martedì 4 novembre 2008

La grande corsa

di David S. Broder (decano dei giornalisti politici, vincitore del premio Pulitzer nel 1973)

Ricordo il momento preciso in cui ho capito che questa campagna presidenziale sarebbe stata la migliore che avessi mai visto. Era un sabato pomeriggio, l'8 dicembre 2007. Ero nel centro congressi di Des Moins, in Iowa, e vidi un ininterrotto flusso di uomini, donne e bambini intabarrati in cappotti pesati per difendersi dal freddo, ed erano tutti festosi, come se fossero in fila per andare a vedere una partita. Ma l'occasione non era una partita, ma un comizio politico.
Il senatore Barack Obama aveva portato con sè da Chicago Oprah Winfrey, per il primo dei suoi endorsement pubblici. La regina dei talk show, nervosa per il suo esordio politico, disse "Sono qui per dirvi, Iowa, che lui è quello giusto. Barack Obama".
A poco meno di un anno dall'Election Day, 18.000 persone avevano rinunciato allo shopping del sabato pomeriggio per assistere (in piedi, perchè non c'erano sedie) e ascoltare un'ora di comizio. Nelle otto campagne presidenziali di cui mi sono occupato da giornalista, in più di quattro decenni, non avevo mai visto una cosa simile. In effetti, non avevo mai visto elettori così eccitati dai tempi della mia prima campagna come reporter, quella del 1960 tra Kennedy e Nixon.
Quell'anno, il Washington Star mi mandò in West Virginia ad occuparmi delle primarie tra Kennedy e Hubert Humphrey. Lo stato sembrava fatto su misura per Humphrey, ma io trovai vasti gruppi di giovani kennedyani, guidati da Ted Kennedy, girare per le contee facendo campagna porta a porta. A dispetto di tutto, scrissi che Kennedy poteva vincere quella contea, e così fu.

Prima ancora di quell'8 dicembre, nel Giorno del Ringraziamento, ero in New Hampshire per seguire un dibattito Repubblicano. Il giorno dopo mi incontrai con Mike Dennehy, l'assistente preferito di John McCain. Dennehy è al fianco di McCain dalla sfortunata campagna del 2000, ed era uno dei pochi rimasti nello staff dopo la lunga serie di licenziamenti dell'estate 2007, quando McCain era senza fondi e senza speranze di vittoria. Dennehy mi disse che in New Hampshire stava succedendo qualcosa, che gli spettatori ai comizi di McCain aumentavano a vista d'occhio, da poche decine a qualche migliaia.
Nonostante tutti annunciassero la fine delle speranze di McCain, scrissi che "Se il partito Repubblicano vuole davvero restare alla Casa Bianca nel 2009, è chiaro che deve ingoiare il rospo e scegliere John McCain come candidato alla presidenza e Mike Huckabee come vice". (Huckabee avrebbe poi vinto i caucus in Iowa).
a gennaio, era ancora difficile pensare che Obama e McCain avrebbero vinto le primarie. Obama doveva affrontare il colosso Hillary Clinton, mentre McCain scontava l'inimicizia dell'ala destra del partito, ancora irritata per gli attacchi del 2000 contro i predicatori conservatori che appoggiavano Bush.

Ma gli elettori, Dio li benedica, hanno ignorato queste avversità, e sono stati determinati a mettere il paese su una strada diversa da quella tracciata da George Bush. E' stato l'emergere di questi due impossibili ma impressionanti candidati a rendere speciale queste elezioni, con la cavalcata di John McCain e il duello tra Obama e la Clinton.
Anche le convention sono state altrettanto emozionanti. A Denver, i Democratici hanno celebrato la nomination di Obama in uno stadio da football. A St. Paul, i Repubblicani hanno applaudito la scelta a sorpresa di McCain, Sarah Palin come vice. Questo mi ha riportato al 1984, quando Walter Mondale fece di Geraldine Ferraro la prima donna in un ticket presidenziale. In entrambi i casi, l'entusiasmo è stato intenso ma breve. Nessuna delle due donne è riuscita a presentarsi come una credibile spalla presidenziale.

Questa è stata una delle delusioni della campagna. Come quando Obama ha rifiutato l'invito di McCain a tenere degli incontri cittadini congiunti. I dibattiti tradizionali sono quasi inutili, con pochi momenti significativi.
Due cose hanno reso indimenticabili queste settimane finali. La prima è l'enorme quantità di spot televisivi, soprattutto da parte Democratica, dove Obama ha potuto sfruttare l'incredibile somma raccolta in contributi privati, surclassando McCain.
La seconda è la continua tensione riguardante i potenziali problemi dovuti al fattore razziale. Già nelle primarie, Obama ha affrontato il problema nato a seguito delle dichiarazioni del Reverendo Jeremiah Wright, tenendo il discorso sul razzismo più commovente dalla morte di Martin Luther King.

Per decenni, ho detto che le elezioni del 1960 erano le migliori che avessi mai visto. Ma in quel caso, l'emozione riguardò solo i mesi finali. Questa volta le emozioni hanno attraversato l'intero anno. con momenti di genuino divertimento grazie a Huckabee, delle conversazioni infinite di McCain e Biden, e dalla rara eloquenza di Obama e dei Clinton. Il paese affronta una scelta tra due uomini che promettono una nazione con più principi e meno divisioni. E intanto, che spettacolo che è stato. La migliore campagna di cui mi sia mai occupato.

© Copyright 1996-2008 The Washington Post Company

Nessun commento: