sabato 12 luglio 2008

Wesley Clark esce dalla lista di Obama

di David Paul Kuhn (Politico)

A più di una settimana dalla controversa apparizione nella trasmissione "Face the Nation", l'ex generale Wesley Clark si è preso una pausa dalla campagna elettorale, e in molti pensano che sia il segno che Clark è uscito dalla lista di possibili vice di Barack Obama.
Nella trasmissione della CBS News, Clark aveva dichiarato che l'esperienza militare di John McCain - e i suoi anni da prigioniero di guerra - non lo rendeva necessariamente qualificato per fare il Presidente. A seguito di questo, un noto blog liberal ha lanciato una durissima campagna contro il Repubblicano, con lo slogan "A parte essere torturato, cosa ha fatto McCain per eccellere come militare?".
"In una scala da 1 a 10, le parole di Clark sono state un 10 in termini di danno per Obama" ha detto un esperto insider Democratico rimasto anonimo.
Inizialmente Clark ha difeso le sue frasi, aggiungendo che "E' evidente che McCain è ancora da testare sugli argomenti di sicurezza nazionale".
Ma adesso l'ex comandante della NATO e candidato alle primarie del 2004 ha deciso di mettersi alle spalle le polemiche, annunciando una pausa dalla campagna elettorale per dedicarsi ai suoi affari personali.
Il suo portavoce ha anche detto che l'impegno di Clark per Obama non voleva dire che l'ex generale stesse cercando un posto nella prossima amministrazione.
Lo staff di McCain ha cercato di coinvolgere Obama nella polemica, invitandolo a prendere le distanze da Clark e "lasciarlo a casa". Obama non si è spinto così in là, limitandosi a dire "ovviamente le frasi di Clark non rispecchiano in nessun modo il mio pensiero". Successivamente ha definito "sprovvedute" le parole di Clark. Obama ha fatto capire di non volersi spingere più in là per non indispettire l'ala sinistra del partito che supporta Clark, e che ha lanciato una campagna di stampa affinchè le parole dell'ex militare non vengano distorte.

Le impressionanti credenziali di Wesley Clark in sicurezza nazionale e politica estera lo rendono (rendevano?) uno dei candidati più adatti per affiancare Obama. Ted Devine, stratega di Kerry nel 2004, dice che Obama ha bisogno dell'appoggio di persone come Clark, e sminuisce l'impatto delle parole del generale "va considerato il contesto in cui sono state dette". Una posizione condivisa dal partito.
Queste le parole testuali "Per me McCain è un eroe" ha detto alla CBS "ma devo dire che non ha nessuna esperienza esecutiva. La squadra aerea che comandava in Vietnam, non era uno squadrone di guerra. Non ha ordinato di sganciare bombe. Non ha partecipato a riunioni con i diplomatici" Il conduttore Bob Schieffer ha ribattuto "Ma neanche Barack Obama ha mai avuto simili esperienze". La risposta di Clark: "Beh, non credo che guidare un aereo in guerra ed essere abbattuto ti renda qualificato per fare il Presidente".

Devine, che 4 anni fa si trovava dall'altra parte della barricata dovendo difendere Kerry dagli attacchi del gruppo "Veterans for Truth", nega ogni somiglianza tra i due casi, perchè "le frasi di Clark non fanno parte di un'offensiva organizzata come quella ai danni di John Kerry".

