domenica 21 settembre 2008

Le elezioni che hanno fatto storia: 2000

Il secondo mandato presidenziale di Bill Clinton, pur confermando i successi in economia e in politica estera, fu irrimediabilmente segnato dallo scandalo SexGate e dal tentativo di impeachment del Presidente, i cui consensi alla vigilia delle elezioni erano al suo minimo. In mancanza di crisi politiche o economiche da affrontare, la campagna elettorale venne quindi segnata da una "questione morale" che permise ai Repubblicani di rimettersi in corsa.


Numerosi esponenti Democratici testarono la possibilità di presentarsi alle primarie - tra loro Dick Gephardt, Bob Kerrey e l'attore Warren Beatty - ma quando il vice presidente in carica Al Gore annunciò la sua candidatura tutti gli altri grandi nomi decisero di farsi da parte. Rimase in corsa solo l'ex giocatore di basket ed ex Senatore del New Jersey Bill Bradley, esponente dell'ala più di sinistra del partito.
Gore, come vicepresidente in carica, poteva contare su una forte base elettorale e su un enorme ritorno di immagine, mentre Bradley, pur potendo contare su alcuni endorsement illustri, non aveva un largo consenso. Gore sconfisse nettamente Bradley in tutte le primarie (il distacco minore fu di quattro punti in New Hampshire), e alla convention ricevette la nomination con votazione unanime. Gore scelse come vice il Senatore del Connecticut Joe Lieberman, primo ebreo a essere scelto per quel ruolo. Lieberman si era contraddistinto come un acceso critico della condotta di Clinton, e segnava la volontà di Gore di prendere le distanze dal Presidente in carica.


In casa Repubblicana le primarie furono un po' più combattute, ma fin dall'inizio il front-runner fu George W. Bush, perchè aveva raccolto fondi senza precedenti, aveva una forte base elettorale in quanto Governatore del Texas, ed era il figlio di un ex Presidente. Gli sfidanti furono molti, ma la maggior parte di essi si ritirò per mancanza di fondi dopo i caucus dell'Iowa: tra loro l'ex vice presidente Dan Quayle e la moglie dell'ex candidato alla presidenza Bob Dole, Elizabeth. Rimasero in partita il Senatore John McCain, l'editore Steve Forbes e il diplomatico afroamericano Alan Keyes.
Questi ultimi si ritirarono dopo le prime due primarie, lasciando McCain come unico sfidante di Bush. McCain si presentava come il candidato dei Repubblicani moderati e degli indipendenti, contro Bush che era il candidato dell'establishment e della destra religiosa. In New Hampshire McCain superò Bush per 49 a 30, ma in South Carolina Bush vinse con grande distacco. In questa fase si consumò la parte più aspra delle primarie: dalla campagna di Bush partì la voce che la bambina del Bangladesh adottata dai McCain fosse in realtà figlia illegittima del Senatore. Inoltre McCain fu penalizzato dal fatto che per la prima volta le primarie del South Carolina furono chiuse agli indipendenti.
La sconfitta segnò una svolta per la campagna di Bush. McCain rimase in corsa fino al Super Tuesday, dopodichè si ritirò.
Dopo aver vinto in Texas e nalla Florida governata da suo fratello Jeb, Bush conquistò ufficialmente la nomination. Prima della convention incaricò l'ex Segretario alla Difesa Dick Cheney di selezionale il candidato alla vicepresidenza. Dopo aver preso in considerazione Tom Ridge, Colin Powell, Chuck Hagel e lo stesso John McCain, Cheney decise di presentare se stesso come vicepresidente, e Bush accettò.
Poichè la Costituzione degli USA proibisce ai Grandi Elettori di votare due candidati dello stesso stato, il texano Cheney fu costretto a prendere la residenza in Wyoming.

Alle presidenziali si candidarono tra gli altri anche il giornalista conservatore ed ex consigliere di Nixon Pat Buchanan per il Reform Party, e l'attivista ambientalista Ralph Nader per i Verdi.


