo, è fallita. Chiedendo ufficialmente il "Capitolo 11" alla "Us Bankruptcy Court" la società ha avviato la procedura di fallimento che decreterà la perdita di migliaia di posti di lavoro in USA ma anche in Europa e in Italia.
La scorsa settimana l'amministrazione Bush era intervenuta direttamente per salvare da un analogo destino Fannie Mae e Freddie Mac, altri due istituti di credito semipubblici (e ora statali a tutti gli effetti) il cui fallimento avrebbe portato conseguenze catastrofiche sui mercati. Non è stato invece possibile fare niente per Lehman Brothers.
Pochi giorni fa, un'altra delle maggiori banche di investimento staunitesti, la Merril Lynch, per poter sopravvivere è stata acquisita dalla Bank of America, mentre a marzo c'era stato il crollo della Bear Sterns.
Al momento, le ultime due banche di investimento americane sono rimaste Morgan Stanley e la Goldman Sachs.

Una situazione del genere non può che riportare la questione finanziaria al centro degli ultimi 50 giorni di campagna elettorale. Difficile dire quale candidato possa esserne favorito, visto che sia Obama che McCain sono stati accusati di non aver mai parlato chiaramente delle possibili contromisure del governo e delle conseguenze per i cittadini.
La crisi, dopo quella dei mutui subprime della scorsa estate, era rientrata all'interno dei mercati finanziari, ma ora tornerà a toccare personalmente i consumatori, i proprietari immobiliari, gli imprenditori e chiunque debba contrarre crediti.
I candidati finora hanno evitato di parlare nel dettaglio di possibili soluzioni, ritenendo di poterlo posticipare a dopo le elezioni. Ora non è più possibile.
"Questo è l'equivalente finanziario dell'invasione russa in Georgia" è la frase ricorrente nei mercati borsistici.

Ciò vuol dire che i candidati dovranno parlare di un argomento che non era nella loro agenda, distogliendoli da quelli che erano i rispettivi punti di forza - e quindi annullandoli.
McCain potrebbe utilizzare questa crisi per sottolineare la necessità di riformare il sistema finanziario, un argomento appena toccato alla convention Repubblicana, all'interno del più ampio discorso riguardo la necessità di riformare da cima a fondo il sistema politico di Washington. "L'amministrazione McCain-Palin sostituirà i vecchi e inefficaci sistemi finanziati di Washington e porterà trasparenza a Wall Street" ha detto McCain in un comunicato.
Obama invece sosterrà probabilmente - come già visto dalle prime dichiarazioni - che il paese non può permettersi altri anni di politiche economiche come quelle di Bush. Anche Biden parlerà diffusamente di questo tema, visto che trascorrerà la settimana in Michigan.

I rischi sono però alti: gli elettori potrebbero aver paura di affidarsi ad un politico inesperto come Obama in un momento così delicato, ma McCain potrebbe pagare la sfiducia per gli 8 anni di amministrazione Repubblicana che hanno portato a questa situazione.
A questo si aggiunge il fatto che la spesa per salvare Fannie Mae e Freddie Mac inciderà pesantemente nei prossimi anni sul budget federale, e quindi sui soldi a disposizione per le riforme auspicate dai candidati. Brutte notizie soprattutto per Obama, che ha il piano di riforme più dispendioso.

lunedì 15 settembre 2008

Rove: Obama non può vincere contro la Palin

di Karl Rove (Wall Street Journal)

Di tutti i vantaggi che Sarah Palin ha portato al ticket Repubblicano, il più importante è di essere riuscita a far perdere l'equilibrio ad Obama. Come altrimenti spiegare la decisione del Senatore Obama di attaccare direttamente "Sarah Barracuda", capitano della squadra di basket di Wassilla High?
E' una partita che perderà. Se Obama vuole vincere, deve ricordarsi che sta correndo contro John McCain e non contro la Palin.
Michael Dukakis sprecò gli ultimi due mesi della campagna elettorale del 1988 accusando il candidato Repubblicano alla vicepresidenza Dan Quayle di essere una scelta rischiosa. Come risultato, Bush e Quayle vinsero in 40 stati.
Adlai Stevenson passò l'autunno del 1952 attaccando il vice di Eisenhower, Richard Nixon, definendolo "il tipo di politico capace di tagliare un albero in fiore e poi salire sul tronco e tenere un discorso sulla conservazione". I Repubblicani vinsero in 39 stati.