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venerdì 11 luglio 2008

I conservatori si preparano a combattere alla convention

Nella migliore tradizione Repubblicana, l'ala dei conservatori si prepara a dare battaglia agli alleati di John McCain alla convention del Gop a settembre. Scopo dei conservatori è far recedere il candidato dalle sue posizioni sul riscaldamento globale, ricerca sulle cellule staminali e finanziamento ai partiti, ovvero i punti su cui McCain è maggiormente distante dalle posizioni ufficiali del partito.
Nell'ultimo anno McCain si è adoperato con tutti i suoi mezzi per cercare di colmare il divario tra le varie anime del partito, proponendosi come il candidato di tutti, ma non è riuscito a convincere a fondo i conservatori. McCain non ha ancora anticipato su quali punti concreti sarà disposto a venire a patti con l'ala conservatrice, e c'è chi teme che possa sottoscrivere alla convention una piattaforma (il manifesto comune di partito e candidato) allineata alle politiche di Bush. Paradossalmente questa ipotesi spaventa più i conservatori che i sostenitori di McCain, perchè una concessione così ampia non potrebbe mai essere rispettata "Sappiamo bene che McCain ha posizioni diverse su questi argomenti" spiega Jessica Echard, direttore dell'Eagle Forum, un gruppo di interesse conservatore "perciò vogliamo sapere in concreto come vorrà affrontare questo problema".
Uno scontro sulla piattaforma potrebbe essere una macchia sulla convention Repubblicana, una delle poche occasioni in cui il Gop potrà competere con la macchina mediatica messa in piedi da Obama. Ma la battaglia sembra inevitabile. Su 100 pagine della attuale piattaforma del Gop, Bush è citato in 9 pagine. Per molti è troppo poco, per altri è troppo, visto che Bush ha degli indici di gradimento negativi quasi quanto quelli di Nixon. La possibilità di una totale riscrittura della piattaforma è vista come uno scenario da incubo.
Ken Blackwell, del Family research Council, prevede che McCain e i conservatori si comporteranno ragionevolmente adoperandosi per il bene comune del partito, ma intanto gli attivisti come la Echard hanno annunciato che saranno a Minneapolis-St. Paul con due settimane di anticipo rispetto alla convention per assicurarsi che la piattaforma rispecchi i principi conservatori.

Uno dei possibili punti di scontro è l'immigrazione. McCain, come già Bush, vorrebbe un permesso temporaneo per tutti gli immigrati irregolari che hanno un lavoro, ma i conservatori vedono questo provvedimento come un'amnistia mascherata.
Un altro punto è l'ambiente. Attualmente la piattaforma dedica solo uno striminzito paragrafo al riscaldamento globale, in contrasto con l'impegno di McCain, che ha fatto dell'argomento uno dei suoi cavalli di battaglia. McCain vuole porre un limite alle emissioni di gas serra e vuole un nuovo protocollo che sia firmato da USA, Cina e India, provvedimenti contrastati dai conservatori, che sperano che McCain nella piattaforma si concentri soprattutto sull'energia nucleare e sulla ricerca di petrolio lontano dalle coste. In ogni caso, la piattaforma andrà riscritta su questi punti.
I conservatori intendono dare battaglia anche sull'aborto, nonostante McCain sia anti-abortista. Le passate posizioni del Repubblicano - più averte verso la libertà di scelta - portano la Echard a dire che i conservatori chiederanno a McCain di impegnarsi solennemente a non cambiare neanche un comma nella sua piattaforma sull'aborto.
Inoltre McCain dissente dagli anti-abortisti sul tema della ricerca sulle cellule staminali, che lui approva. L'attuale piattaforma è allineata sulle posizioni di Bush (permettere una limitata gamma di ricerche senza fondi statali), mentre McCain vorrebbe permettere una ricerca completa.
Anche sulla guerra in Iraq, un punto che teoricamente non dovrebbe creare problemi, i conservatori potrebbero dare battaglia. McCain ha chiarito di voler adoperare una nuova strategia, ma i conservatori sono pronti a contrastarlo - se dovesse allontanarsi dalle posizioni di Bush - come rappresaglia per le mancate concessioni sugli altri temi.

Fonte: Washington Post

giovedì 10 luglio 2008

Jesse Jackson insulta Obama e si scusa

Jesse Jackson, storico attivista dei diritti dei neri, pur sostenendo Obama non hamai mancato l'occasione per muovergli critiche. Lo scorso autunno, quando Obama aveva appoggiato la condanna esemplare comminata a sei studenti neri colpevoli di aver pestato un compagno bianco in Louisiana, Jackson lo aveva accusato di "comportarsi come un bianco".
Dopo la vittoriosa cavalcata delle primarie le critiche si erano placate, ma pochi giorni fa Jackson, parlando con alcuni amici e non accorgendosi che nelle vicinanze c'era una troupe giornalistica con dei microfoni accesi, si è lasciato andare a considerazioni molto dure nei confronti di Obama. Tra le altre cose lo ha accusato di "parlare con condiscendenza e superiorità" ai neri, aggiungendo anche "vorrei tagliargli le palle". La frase è andata è stata catturata per errore dai microfoni di Fox News, rimasti accesi dopo un'intervista, ed è andata in onda in diretta.

