mercoledì 23 luglio 2008

La scelta del vice: che fretta c'è?

di David Von Drehle (TIME)

All'improvviso, tutti vogliono parlare di vicepresidenza. Gli indovinelli di domani sono le questioni fondamentali di oggi - Governatori del MidWest, Senatori di stati in bilico, generali in pensione. La storia recente ci dice che il vincitore sarà annunciato giorni o settimane prima delle convention alla fine di agosto. Ma che fretta c'è?
Almeno uno dei due partiti deve rinnovare le tradizioni facendo esplodere una bomba mentre i delegati sono riuniti.

Barack Obama potrebbe usare l'annuncio per spazzare via le voci di dissenso da parte dei delegati sostenitori di Hillary Clinton. Il Wall Street Journal ci ricorda che non tutti i supporter della Clinton non sono tutti rassegnati. Molti dei 1.600 delegati vogliono poter votare per la loro candidata, per ricordare che la vittoria di Obama è stata di misura.
I giornalisti in cerca di scoop a Denver troveranno questa storia irresistibile. Le moderne convention sono organizzate così dettagliatamente che una qualsiasi zuffa diventa più importante di ogni incoronazione. Pochi lo sanno meglio dei Clinton, che nel 1992 dovettero affrontare nella convention i malumori dei delegati del Governatore della California Jerry Brown.
Obama potrebbe distogliere i riflettori dai delegati della Clinton facendo notizia. Potrebbe essere il primo Democratico dai tempi di Jimmy Carter, nel 1976, ad annunciare la sua scelta a convention già iniziata, e se la scelta verrà apprezzata potrà aprire un nuovo ciclo di concordia.

Un problema: "Non resterebbe molto tempo per integrare il candidato vicepresidente nella campagna elettorale" dice il veterano tra gli organizzatori delle convention Democratiche Michael Berman. "Tutto considerato entrerebbe nel vivo solo a metà settembre, e credo sia troppo tardi".
Inoltre nominare il vice nel bel mezzo della convention può essere rischioso, come ha imparato George H. Bush quando presentò il giovane Dan Quayle agli scettici partecipanti alla convention di New Orleans nel 1988. Non è caso se da allora i Repubblicani si sono adeguati al costume Democratico di annunciare la scelta in anticipo.
Ma questi criteri non valgono per Obama. Se la tendenza ad annunciare il vice in anticipo vale ancora, vale di più per John McCain.

Un po' di storia: Fino agli anni '80, i runnig mate venivano scelti principalmente per placare le fazioni del partito e cercare appeal geografico. J.F. Kennedy non voleva Lyndon Johnson alla Casa Bianca, ma aveva bisogno di lui per vincere. Gerald Ford fu costretto dai conservatori a far fuori il liberal Nelson Rockefeller dal ticket del 1976 in favore di Bob Dole.
Nel 1984, tuttavia, Walter Mondale capì di aver bisogno di un miracolo per battere Reagan. Mondale, che era stato nominato vice da Carter il terzo giorno della convention del 1976, scelse come partner Geraldine Ferraro una settimana prima della convention, dando vita a due settimane di copertura mediatica. Che comunque servirono a poco.
Da allora i candidati hanno preso l'abitudine di annunciare la scelta in modo da formarsi una immagine definita ed avere l'attenzione dei media. Così Bill Clinton annunciò a luglio 1992 di aver scelto Al Gore, e quattro anni dopo Bob Dole iniettò del testosterone nella sua campagna scegliendo l'ex quarterback Jack Kemp nello stesso periodo. Ad agosto 2000 Gore prese le distanze da Clinton scegliendo Joe Lieberman, critico del presidente in carica.
Nel 2004, il legame tra la scelta e la convention si è definitivamente rotto. John Kerry annunciò di aver scelto John Edwards tre settimane prima della convention.

Obama non ha bisogno di ulteriore copertura mediatica, nè di prendere le distanze dall'attuale Presidente, e neanche di raccogliere fondi. Anzi, sembra quasi che stia cercando minore copertura, in questi giorni, per non inflazionarsi.
McCain invece avrebbe bisogno dei benefici dati dalla scelta di un vicepresidente. Mentre Obama cerca di dipingere McCain come un Bush più vecchio, un giusto partner aiuterebbe il Repubblicano a rompere simbolicamente con il Presidente in carica. E potrebbe elettrizzare la campagna elettorale portando più soldi.

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