Se Obama continuerà a prendersela con la Palin, subirà lo stesso destino dei suoi predecessori Democratici. Questi attacchi lo espongono alle critiche per la sua scarsa esperienza, gli fanno perdere di vista le cose importanti e sminuiscono lui, non lei.
Rispondendo al giornalista della CNN Anderson Cooper che gli chiedeva di replicare alla dichiarazione dei Repubblicani secondo cui la Palin ha più esperienza di lui, Obama ha paragonato i 50 impiegati di Wassilla con i 2.500 dipendenti della sua campagna elettorale, dichiarando di avere un budget "che in un mese è tre volte maggiore di quello di Wassilla".
Obama però finge di ignorare che adesso la Palin è una governatrice. Gestisce un budget di 11 miliardi e circa 29.000 posti di lavoro. In due anni di amministrazione, ha aumentato di oltre 499 milioni il budget dell'Alaska, più soldi di quanti Obama spenderà in tutta la sua campagna.
E comunque Obama non dirige personalmente la sua campagna, quello lo fa David Plouffe. Ma se anche Obama fosse il manager di se stesso, questo lo qualificherebbe come presidente?

Un dibattito su chi abbia più esperienza esecutiva tra Obama e la Palin non è una mossa intelligente. Se Obama sminuisce il curriculum della Palin, gli elettori cominceranno a paragonare le due carriere, e non è un bene per lui.
Poi Obama ha attaccato la Palin sugli stanziamenti. E' vero, da sindaco la Palin ha cercato stanziamenti, ma da governatore ha abbassato drasticamente le richieste di fondi federali. Anche questo è un dibattito che Obama non può vincere, lui da Senatore ha chiesto stanziamenti per quasi 936 milioni, aumentando le richieste ogni anno. Se gli elettori odiano gli stanziamenti federali - e li odiano - concluderanno che la Palin li ha tagliati, metre Obama li ha aumentati.

Obama poi paga un prezzo per il commento sul "rossetto ad un maiale". L'ultima volta che la parola "rossetto" è stata citata in campagna elettorale, è stato durante il discorso della Palin alla convention Repubblicana. Obama ha detto che il commento non era rivolto alla Palin, ma l'accostamento tra le due frasi ha rappresentato un grosso passo falso.

Joe Biden si è unito all'attacco dicendo che "il punto di vista della Palin su molti argomenti rappresenta un passo indietro per le donne". Altro errore. Obama ha già diverse difficoltà con l'elettorato femminile e le sostenitrici di Hillary Clinton. Se darà l'idea di attaccare la Palin su temi femminili, le elettrici penseranno che ha un problema con le donne forti.

La Palin rappresenta un fenomeno politico che ha alterato la dinamica di queste elezioni. Gli americani hanno visto raramente qualcuno in grado di connettersi rapidamente a tanti elettori in modo così viscerale. Sarah Palin potrebbe essere il primo candidato alla vicepresidenza a cambiare l'esito di un'elezione dai tempi di Lyndon Johnson. Se Obama continua ad attaccarla, le possibilità che la Governatrice Palin diventi la Vice Presidente Palin cresceranno.

Karl Rove è stato consigliere e vicecapo dello staff di George W. Bush tra il 2000 e il 2007
Wall Street Journal (c)

domenica 14 settembre 2008

Le elezioni che hanno fatto storia: 1996

Il primo mandato presidenziale di Bill Clinton fu contraddistinto da una sensibile ripresa dell'economia, culminata con l'azzeramento del deficit, e da una serie di riforme moderate riguardanti alcuni aspetti del sistema sociale. Gli indici di gradimento di Clinton erano piuttosto alte, ma le elezioni di medio termine del 1994 avevano visto i Repubblicani, guidati dal battagliero Newt Gingrich, conquistare una netta vittoria che li aveva portati per la prima volta negli ultimi 40 anni ad avere la maggioranza sia alla Camera che al Senato, creando serie difficoltà alle proposte di legge del Presidente. Questo infondeva nel Gop la sensazione di poter fare il colpaccio.
In casa Democratica, Clinton e Gore riottennero la nomination praticamente senza rivali, anche perchè l'unico serio concorrente, l'ex Governatore della Pennsylvania Bob Casey sr. storico rivale di Clinton, fu costretto a rinunciare a candidarsi alle primarie per motivi di salute.