Negli ultimi due giorni Jackson è apparso praticamente in tutte le trasmissioni giornalistiche dei grandi networl per scusarsi pubblicamente e affermare che le sue critiche erano riferite solo ad un recente discorso di Obama, rinnovandogli il suo appoggio. Jackson si è scusato per aver espresso su di lui commenti molto "volgari". "Mi scuso per qualsiasi danno o disagio possa essere stato provocato da questa mia conversazione privata. Il mio sostegno alla campagna del senatore Obama è sempre profondo, completo ed inequivocabile", ha detto Jesse Jackson alla Cnn, durante la conferenza stampa appositamente convocata.
Jesse Jackson Jr., figlio del revedendo e suo erede nella lotta per i diritti civili, ha decisamente preso le distanze dall'illustre genitore "Amo mio padre, ma rifiuto decisamente queste frasi. Mi sento offeso e deluso per queste discutibili dichiarazioni. I suoi insulti al candidato Democratico - che spero sarà il nostro prossimo Presidente - contraddicono la sua coraggiosa carriera".
Il portavoce di Obama, Bill Burton, ha fatto sapere che "senza alcun dubbio Barack Obama accetta le scuse del Reverendo Jackson".

I sondaggi del 4 luglio sorridono a Obama

di David Paul Kuhn (Politico)

E' un'assioma delle presidenziali quello di ignorare i primi sondaggi. Ma non è detto che questa tradizione sia corretta.
Nel dopoguerra, i sondaggi Gallup presi a ridosso del giorno dell'Indipendenza si sono rivelati corretti nell'individuare il vincitore del voto popolare per due terzi delle volte, 10 volte su 15, secondo l'analisi di Politico.

L'ultimo sondaggio Gallup del 2 luglio che mostra Obama in testa per 47 a 43 su McCain, sembra il più storico degli ostacoli per i Repubblicani. E' però anche vero che il vincitore delle presidenziali era in svantaggio nei sondaggi Gallup per 4 volte nelle 5 ultime elezioni. I sondaggi Gallup hanno fallito nel 1968, 1988, 1992, 2000 e 2004.

Ecco una rassegna dei sondaggi Gallup di mezza estate.

2004: Kerry 46% - Bush 44% (23-21/6)
John Kerry aveva un vantaggio risicato ma costante nonostante alcune gaffe recenti. Ma gli attacchi che lo avrebbero affondato erano ancora di là da venire.

2000: Bush 45% - Gore 36% (23-25/6)
Un analogo sondaggio CNN/Gallup dava a Bush un vantaggio ancora più ampio: 52 a 39. Ma quel vantaggio evaporò rapidamente, e Al Gore vinse il voto popolare, perdendo la presidenza solo a causa dei Grandi elettori.

1996: Clinton 51% - Dole 35% (27-30/6)
Nonostante il solido vantaggio, Clinton vinse le presidenziali con meno del 50% di voti, lasciando a Carter il record di essere l'unico Democratico a conquistare la maggioranza assoluta. La decisione di Dole di dimettersi da Senatore per avvalorare la sua campagna presidenziale gli diede solo pochi punti di vantaggio. Clinton vinse con l'8% di distacco.

1992: Bush 32% - Clinton 31% - Perot 28% (9-10/7)
Il sondaggio suggeriva il testa a testa "a tre" che si sarebbe poi verificando, sovrastimando Perot. Altri sondaggi di giugno davano Perot in testa e Clinton terzo.

1988: Dukakis 47% - Bush 41% (8-10/7)
A fine luglio, dopo la convention Democratica, Dukakis arrivò ad avere 17 punti di distacco. Poi tutto andò in frantumi: a novembre l'immagine di Dukakis era diventata quella di un liberal elitario che sosteneva la libertà per gli assassini. Bush vinse per 7 punti di distacco.

1984: Reagan 50% - Mondale 40% (29/6 - 2/7)
Già a questo punto Mondale sapeva che avrebbe perso. Un sondaggio Gallup della settimana prima assegnava a Reagan 16 punti di vantaggio - il distacco con cui avrebbe vinto. Reagan conquistò 49 stati, ripetendo la vittoria record di Nixon nel 1972.

1980: Reagan 40% - Carter 38% (24/6)
Reagan alla fine vinse con un margine maggiore, vicino ai 10 punti, con un 6% per John Anderson.

