lunedì 17 novembre 2008

Un nuovo New Deal? /1

di Peter Beinart (TIME)

La morte e la rinascita del liberalismo americano sono entrambe avvenute al Grant Park di Chicago. Il 28 agosto 1968 10.000 persone si radunarono lì per protestare contro la Convention Democratica che, a pochi isolati di distanza, stava per dare la nomination a Hubert Humphrey, vice presidente di Lyndon Johnson, ratificando in questo modo l'odiata guerra in Vietnam.
Il sindaco di Chicago Richard Daley aveva vietato la manifestazione, ma le persone arrivarono lo stesso. Durante il pomeriggio, qualcuno riuscì a superare il cordone di polizia e ad arrivare all'asta della bandiera americana, ammainandola.
I poliziotti che arrestarono il manifestante vennero bersagliati con uova e palloncini pieni di vernice o urina. La polizia rispose caricando la folla in modo selvaggio, tanto che la carica fu ribattezzata "la rivolta della polizia".
I Democratici, che avevano vinto sette delle nove elezioni presidenziali precedenti, avrebbero perso sette delle dieci successive.

Quaranta anni dopo, i liberal felici hanno riempito il Gran Park radunati da un altro sindaco chiamato Richard Daley, per celebrare l'elezione di Obama. Stavolta le bandiere sventolavano alte, e la polizia proteggeva la folla.
La distanza tra questi due eventi spiega molto su come il liberalismo americano è caduto, e su come Obama può farlo tornare il credo americano. La coalizione con cui Obama ha vinto è robusta come quelle di Franklin D. Roosevelt e di Ronald Reagan.
In America, le maggioranze politiche vivono o muoiono per la libertà o per l'ordine. Un secolo fa, il liberalismo americano nacque, secondo le parole dello storico Robert Wiebe, come "una ricerca dell'ordine".
Quando Roosevelt venne eletto nel pieno della Grande Depressione, l'intero sistema economico era agonizzante e la gente chiedeva al governo di intervenire. Roosevelt lo fece, finanziando l'economia con ingenti cifre di denaro pubblico, proteggendo i disoccupati e gli anziani, e imponendo nuove regole all'industria. I conservatori gridavano che la libertà era in pericolo, ma la maggioranza degli americani ringraziò Dio che Washington stesse mettendo al sicuro i depositi bancari e gli stipendi. Per più di tre decenni, fino a metà degli anni '60, il governo mise ordine nei mercati. Ma poi il liberalismo divenne vittima del proprio successo, il boom economico del dopoguerra aveva riempito i college di giovani rampolli della borghesia, e questi misero in discussione lo status quo creato da Roosevelt. Secondo loro, quell'ordine comprendeva la segregazione razziale nel sud e la discriminazione delle donne. Furono questi movimenti a sfociare poi nei disordini di Grant Park.
Il liberalismo tradizionale venne confuso con il disordine, le leggi sui diritti civili vennero scambiate con le rivolte razziali, la libertà sessuale con il divorzio, la libertà culturale con la distruzione dei valori. Nixon e poi Reagan divennero presidenti promettendo un nuovo ordine, non economico ma culturale.
Ora non è difficile capire perchè il liberalismo è tornato a vivere. Ideologicamente, la folla radunata da Obama è diretta discendente di quella che lanciava uova alla polizia. Credono nell'uguaglianza razziale, nel femminismo, nei diritti delle minoranze, ma a 40 anni di distanza queste idee non sembrano più disordine. Il crimine è in ribasso e le rivolte non esistono più, il femminismo è così mainstream che lo abbraccia anche Sarah Palin, il sindaco di Chicago Daley, figlio dell'uomo che ordinò alla polizia di rompere la testa ai manifestanti, partecipa alle marce per i gay.
Gli americani sono nel panico per l'economia e non per le questioni culturali. Il conservatorismo è crollato perchè la sua fissazione per il libero mercato è stata collegata dagli elettori al disastro economico. Quando Reagan venne eletto, promise di ripristinare la libertà economica imbrigliata da 50 anni di governo in stile Roosevelt. Il capitalismo Usa, a suo dire, era diventato così addomesticato da impedire la crescita economica. Per un certo periodo gli americani concordarono.
(Continua)

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