giovedì 17 luglio 2008

Obama: il mio piano per l'Iraq

In un editoriale sul New York Times, Barack Obama spiega la sua posizione riguardo la guerra in Iraq.

La richiesta da parte del Primo Ministro Nuri Kamal Al-Maliki di stabilire una tabella di marcia per il ritiro delle truppe americane dall'Iraq presenta un'enorme opportunità. Dovremmo cogliere l'attimo e iniziare il graduale ridimensionamento delle nostre forze armate che io ho a lungo invocatoe che è necessario per un successo sul lungo periodo in Iraq e per la sicurezza degli Stati Uniti.
In questa campagna elettorale le differenze sull'Iraq sono profonde. A differenza del Senatore John McCain, io mi sono opposto alla guerra prima ancora che iniziasse, e da Presidente la porterei a conclusione. Pensavo sin dall'inizio che fosse un greave errore farci distrarre dalla lotta contro Al Qaeda e i talebani invadendo un paese che non rappresentava un'imminente minaccia e non aveva niente a che fare con gli attacchi dell'11 settembre. Da allora più di 4000 americani sono morti e abbiamo speso circa 1 trilione di dollari. Quasi tutte le minacce che dobbiamo fronteggiare - dall'Afghanista ad Al Qaeda all'Iran - si sono fatte più pericolose.

Nei 18 mesi da quando il Presidente Bush ha annunciato un incremento delle truppe, i nostri soldati si sono comportati eroicamente per tenere basso il livello della violenza. Le nuove strategie hanno protetto la popolazione irachena, e le tribù sunnite hanno rigettato Al Qaeda, diminuendone il potere.
Ma sono veri anche quei fattori che mi hanno portato a contrastare questo aumento delle truppe. E' cresciuta la tensione fra i nostri militari, la situazione in Afghanistan si è deteriorata e abbiamo speso quasi 200.000 milioni di dollari in più di quanto avevamo previsto per l'Iraq. I leader iracheni hanno fallito nell'investire decine di migliaia di milioni di dollariin petrolio per ricostruire il loro paese, e non hanno raggiunto la stabilità politica che era l'obiettivo dell'aumento delle nostre truppe.

La buona notizia è che i leader iracheni vogliono assumersi la responsabilità del loro paese negoziando un piano di ritiro. Intanto il Generale James Dubik, l'ufficiale incaricato di istruire le forze di sicurezza irachene, stima che l'esercito e la polizia in Iraq sarà pronta ad assumersi l'incarico della sicurezza entro il 2009. Solo riducendo il nostro impegno possiamo spingere gli iracheni ad arrivare ad una piena transizione prendendosi la responsabilità della sicurezza e della stabilità del loro paese. Invece di cogliere l'attimo ed incoraggiare l'iniziativa dell'Iraq, l'amministrazione Bush e il Senatore McCain rifiutano di abbracciare questa transizione - a dispetto dei loro precedenti impegni a rispettare le volontà del governo iracheno. Loro chiamano ogni piano di ritiro una "resa", anche se in questo modo consegneremmo l'Iraq a un governo sovrano.

Ma questa non è una strategia per il successo, è una strategia di permanenza che va contro la volontà degli iracheni, degli americani e contro gli interessi degli Usa. Ecco perchè, nel mio primo giorno da Presidente, darò all'esercito una nuova missione: mettere fine a questa guerra.
Come ho detto in molte occasioni, dobbiamo essere cauti a ritirarci dall'Iraq, quanto siamo stati avventati ad entrarci. Dobbiamo ridurre le truppe ad un ritmo tale da completare il ritiro in 16 mesi. Sarebbe a dire l'estate del 2010, due anni da ora, e più di sette anni dall'inizio della guerra. Dopo questo ritiro, residue truppe in Iraq sarebbero assegnate a missioni specifiche: dare la caccia a residui terroristi di Al Qaeda nella zona, proteggere i cittadini americani e istruire le forze di sicurezza irachene fino a quando il governo locale non avrà fatto sufficienti progressi. Questo non sarebbe un precipitoso ritiro.
Nel perseguire questa strategia, avremo inevitabilmente bisogno di fare aggiustamenti tattici. Come ho spesso detto, mi consulterei con i comandanti sul campo e con il governo iracheno per assicurarmi che le nostre truppe si ritirino in sicurezza. Li ritireremo prima dalle aree sicure e poi dalle altre. Ci impegneremo in missioni diplomatiche per conto del governo iracheno con gli altri paesi dell'area, e stanzieremo 2 mila milioni di dollari per sostenere i rifugiati.
Mettere fine alla guerra è essenziale per raggiungere i nostri obiettivi strategici, a partire da Afghanistan e Pakistan, dove i talebani e Al Qaeda hanno trovato un'oasi sicura. L'Iraq non è il fronte centrale per la lotta al terrorismo, e non lo è mai stato. Come ha recentemente detto l'ammiraglio Mike Mullen, non avremo risorse sufficienti per finire il lavoro in Afghanistan finchè non ridurremo il nostro impegno in Iraq.
Per questo, da Presidente, manderei almeno due battaglioni da combattimento in più in Afghanistan. Non danneggerei le nostre forze armate proseguendo l'errore di tenere basi permanenti in Iraq.

In questa campagna, ci sono oneste differenze sull'Iraq, e dovremmo discuterne con lo scrupolo dovuto. A differenza del Senatore McCain, chiarirei assolutamente che non è nostra intenzione mantenere una presenza fissa in Iraq come abbiamo fatto in Sud Corea, e che ritireremmo le nostre truppe per concentrarci su un più ampio piano di sicurezza. Ma per troppo tempo, i responsabili del più grande errore strategico della storia recente degli Usa hanno ignorato ogni utile discussione preferendo lanciare false accuse di resa e di flip-flop.
Stavolta non funzionerà. E' tempo di mettere fine a questa guerra.

Barack Obama

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