1976: Carter 49% - Ford 28% (22/6)
A dispetto del distacco di giugno, Ford riuscì quasi ad ottenere una clamorosa vittoria. Gallup la chiamò "la più grande rimonta nella storia dei sondaggi". Ma Ford non riuscì a farsi perdonare per il perdono dato a Nixon, e Carter vinse con 2 punti di distacco.

1972: Nixon 42% - McGovern 31% - Wallace 19% (13/6)
Nixon vinse con il doppio del distacco del sondaggio di giugno - 23 punti - dandogli una vittoria record.

1968: Humphrey 34% - Nixon 32% - Wallace 17% (26/6 - 1/7)
Il "nuovo Nixon" tornò nel 1968 risorgendo a nuova vita politica in un'elezione contraddistinta da drammi e sconvolgimenti. La corsa rimase incerta fino alla fine, quando Nixon vinse con meno di 1 punto di distacco.

1964: Johnson 74% - Goldwater 19% (25-30/6)
Barry Goldwater alla fine ottenne il doppio dei consensi rispetto al sondaggio, ma fu una magra consolazione per i conservatori in quello che alla fine fu un trionfo per Johnson.

1960: Kennedy 46% - Nixon 41% (28/6)
Un sondaggio successivo vedeva Kennedy ancora più forte, con 18 punti di distacco. ma Nixon rimontò e a ottobre Gallup rifiutò di prevedere il vincitore. Alla fine Kennedy vinse con 2 punti di distacco.

1956: Eisenhower 58% - Stevenson 36% (10/7)
Alla fine Eisenhower vinse per "soli" 15 punti di distacco nella rivincita del match di quattro anni prima.

1952: Eisenhower 56% - Stevenson 34% (10/7)
Ike avrebbe mantenuto la leadership fino alla fine, vincendo con 11 punti di distacco. Eisenhower corse come l'eroe di guerra che voleva combattere in Corea, mentre Stevenson iniziò a diventare una caricatura liberal.

1948: Truman 40% - Dewey 39% (14/7)
Un analogo sondaggio degli stessi giorni dava Truman avanti di tre punti. In un'elezione contraddistinta dai sondaggi sbagliati, Gallup diede Dewey al 49,5% il giorno prima delle elezioni. Ma alla fine Truman vinse con 5 punti di distacco.

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mercoledì 9 luglio 2008

Da sinistra attacchi alla carriera militare di McCain

di Ben Smith (Politico)

L'argomento caldo di questa nuova fase della campagna elettorale potrebbe non essere l'età, il sesso o la razza, ma la carriera militare di McCain. La scorsa settimana lo staff di McCain ha replicato con durezza alle frasi di Wesley Clark, ex generale dell'esercito e sostenitore di Obama, il quale aveva affermato che il passato del Senatore come veterano e prigioniero di guerra non lo rendeva necessariamente qualificato per la presidenza. Obama si è scusato, definendo McCain "un vero eroe americano", ma gli attacchi continuano a circolare non solo da sinistra, ma anche tra i conservatori.
McCain è stato accusato di aver compiuto crimini di guerra bombardando civili, e un noto blog liberal lo ha accusato di tradimento per essere comparso in filmati di propaganda dei vietcong durante la prigionia ad Hanoi "Essere abbattuto, catturato e torturato e poi fare propaganda per il nemico non è esperienza di comando" ha scritto John Aravosis su Americablog.com.

McCain ha ribattuto ripetendo ciò che ha raccontato già varie volte, a partire dalla sua autobiografia "Faith of my fathers", ovvero la storia dettagliata della sua prigionia tra torture e umiliazioni nel cosiddetto "Hanoi Hilton". Dopo numerose torture, partecipò a filmini di propaganda "Ogni uomo ha un punto di rottura: lì raggiunsi il mio" ha scritto McCain nella sua biografia. E comunque in seguito rifiutò di incontrare una delegazione di attivisti no-war.
Obama non ha mai specificamente attaccato McCain sul tema, ma altri Democratici lo hanno fatto. Lo scorso aprile, il Senatore John Rockefeller IV ha duramente contestato l'operato del Repubblicano come pilota, e il giornalista Doug Valentine ha raccontato che McCain sarebbe arrivato a pensare al suicidio perchè si stentiva un "criminale di guerra".
Ma non sono solo i Democratici: McCain (come già John Kerry nel 2004) è nel mirino di diverse associazioni di veterani, e di parenti di prigionieri di guerra, perchè da Senatore si è sempre espresso contro l'ipotesi di inviare truppe per verificare la possibile presenza di prigionieri americani ancora vivi in Vietnam negli anni '90.
McCain e Kerry sono stati accusati da queste associazioni di essere ciarlatani, e in particolar modo il Repubblicano è stato definito "The Manchurian candidate", in riferimento all'omonimo film in cui si parla di un falso eroe di guerra.
Sul noto blog HuffingtonPost il giornalista Jeffrey Klein ha accusato McCain di tenere secretati alcuni particolari della sua carriera militare, che non metterebbero in buona luce le sue azioni.

