mercoledì 29 ottobre 2008

Vademecum: il sistema elettorale americano

Per eleggere il Presidente, la Costituzione degli Stati Uniti prevede un sistema ibrido che è rimasto invariato sin dai tempi di George Washington. All'indomani dell'Indipendenza, gli Stati dell'Unione si trovarono davanti alla necessità di dare vita ad un sistema legislativo e politico che tenesse conto dei diritti e dell'autonomia dei singoli stati ma che avesse una forma unitaria. Basandosi sulla divisione dei poteri teorizzata da Montesquieu, la Costituente delegò il potere legislativo al Congresso, formato dalla Camera dei Rappresentanti - espressione del popolo - e dal Senato - espressione degli Stati, il potere giudiziario ai tribunali, controllati dalla Corte Suprema, e il potere esecutivo al Presidente.
Il metodo con cui eleggere il Presidente fu però motivo di grande perplessità. L'ipotesi di farlo eleggere dal Congresso fu scartata quasi subito, in quanto privava il Presidente dell'approvazione diretta del popolo, lo rendeva troppo legato al Congresso e presentava rischi di corruzione dei membri del Parlamento da parte di potenze straniere.
L'ipotesi di farlo eleggere direttamente dal popolo, pur supportata da illustri rappresentanti, presentava il rischio che gli elettori votassero i candidati provenienti dal proprio Stato, senza contare che all'epoca era difficile per un candidato farsi conoscere ovunque, e che nella maggior parte degli Stati l'elezione diretta non era prevista neppure per i Governatori.
Si arrivò così alla soluzione di compromesso dei Grandi Elettori. Questi sarebbero stati eletti dal popolo su base statale e a loro sarebbe stato demandato il compito di eleggere il Presidente. Il sistema per l'elezione dei Grandi Elettori sarebbe stato regolato dalla legislazione di ogni stato ma avrebbe dovuto rispettare una serie di criteri dettati a livello federale per tutti gli Stati. Ciascuno Stato nelle presidenziali ha diritto a tanti delegati quanti sono i suoi congressisti nazionali (senatori più rappresentanti e, considerato che questi ultimi sono in proporzione al numero degli abitanti, più lo Stato è popolato maggiore è il numero dei suoi rappresentanti e, quindi, dei delegati da eleggere). Anche il Distretto di Columbia ha diritto a un voto elettorale.
Da Stato a Stato cambia anche il tipo di formulazione della scheda: nei due terzi degli Stati la scheda presenta solo i nomi dei candidati alla presidenza e alla vicepresidenza. In 14 Stati sulla scheda c'è anche il nome dei rispettivi Grandi Elettori, mentre in uno Stato ci sono solo i nomi dei Grandi Elettori. Il sistema di allocazione dei Grandi Elettori è quello del "winner-take-all".
I Grandi Elettori vengono scelti dai partiti tra le persone che si sono distinte per l'attività politica, ma non possono essere rappresentanti del Congresso. Una volta eletti, i Grandi Elettori si riuniscono, ognuno nel proprio Stato, 41 giorni dopo l'Election Day per ufficializzare il proprio voto. La Costituzione non prevede che i Grandi Elettori siano vincolati al risultato elettorale, ma alcuni Stati lo specificano. Per diventare Presidente, un candidato deve ricevere almeno 270 dei 538 voti elettorali disponibili. In caso questo quorum non venga raggiunto, spetta alla Camera dei Rappresentanti scegliere tra i tre candidati con il maggior numero di voti. La procedura prevede che in ambedue le Camere ogni Stato abbia diritto a un voto e che il quorum necessario venga raggiunto con il voto di due terzi degli Stati; la maggioranza (26) dei voti degli Stati e' necessaria per l'elezione del Presidente. Nell'ipotesi in cui la delegazione di uno Stato sia divisa a meta' circa il candidato da votare, quello Stato perde la possibilita' di esprimere il suo voto. Per cio' che riguarda invece il Senato, ogni senatore ha un voto e il quorum viene raggiunto con i due terzi dell'intero numero di senatori, che e' di cento. Il Presidente viene eletto con il voto della maggioranza dei componenti del Senato (51). Qualora si arrivi al giorno dell'Inaugurazione senza aver raggiunto il quorum, il Vice presidente (se eletto) farà funzioni di Presidente fino all'elezione. Se non sarà stato raggiunto il quorum neppure per il Vice presidente, il compito di facente funzioni spetterà allo Speaker della Camera. La Camera ha dovuto eleggere il Presidente solo due volte: nel 1800 (Thomas Jefferson) e nel 1824 (John Quincy Adams). La legge elettorale non prevede deroghe, e infatti si è votato regolamente anche in periodi di guerra. Negli ultimi decenni si è invece diffusa la pratica del voto anticipato, per posta o in apposite "voting machine".
Tra i vari problemi presenti in questo sistema elettorale - che più volte si è proposto di riformare - il più intuibile è che può accadere che un Presidente raggiunga la maggioranza dei Grandi Elettori pur non avendo ottenuto la maggioranza nel voto popolare. E' quanto successo nel 2000, con George Bush che è diventato Presidente nonostante Al Gore avesse ottenuto più voti di lui. In precedenza era successo a John Quincy Adams nel 1824, a Rutherford Hayes nel 1876 e a Benjamin Harrison nel 1888.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

