domenica 19 ottobre 2008

Recensioni: "Contro tutti i nemici"


Contro tutti i nemici. Dentro la guerra americana al terrorismo
di Richard A. Clarke
Edizioni Longanesi (2004, 16 €) e Tea (2005, 8 €)

"Against all enemies", citazione di una frase del giuramento dei Presidenti degli Stati Uniti, è probabilmente il maggiore e più completo atto d'accusa esistente contro l'amministrazione Bush. Il fatto di essere uscito in concomitanza con il ben più noto (ma in definitiva anche meno efficace) film "Farenheit 9/11" di Michael Moore ha probabilmente contribuito a farlo passare in sordina, soprattutto in Europa ma anche in America
Eppure Richard A. Clarke non è un giornalista d'inchiesta o un regista politicamente impegnato. E' una delle massime - se non la massima - autorità americana riguardo la lotta al terrorismo. Ha servito nella sicurezza nazionale a stretto contatto con tre presidenti, George H.W Bush, Bill Clinton e George W. Bush. Con Clinton, Clarke è diventato lo "zar" dell'antiterrorismo, ovvero il capo del coordinamento antiterroristico del Consiglio di Sicurezza degli Usa.
Clarke può perciò spiegare con chiarezza e cognizione di causa come gli attentati dell'11 settembre 2001 affondino le radici nel passato, addirittura nel comportamento dell'amministrazione Reagan in Libano e durante la guerra tra Iran e Iraq.
Il libro è una carrellata delle politiche antiterrorismo dell'America sotto gli ultimi quattro presidenti: Reagan che a dispetto dell'apparente intransigenza autorizzò baratti con l'Iran, George Bush padre che non aveva una politica antiterrorismo e permise a Saddam Hussein di rimanere al suo posto, Bill Clinton che, a detta di Clarke, si adoperò al massimo contro il terrorismo ma si scontrò con la burocrazia dell'esercito e della CIA, e George Bush figlio che prima ha ignorato gli allarmi su Al Qaeda e poi ha intrapreso una campagna fallimentare di "guerra al terrorismo".
Clarke smentisce le voci secondo cui gli attacchi ordinati da Clinton contro l'Afghanistan avessero come scopo semplicemente distrarre l'opinione pubblica dal Sexgate, e quelle secondo cui gli Usa avrebbero rifiutato l'offerta dei talebani di consegnare Bin Laden. Clinton avrebbe invece intrapreso una lotta senza quartiere contro il terrorismo islamico dopo gli attentati al World Trade Center del 1993 e ben prima che i nomi di Bin Laden e Al Qaeda diventassero di dominio pubblico. Si era però dovuto arrendere di fronte all'atteggiamento della CIA e delle forze armate, che scoraggiarono ogni suo tentativo di arrivare alla neutralizzazione dello sceicco del terrore.
Clarke, che venne confermato al suo posto da Bush jr, racconta di aver provato inutilmente a convincere la nuova amministrazione - e in particolar modo Rumsfeld, Cheney e la Rice - dei rischi connessi ad Al Qaeda, senza ottenere ascolto, ad eccezione della proposta di attaccare l'Iraq ben prima degli attentati del 2001. Dopo l'11 settembre, Bush creò alcune strutture di facciata, come il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale, che non avevano nessun compito pratico ma arricchivano solo la burocrazia di Washington. A quel punto Clarke rimise il mandato dedicandosi ad avviare nuovi progetti per la sicurezza informatica, a suo avviso la prossima frontiera del terrorismo.

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