Tra i sostenitori di Obama ci sono però molti dubbi sul fatto che questa linea di attacco possa rivelarsi fruttuosa. Facendo una ricerca nella community del sito web di Obama http://my.barackobama.com/, solo in due post McCain viene attaccato per la sua carriera militare.
Il noto linguista e politologo Noam Chomsky ha scritto che gli americani dovrebbero chiedersi se le torture subite da McCain in una guerra ingiusta siano un argomento rilevante in campagna elettorale.
Aravosis non si è scusato per le sue critiche e ha ricordato che non sono una novità "McCain si candida alla Presidenza degli Usa, non al consiglio scolastico. Dovrebbe smetterla di fare l'offeso e cominciare invece a rispondere a legittime domande. I Repubblicani presero in giro John Kerry per le ferite subite in Vietnam. Qui invece nessuno sta prendendo in giro McCain, gli stiamo solo rivolgendo delle domande".
E Tom Hayden, collega di McCain al senato ed ex attivista no-war, arriva a spingersi più in là
"Stimo McCain, ma dal mio punto di vista il fatto che abbia bombardato qualcosa come 25 volte il Vietnam, probabilmente uccidendo dei civili, va considerato assieme al fatto che è stato catturato e torturato".

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martedì 8 luglio 2008

Obama diventa attendista sull'Iraq

Nel tentativo di conquistare i voti dei moderati, e di allinearsi alle notizie positive che arrivano dal Medio Oriente, Obama inizia ad allontanarsi dalle sue posizioni iniziali sulla guerra in Iraq. Il suo programma prevedeva inizialmente che il primo atto da presidente sarebbe stato dare il via al ritiro delle truppe, da completare al massimo entro 16 mesi, mentre la Clinton era più attendista e intendeva avviare il ritiro in accordo con il governo iraqeno.
Ma già durante le primarie la consigliera per la politica estera Samantha Power (quella che si è dovuta dimettere per aver definito Hillary "un mostro") aveva affermato che Obama non si sarebbe fatto legare le mani dalle posizioni prese in campagna elettorale qualora il quadro fosse cambiato.
Riaspetto allo scorso invero, effettivamente il quadro è un po' cambiato. Nonostante le violenze e l'anarchia continuino a prevalere, la violenza e il numero dei morti militari e civili sono al livello più basso degli ultimi 4 anni, giungono segnali credibili di riconciliazione tra gli sciiti al potere e i gruppi sunniti opposti ad Al Qaeda, mentre il ricostruito esercito iracheno si concede, con l'aiuto alleato, perfino la riconquista di Bassora.
In questo scenario, gli attacchi di McCain - che lo accusa di volersi arrendere e di rinunciare alla concreta possibilità di vittoria - rischiano di fare molto male, ed ecco che Obama apre alla possibilità di una diversa soluzione.
"Dobbiamo essere tanto prudenti nel lasciare il paese quanto siamo stati imprudenti nell'andarci" Obama ribadisce che metterà fine alla guerra in Iraq, ma parlando del suo imminente viaggio in Medio oriente sottolinea che andrà ad ascoltare i comandanti militari per capire come il ritiro si possa fare in modo sicuro e in tempi corretti. "Sono sicuro che sul campo raccoglierò ulteriori informazioni e potrò così definire meglio la mia politica" ha detto il Senatore, che nei mesi scorsi aveva evitato di polemizzare con il Generale Petraeus, comandante delle truppe Usa in Iraq, che si era espresso in favore del piano di McCain.
I piani del ritiro entro 16 mesi rimangono, ma la nuova parola d'ordine è "flessibilità", che lascerebbe un più ampio spazio di manovra a Obama se venisse eletto. D'altrone il aprile uno dei suoi consulenti politici, Colin Kahl, ha scritto un memorandum che proponeva che gli Usa lasciassero nella regione da 60 a 80 mila soldati, fra cui unità speciali anti-terrorismo, una parte delle quali dovrebbero essere però dislocate in Kuwait, pronte a rientrare in caso di crisi. Si tratterebbe di meno della metà delle truppe attuali, e con compiti diversi, ma comunque troppe per quei Democratici che osannano Obama come colui che metterà fine alla guerra in Iraq.

John McCain ha ovviamente colto al volo l'occasione per attaccarlo duramente: "Fin dall'inizio della sua campagna nel 2007 - si legge in un comunicato- il punto centrale del programma di Obama era l'impegno a ritirare immediatamente le truppe dall'Iraq. Ora ha cambiato radicalmente posizione adottando quella di McCain e dimostrando che per lui le parole non contano. Ci congratuliamo con lui per aver cambiato idea, certo se fosse andato in Iraq prima avrebbe cambiato la sua posizione da tempo".
Successivamente Obama si è fermato a parlare con i giornalisti per chiarire il suo punto di vista "Questa è la stessa posizione che avevo quattro mesi fa ed è la stessa posizione che avevo otto mesi fa e dodici mesi fa. Nel mio primo giorno da presidente convocherò una riunione di tutti i comandanti per dire loro che la missione è cambiata: mettere fine a questa guerra.

Nel frattempo al miglioramento in Iraq fa da contraltare la ripresa delle violenze in Afghanistan, con un numero record di feriti tra i militari statunitensi, l'evasione in massa di centinaia di terroristi e la riorganizzazione di Al Qaeda e dei Talebani.
Obama, che ha sempre visto l'Afghanistan come il fronte più importante di guerra, ha dichiarato che ha intenzione di spostare in Afghanistan i militari fatti ritirare dall'Iraq, per avviare una rapida operazione contro le forze talebane.
McCain invece continua a ritenere l'Afghanistan come un fronte secondario rispetto all'Iraq, e che i talebani e Al Qaeda debbano essere contrastati dalle forze NATO e dal governo pakistano

lunedì 7 luglio 2008

McCain in cerca di un rilancio

Gli ultimi sondaggi, anche quelli più favorevoli, non possono non preoccupare il Gop. Anche se era prevedibile un exploit di Obama all'indomani del conseguimento della nomination, la facilità con cui il Democratico è balzato in testa a tutti gli indici di gradimento ha superato le attese. Non va dimenticato che McCain ha conquistato la nomination con più di tre mesi di anticipo, e ha potuto fare campagna elettorale indisturbato mentre Obama e la Clinton giocavano a distruggersi a vicenda. Un enorme e irripetibile vantaggio che però McCain sembra non aver sfruttato a dovere. Per correre ai ripari, McCain ha effettuato un rimpasto nel suo staff, in cerca di un rilancio che sia il più rapido possibile, esattamente a metà strada tra la conquista della nomination e le elezioni di novembre.
Dopo aver compiuto un viaggio in Sudamerica presso i leader amici di Washington (sempre meno, per la verità) McCain passerà le prossime settimane parlando di economia, e ripetendo quei concetti che finora sembrano essere passati inosservati.
L'obiettivo è quello di cercare un messaggio convincente che faccia breccia negli elettori, ciò che è mancato di più finora. L'abilità di tenere viva per un intero ciclo di notiziari una storia è vista come una delle chiavi per il successo nella politica moderna, come dimostra anche Obama.
L'esempio più lampante degli errori nella campagna di McCain si può notare dal modo in cui ha gestito il suo annuncio in favore del trivellamento nel Golfo del Messico: lunedì ha indetto una conferenza stampa all'ultimo minuto per dire che aveva cambiato idea sull'argomento e per annunciare un intervento il giorno successivo, non riuscendo quindi a sfruttare l'onda lunga causata dalla notizia.
Il giorno dopo ha ripetuto la sua proposta davanti ad un'associazione di petrolieri texani, una pessima associazione, soprattutto verso gli ambientalisti. In più, lo stesso giorno Bush ha espresso il suo favore per la stessa linea. I Democratici hanno quindi avuto gioco facile nell'accostare McCain al presidente in carica.

