sabato 27 settembre 2008

Resoconto del dibattito in Mississippi / 1

Se si fosse trattato di una partita di calcio, sarebbe stato il pareggio a reti bianche tra due squadre attente a non scoprirsi troppo più che a colpire l'avversario.
Sia McCain che Obama hanno preferito non rischiare di fare gaffe, e secondo tutti i commentatori il dibattito si è concluso con un pareggio, anche se i sondaggi istantanei condotti subito dopo la conclusione riportano che per il pubblico Obama è risultato vincitore.

Il dibattito è iniziato subito con una domanda sulla politica economica, nonostante alla vigilia fosse la politica estera l'argomento previsto per l'esordio. "Qual è la vostra posizione sul piano finanziario di Bush?" ha chiesto il moderatore.
Obama dice di voler tutelare l'americano medio in difficoltà, e poi spiega in cosa consiste il piano pur senza dire chiaramente cosa ne pensa.
McCain prima di rispondere rivolge un pensiero a Ted Kennedy, ricoverato in ospedale per una crisi. Poi parla del piano finanziario e prova a dare l'impressione di aver convinto i Repubblicani alla Camera a sedersi al tavolo delle trattative. Fa una battuta sul fatto di essere "nel giro" da parecchio tempo. Anche lui però non esprime un giudizio sul piano.
Il moderatore Lehrer allora ripete la domanda. Obama e McCain si mostrano fiduciosi su un accordo bipartisan e sperano di poter votare per il piano. Lehrer cerca di ravvivare il dibattito invitando Obama a rivolgersi direttamente a McCain. McCain replica con una battuta "Hai paura che non riesca a sentirlo?".

Lehrer rimane sull'argomento economico, chiedendo quali siano le principali differenze tra i due programmi. McCain prende la palla al balzo parlando della sua volontà di tagliare drasticamente le spese federali, uno dei suoi cavalli di battaglia, e accusa Obama di aver chiesto 932 milioni di $ in stanziamenti.
Obama sostiene di aver smesso di chiedere stanziamenti perchè il Congresso ha abusato di quello strumento, e accusa McCain di voler tagliare le tasse per 300 miliardi ai più ricchi.
McCain accusa Obama di voler aumentare le tasse, Obama accusa McCain di non avere un piano per salvare il ceto medio.
Obama e McCain discutono poi sulla definizione di "ricco", e Obama ribadisce di voler tagliare le tasse per il 95% della popolazione. McCain appare per la prima volta in difficoltà, dice che Obama ha votato aumenti di tasse per il ceto medio, ma Obama smentisce.
Si torna a parlare del piano di Bush, e di cosa si dovrebbe cambiare nelle politiche economiche se il Congresso approverà la legge che prevede di spendere 700 miliardi di $ per salvare i colossi finanziari. Obama fa una lista delle cose che vanno bene, ma non dice cosa taglierebbe. McCain ribadisce di voler tagliare le spese, soprattutto nelle agenzia federali.
Obama parla anche della necessità degli Usa di riprendere la leadership nello spazio, citando il fatto che la Cina sta per lanciare un suo piano spaziale.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono molto deluso da Obama. Il suo buonismo, che tanto mi ricorda quello fallimentare di Veltroni, è diventato nauseante. Mi spiace se sono troppo duro con il mio candidato ma quello di questa notte non è stato,almeno per me, un pareggio ma una débâcle di Obama.
McCain veniva da una settimana fallimentare e pesantissima mentre Obama volava nei sondaggi. La crisi finanziaria offriva al senatore dell' Illinois vantaggi insperati.

il risultato ? Un dibattito dove la vecchia ciabatta incartapecorita dell' Arizona ha attaccato duramente un candidato democratico che più che ad un dibattito sembrava ad una partita di fioretto. In questo modo Obama ha regalato la serata al finto eroe del Vietnam che invece doveva ricevere il KO definitivo.

Come scrive Vittorio Zucconi su Repubblica

" Non riesce ad approfittare dell'assist che questa settimana di "Mc Follies" e la scomposta agitazione del vecchio senatore di fronte al caos finanziario e al pasticcio del piano Bush salva-Borsa gli avevano offerto e si chiude in un catenaccio politico e retorico come troppo spesso gli accade nei dibattiti. Soffre della sindrome classica di tutti i candidati democratici, Bill Clinton eccettuato, la tendenza a parlare in politichese e in termini complessi, aggravato dal suo personale tic di inserire pause nel mezzo delle fasi e di ripetere parole come "io, io, io" che lo fanno apparire balbuziente e incerto. Di fronte all'evidente disprezzo del collerico dirimpettaio, che a volte sembra fare la parte che Al Gore interpretò contro Bush, risponde con argomentazioni e distinguo ed elenchi che non arrivano al cuore.

Nel suo terrore di apparire troppo "caldo" (leggi: nero) si mostra un po' troppo "freddo" (leggi: bianco) e dunque proietta un'immagine cerebrale e compunta che vuol essere presidenziale, ma risulta distaccata. I dibattiti non servono a sciorinare piattaforme e programmi politico economici che non vengono poi mai rispettati e non avrebbero comunque alcun senso di fronte a un futuro delle finanze pubbliche sconosciuto e terrificante. Servono a conquistare il pubblico attraverso esibizione di carattere, personalità, spontaneità simulata e passione. Fu detto che Bush vinse perché apparve come il compagno di scuola con il quale si andrebbe a bere una birra. Se questo è il criterio, Obama è apparso come il compagno dal quale si copierebbero volentieri i compiti. Continua a fare molto gioco e a non fare il gol decisivo."
http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/esteri/verso-elezioni-usa-3/pagelle-zucconi/pagelle-zucconi.html


Bel risultato. A fare i signori non si guadagna nulla.

Democratico

Anonimo ha detto...

A me invece Obama è piaciuto, e il fatto che la stragrande maggioranza dei sondaggi, nel dopo-dibattito, abbiano indicato il candidato democratico come colui che più ha convinto il pubblico, è forse il segnale che al momento l'economia ha sorpassato la politica estera come fattore della campagna elettorale (il che non può che sfavorire McCain), oltre che, in un momento di crisi come questo, l'Obama un po' più calmo e concreto, come si dimostra quando si erge a protettore della classe media, è preferito e preferibile a quello che qualche mese fa ispirava la gente.

Per avere successo Obama dovrà essere in grado di raggiungere il punto di equilibrio tra la "fredda" campagna di Gore nel 2000, e la campagna fin troppo emozionale di John Kerry, che finì per entusiasmare i democratici ma
spaventare i moderati, che temevano il fallimento in politica estera.