Buona parte della campagna elettorale fu condotta su temi morali, ma Bush attaccò anche la politica estera dell'amministrazione Clinton, contestando in particolar modo l'utilizzo dei militari in Somalia e nei Balcani per compiti di "ricostruzione". Paradossalmente, visto quello che sarebbe accaduto negli anni successivi, in questa fase Gore appariva come il più agguerrito in politica estera mentre Bush era il candidato maggiormente interessato alla politica interna.
Gore difese le scelte di Clinton in politica estera, ma prese drasticamente le distanze dal Presidente per non essere accostato ai suoi scandali sessuali. PPer scelta del candidato, Clinton praticamente non partecipò alla campagna di Gore - come anche Hillary - e in molti addebitarono a questa decisione la sconfitta di Gore in alcuni stati che Clinton aveva vinto.
Ralph Nader condusse una campagna fatta di grandi comizi pubblici, e accusando Bush e Gore di avere in fondo lo stesso programma. Gore inizialmente ignorò Nader, ma nelle ultime settimane di campagna fece appello ai potenziali elettori dei Verdi sottolineando i punti in comune nei loro programmi. I Repubblicani condussero una campagna pro-Nader nella speranza di togliere a Gore i voti "liberal". Dopo le elezioni, in molti notarono che i voti tolti a Gore da Nader in alcuni stati chiave avrebbero potuto cambiare l'esito elettorale.

Le elezioni si tennero il 7 novembre 2000. Bush vinse con ampio distacco in tutti gli stati del Sud, in Indiana e nell'Ohio che in precedenza era dei Democratici. Gore vinse in tutto il Nord Est con la sola eccezione del New Hampshire, ma perse in Tennessee, il suo stato di origine.
In Florida i due candidati erano praticamente pari, e quando terminarono gli scrutini negli altri stati senza che nessuno dei due avesse raggiunto il 270 voti elettorali necessari per l'elezione, fu chiaro che da quello stato sarebbe dipeso l'esito del voto.
Gli exit poll diedero Gore vincitore, ma nel conteggio Bush si trovò in vantaggio di poche migliaia di voti, vantaggio che poi fu nuovamente annullato da un rimonta di Gore, in una notte di scrutini. Gore, che in un primo momento aveva telefonato a Bush concedendogli la vittoria, ritirò la concessione chiedendo un riconteggio manuale di tutti i voti della Florida.
Il giorno dopo, lo scrutinio terminò con Bush vincitore per soli 500 voti, abbastanza per un riconteggio. La diatriba divenne legale e si trascinò per settimane. A dicembre la Corte Suprema Usa stabilì che il piano di riconteggio della Corte Suprema della Florida era incostituzionale, permettendo così allo stato di certificare il risultato dei conteggi. La Florida così certificò il risultato che vedeva Bush vincitore per 500 voti, tra mille polemiche perchè il fatto che il Governatore dello stato fosse Jeb Bush fece pensare a possibili manipolazioni del voto.
A gennaio 2001 molti rappresentanti Democratici presentarono obiezioni al voto in Florida, ma perchè venissero approvate era necessario che fossero appoggiate anche da almeno un Senatore. Nessun Senatore lo fece, e Al Gore, ancora Presidente del Senato, rigettò tutte le obiezioni.
Il risultato finale vide quindi Bush conquistare 30 stati e 271 voti elettorali, solo 1 più del quorum, contro i 20 stati più DC e i 266 voti di Gore, che però conquistò la maggioranza nel voto popolare, con 500.000 voti in più di Bush. Per la quarta volta nella sua storia, un candidato arrivò alla presidenza senza aver ottenuto nemmeno la maggioranza relativa dei voti.

1 commento:

Sturm und Drang ha detto...

Personalmente avrei preferito la vittoria di Gore! Non è che seguissi assiduamente la politica americana, ma Bush, proprio non mi piaceva. Ex post, possiamo dire che se non avesse vinto Bush, forse in questi ultimi anni avremmo avuto qualche guerra in meno! E ti pare poco?
Tanti saluti, Gregorio.