McCain ha finora adottato una politica vecchio stile, ma sembra si sia convinto che è ora di cambiare, anche se non è facile.
Le lunghe conversazioni con gli spettatori negli incontri in giro per l'America, le chiacchierate con i giornalisti passando da un argomento all'altro, l'impossibilità di fissarsi su un unico obiettivo sono caratteristiche innate di McCain, e i suoi collaboratori dovranno trovare il modo di conciliare questi due modi di fare politica.
Finora, il tipico "town hall meeting" di McCain è consistito in un discorso inaugurale standard riguardante un po' tutti gli argomenti. D'ora in poi in ogni città McCain seguirà un copione scritto concentrandosi sull'argomento del giorno. Risponderà poi alle domande dell'auditorium, ma anche in quel caso continuerà a rimanere focalizzato sull'argomento caldo.
Infine, sul charter su cui McCain effettua i suoi spostamenti, il candidato potrà conversare con i reporter, una caratteristica che lo differenzia da Obama.

Per quanto riguarda il rimpasto nella campagna, il ruolo di responsabile è passato a Steve Schmidt, già consigliere di Bush-Cheney nel 2004 e di Schwarzenegger.
Il suo predecessore Rick Davis, pur mantenendo nominalmente il ruolo, si occuperà dei progetti a più lunga scadenza, come i discorsi alla convention.
Schmidt ha avviato un processo di centralizzazione del potere, assumendo nuovi responsabili statali e nazionali e accentrando su di sè le decisioni importanti.

domenica 6 luglio 2008

Le elezioni che hanno fatto storia: 1976

Poco dopo la rielezione a Presidente nel 1972, Richard Nixon venne coinvolto sempre più irrimediabilmente nello Scandalo Watergate. Alcuni impiegati del comitato per Nixon, tra cui un agente della CIA in pensione, avevano intercettato e derubato documenti del DNC per favorire i Repubblicani. La Casa Bianca liquidò inizialmente il fatto come "furto di terz'ordine", e in un primo momento il Presidente non fu toccato. Quando però il processo ai responsabili del furto mis in luce un quadro più complesso, i giornalisti del Washington Post Leonard Woodward e Carl Bernstein, grazie alla loro fonte "Gola Profonda" (il vicedirettore dell'FBI Mark Felt, come si scoprì nel 2005), diedero il via ad un'inchiesta che coinvolse i più alti livelli. Dopo il rirovamento di registrazioni che attestavano il tentativo di Nixon di insabbiare la vicenda con l'aiuto della CIA, la Camera diede il via alla procedura di impeachment per il Presidente, che preferì dimettersi prima di essere deposto, il 9 agosto 1974. Il suo vicepresidente originario, Spiro Agnew, si era dovuto dimettere un anno prima sostituito da Gerald Ford, che subentrando a Nixon divenne il primo (e finora unico) Presidente USA a non essere mai stato eletto neppure come vice.


Le primarie Democratiche partirono senza un favorito, dopo che Ted Kennedy per la seconda volta rifiutò di correre. Dopo il rodaggio del 1972, il sistema delle primarie in tutta la nazione entrò a pieno regime, con regole univoche, ma quasi nessun candidato capì l'importanza di un tale sistema, che richiedeva la candidatura in tutti gli stati. Ne approfittò l'ex Governatore della Georgia Jimmy Carter, quasi sconosciuto a livello nazionale, che si presentò in tutti gli stati puntando a vincere le prime sfide accreditandosi come front-runner. Fu il candidato più votato in Iowa e vinse in New Hampshire, dimostrando di poter vincere anche al Nord. Al Sud sconfisse George Wallace, che si era ripresentato alle primarie pur essendo costretto sulla sedia a rotelle in seguito all'attentato subito durante la campagna elettorale di 4 anni prima. In Pennsylvania sconfisse in rimonta Henry Jackson, costringendolo a ritirarsi. Quando Carter era ormai vicino alla nomination, nacque il comitato "ABC" (Anybody but Carter), guidato da liberal dell'ovest e del nord, preoccupati che Carter fosse troppo sudista e conservativo. Il leader di ABC, il Governatore della California Jerry Brown, scese in campo sconfiggendo Carter nelle ultime primarie, ma ormai troppo tardi per ambire alla nomination.
Carter arrivò alla convention avendo già ottenuto matematicamente la maggioranza di delegati, vinse la nomination al primo voto e nell'intento di unire il partito scelse come vice Walter Mondale, delfino di Hubert Humphrey e gradito all'ala liberal del Nord.