Nonostante un certo ottimismo nato dai risultati elettorali del 1994, nessun pezzo da novanta del Gop accettò di candidarsi alle primarie. Lo speaker alla Camera e leader del partito Gingrich, il Governatore del Texas George W. Bush, gli ex Segretari alla Difesa Dick Cheney e Donald Rumsfeld diedero forfait. Tra i numerosi candidati, spiccavano il 73enne leader al Senato ed ex candidato alla vicepresidenza Bob Dole, il giornalista conservatore Pat Buchanan, il miliardario Steve Forbes e il diplomatico afro-americano Alan Keyes.
Dole era visto come il favorito, ma all'inizio delle primarie Buchanan raccolse a sorpresa delle nette vittorie in Alaska e New Hampshire, mentre Forbes conquistò Delaware e New Mexico. Dopo questi passi falsi iniziali, Dole conquistò tutti gli altri stati e l'11 giugno si dimise da leader del Senato per accettare la nomination.
Per cercare di dare una scossa ad una campagna elettorale che non entusiasmava la base del partito, Dole scelse come vice l'ex stella del football Jack Kemp, da tempo impegnato in politica e molto gradito ai conservatori.

Dopo la campagna del 1992, Ross Perot decise di riprovarci candidandosi per il partito da lui fondato, il Reform party. La corsa non iniziò nel migliore dei modi, visto che il miliardario faticò persino ad ottenere la nomination del suo stesso partito.


Clinton iniziò a concentrarsi sulle elezioni di novembre già all'inizio dell'anno, e seguendo i consigli dei suoi analisti raccolse una enorme somma di denaro da spendere in spot e apparizioni televisive negli stati chiave. La strategia di Clinton consistette soprattutto nel dipingere l'avversario come un anziano conservatore lontano dalla gente, prima ancora che Dole potesse replicare. Dole d'altronde era frequentemente oggetto di parodie per il vezzo di parlare di se stesso in terza persona e di tenere sempre una penna nella mano destra per camuffare la paralisi dovuta alle ferite di guerra.
Dole cercò di qualificarsi come un esperto, basandosi sulla sua immagine di veterano ed eroe della Seconda guerra mondiale, ma la sua imamgine appariva irrimediabilmente fragile e vecchia accanto al 50enne Clinton. Dole inoltre si isolò tenendosi lontano sia dalla stampa che dagli elettori, e commise alcuni passi falsi: alcuni in senso figurato, come quando si riferì ad una squadra di Brooklyn che non esisteva più da 40 anni, altri in senso letterale come quando cadde rovinosamente dal palco durante un comizio.
Tuttavia la campagna elettorale dei Democratici fu danneggiata da uno scandalo riguardante i fondi raccolti: il Washington Post sostenne che il governo cinese aveva partecipato alla raccolta fondi del partito, in barba alle leggi che impediscono ai non americani di donare soldi ai partiti. Diciassette persone vennero arrestate, e lo scandalo toccò anche Al Gore, che aveva partecipato ad un evento presso un monastero buddista in California, violando le leggi che vietano alle organizzazioni religiose di donare soldi ai politici. Il DNC alla fine restituì i soldi ricevuti dai cinesi.
Ross Perot venne escluso dai dibattiti presidenziali e citò i media in giudizio.
Le elezioni si tennero il 5 novembre, e la mappa elettorale rimase praticamente invariata rispetto a quattro anni prima. Clinton non riuscì per poco a superare il 50% di voti, ma vinse comunque con larghissimo margine, conquistando il 49,24% del voto popolare e 31 stati più DC, pari a 379 Grandi elettori. Bob Dole conquistò 19 stati e 159 Grandi elettori, con il 40,71% del voto popolare. Ross Perot si fermò al'8,4%, meno della metà rispetto a quanto ottenuto nel 1992.
Clinton ottenne un enorme vantaggio fra le donne, ma non tra i maschi, e per la prima volta, un Presidente venne eletto senza aver conquistato la maggioranza nel voto maschile. Nonostante la vittoria schiacciante, Clinton perse sette degli undici stati del Sud, la peggiore performance per un presidente rieletto. Cominciò nel 1996 il declino dei Democratici nel Sud, che causò poi le sconfitte degli anni a venire.
Bob Dole conquistò il poco invidiabile primato di essere l'unico politico americano ad aver perso le elezioni sia come candidato alla vicepresidenza (1976) che come candidato alla presidenza.