C'è un errore.
I tre delegati del Maine vengono assegnati a chi vince ognuna delle tre contee, non l'intero stato.

G. ha detto...

Sì, in teoria è così anche in Nebraska, ma di fatto vengono assegnati sempre allo stesso candidato

Anonimo ha detto...

Un'ampia coalizione di associazioni statunitensi ha presentato nei giorni scorsi al 'Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite' (Ecosoc) una richiesta di invio di osservatori elettorali che possano sorvegliare la regolarità del voto negli Stati Uniti il prossimo 5 novembre. La coalizione si riunisce sotto lo slogan "No More Stolen Elections" (Mai più elezioni rubate!) e vi fanno parte alcuni dei maggiori coordinamenti di attivisti della società civile che negli ultimi anni hanno condotto le principali campagne contro le violazioni dei diritti umani e civili, contro le guerre e l'aumento delle spese militari.

L'istanza presentata ad alcuni Stati membri dell'ECOSOC (Brasile, Nuova Zelanda, Bolivia, Svezia, Regno Unito, Francia, Uruguay) è sostenuta da una petizione firmata da decine di migliaia cittadini statunitensi. "Mi ricordo della Florida nel 2001. Mi ricordo dell'Ohio nel 2004. Mi impegno ad agire a difesa dei diritti democratici dei cittadini nel 2008, se l'elezione ci verrà nuovamente rubata" - affermano.

Nella petizione presentata alle ambasciate degli 8 Paesi, i firmatari scrivono anche: "La comunità internazionale è venuta in aiuto ai cittadini statunitensi amanti della democrazia e dei diritti fondamentali in altre occasioni: per i diriti civili, per la libertà di parola, per l'indipendenza. Oggi vi chiediamo di inviare osservatori elettorali per vigilare sul nostro sistema elettorale antidemocratico e facile da truccare".

"Può sembrare paradossale ma non lo è!" - commenta Lisa Clark cittadina americana e attivista di 'Beati i costruttori di pace'. "I paesi dell'Africa e dell'Asia che organizzano elezioni libere, democratiche e trasparenti dopo una guerra o dopo l'abbattimento di una dittatura si vedono imporre leggi elettorali e strettissima supervisione da parte di "esperti" in democrazia che, in grande misura, hanno conseguito lauree nelle università Usa. E poi sono questi stessi esperti che, paternalisticamente, si congratulano o meno con i cittadini del 'Terzo mondo' se passano la prove secondo le istruzioni ricevute".

Negli Usa nel 2004, solo per fare uno degli esempi citati da "No More Stolen Elections", i quartieri a prevalenza afro-americana dell'Ohio furono forniti di pochissime macchine (i computer per il voto): scoraggiati dalle file, fino a 10 ore e mezzo prima di entrare nella cabina di voto, molti afro-americani se ne tornarono a casa. Mentre, nei quartieri abitati prevalentemente da bianchi il numero dei computer era abbondante e le attese si riducevano a mezz'ora o poco più. Per non parlare dei brogli nello spoglio: nel 2000, in Florida, si dovette ricorrere alla fine ad una sentenza della Corte Suprema che decretò la sconfitta di Al Gore.

"Ci sentiamo di consigliare al Presidente che uscirà dalle urne del 5 novembre di accogliere l'appello dei cittadini ad elaborare una nuova legge elettorale. Come consulenti esperti, però, non gli consigliamo certo Calderoli. Sarebbe utile per la superpotenza poter beneficiare dell'esperienza elettorale positiva di qualche paese come la Repubblica Democratica del Congo o la Bolivia.
Fonte: unimondo.org