Nonostante Ford fosse il Presidente in carica, all'interno del partito c'erano molti dubbi sulla sua candidatura. Ford aveva un gradimento molto basso dopo aver concesso a Nixon il perdono presidenziale per ogni eventuale reato connesso al Watergate, e i conservatori erano infuriati per gli accordi internazionali che avevano di fatto accettato il dominio sovietico nell'est Europa e in Vietnam. Inoltre Ford, avendo servito per più di due anni, non si sarebbe potuto ripresentare nel 1980. Il vicepresidente in carica, Nelson Rockefeller dichiarò di volersi candidare se Ford avesse rinunciato a presentarsi, come inizialmente aveva detto, ma poi Ford cambiò idea e Rockefeller rinunciò anche a ripresentarsi come vice.
L'unico rivale di Ford nelle primarie fu l'ex Governatore della California Ronald Reagan, sostenuto dalla destra conservatrice, che aveva lanciato la sua campagna contro Ford già con un anno di anticipo. Ford vinse nei primi stati ma Reagan, pur a corto di soldi, grazie al sostegno delle potenti organizzazioni conservatrici vinse tutti gli ultimi stati. Le primarie terminarono con i due candidati praticamente pari. La convention si aprì con Ford che aveva un lieve vantaggio ma non la maggioranza assoluta. Reagan provò a far saltare il banco annunciando che, se nominato, avrebbe scelto come vice Richard Schweiker, moderato della Pennsylvania. La mossa si rivelò un errore di giudizio: pochi moderati passarono da Reagan, mentre molti conservatori lo abbandonarono. In particolare la delegazione del Mississippi si schierò con Ford, facendolo arrivare alla nomination. Ford scelse come vice il Senatore Bob Dole. Dopo il suo discorso, Ford chiese a Reagan di pronunciare qualche parola in segno di unità. Reagan tenne invece un lungo discorso che oscurò quello del Presidente.


All'inizio della campagna elettorale autunnale, Jimmy Carter partì con un vantaggio di 33 punti nei sondaggi, ma Ford fu protagonista di una clamorosa rimonta grazie anche ad alcune circostanze favorevoli. La prima fra tutte fu il 200° anniversario dell'Indipendenza Americana, che il Presidente sfruttò per apparire come grande protagonista di eventi - quali la cena alla Casa Bianca con la Regina Elisabetta - trasmessi in televisione e seguiti da milioni di americani.
Inoltre Carter fu protagonista di alcune gaffe, come quando promise il perdono ai ragazzi che non avevano risposto alla chiamata alle armi in Vietna, o quando in un'intervista a Playboy confessò di "aver desiderato la donna d'altri". Nel primo dibattito televisivo dal 1960, Ford risultò vincitore dopo aver messo in evidenza l'inesperienza del rivale.
Anche Ford però non mancò di commettere svarioni, come quando negò ripetutamente che l'Est Europeo fosse sotto il controllo sovietico, e non fu da meno Bob Dole, che in un dibattito imputò ai presidenti Democratici la cattiva preparazione delle truppe americane.

Si arrivò alle elezioni del 2 novembre con i sondaggi che davano i due candidati in parità, e per avere il risultato definitivo bisognò aspettare tutta la notte e buona parte del giorno seguente. Alla fine, conquistando per pochi voti il Mississippi e il Wisconsin, Carter superò Ford per 2 punti percentuale, il margine più basso dal 1916. Carter conquistò meno stati, 23 più DC contro i 27 di Ford, ma i più importanti, assicurandosi 297 Grandi elettori contro 240 di Ford. Gli USA si spaccarono letteralmente a metà, con il nord-ovest interamente Repubblicano e il sud-est quasi completamente Democratico. Per la seconda e finora ultima volta un Democratico conquistò più del 50% dei voti, ma Ford detiene tuttora il record di stati vinti da un candidato sconfitto.
Per la prima volta dal 1932 il Presidente in carica veniva sconfitto nel tentativo di essere rieletto in uno dei due partiti maggiori. Sarebbe successo di nuovo, proprio a Carter, quattro anni dopo.