martedì 22 gennaio 2008

Rassegna stampa democratica: analisi del voto, la situazione dei delegati, Edwards non molla

Dopo tre turni di voto in parti differenti dell'America (con una vittoria di Obama, una della Clinton e uno stato in cui praticamente si è impattato) gli spin-doctor che seguono il voto possono cominciare a rilasciare analisi sui vari aspetti dell'elettorato. Quello che più salta all'occhio riguarda l'età: si sapeva che Obama poteva contare soprattutto sull'elettorato giovane, ma ora si sa anche che non può contare sui più anziani.
Tra gli americani al di sopra dei 60 anni Obama ha fato registrare performance molto basse, al contrario della Clinton. In Iowa, ad esempio, il 45% di voti conquistati dalla Clinton proviene dagli ulta-65enni, contro il 18% di Obama. In New Hampshire la differenza è stata di 48 a 32, mentre in Nevada di 60 a 31. Su scala nazionale, i sondaggi danno la Clinon al 44% tra i più anziani, contro il 18% dell'avversario.

Intanto il tema dell'economia irrompe prepotentemente nelle primarie: dopo i mutui subprime della scorsa estate e soprattutto i crolli delle borse di questa settimana, con miliardi di dollari bruciati in poche ore, l'attenzione degli elettori si sposta su questi temi, a discapito di quei candidati che puntavano maggiormente sulla politica estera o sul sociale.
Nell'animato dibattito di ieri sulla CNN (con un serrato botta e risposta tra i candidati) la Clinton ha annunciato che, se verrà eletta, darà una nuova direzione all'economia statunitense modificando gli equilibri del mercato e tagliando le spese dell'amministrazione Bush. D'altronde anche il marito Bill, nel 1993, si trovò a dover azzerare il deficit lasciato da Bush sr.

La situazione dei delegati

La tabella che segue illustra il quadro generale di delegati e superdelegati assegnati finora. Per la definizione ddelle diverse tipologie di delegati vi rimando al post di ieri.
Alcune note metodologiche: i delegati eletti in Iowa e Nevada verranno ufficializzati solo alle convention statali tra aprile e maggio, ma comunque il loro numero è già conosciuto, e quindi sono inseriti in tabella come definitivi. I superdelegati invece esprimeranno il loro voto solo alla convention nazionale, e quindi finora è possibile solo avere delle stime. Mi sono basato su tre diverse ricerche (di CNN, CBS e Washington post) segnalando il range tra il minimo e il massimo di superdelegati attribuiti ai candidati.


(clicca per ingrandire)

Edwards non molla


Il deludente risultato del Nevada (che però era previsto, tanto che il candidato aveva lasciato lo stato prima del voto) John Edwards non ha alcuna intenzione di gettare la spugna. Da ex senatore della North Carolina, punta alle primarie di sabato per cercare un rilancio, ma soprattutto ha intenzione di giocarsela fino in fondo a dispetto dei sondaggi.
Puntando su una vittoria di McCain tra i Repubblicani, Edwards ha affermato ieri di essere l'unico del suo partito a poter affrontare il veterano del Vietnam: "McCain ha messo al centro della sua campagna la riforma fiscale. Dobbiamo contrapporgli qualcuno che non abbia mai preso soldi dai lobbysti di Washingotn. Tra noi tre, quello sono io". La sua volontà è stata confermata nel dibattito di ieri, in cui Edwards ha conquistato un buon gradimento a discapito degli altri due, litigiosissimi, contendenti.
E' quindi probabile che Edwards voglia correre fino alla fine, per conquistare il maggior numero possibile di delegati da poter poi gestire alla convention, nel caso in cui nè la Clinton nè Obama raggiungano da soli il quorum previsto.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

In Italia siamo alla nuova svolta? Chi ci crede, chi spera di no (Moretti pensa ad un nuovo film ^_^) chi sorride pensando alla fermezza dei nostri personaggi politici nel proclamare decisioni incontrovertibili.
Viene spontaneo il parallelismo con gli USA domandandosi quando riusciremo a creare un legame realmente democratico tra eletti ed elettori.

Complimenti a Guido per l'impegno e per l'ottima opera di informazione.

Anonimo ha detto...

Secondo me il voto in S.C. non è poi così importante. Insomma si sa che lì vincerà Obama, ma il problema non si risolverà ugualmente: tra superdelegati e primarie negli stati più importanti la Clinton è in netto vantaggio.
Con o senza la South Carolina.

Solo un evento apocalittico potrebbe fare cambiare idea a milioni di statunitensi e votare per il senatore nero.

Ho letto che Obama prende pochissimi voti tra l' elettorato più anziano. Secondo me li c'è anche un problema di razzismo. Gli elettori statunitensi sono disponibili ad eleggere una donna presidente ma penso che la stessa disponibilità non ci sia per i neri.

Mi fa specie il voto degli ispanici per la Clinton. Sarebbe più logico che una minoranza (relativa) voti a favore per un leader che rappresenta un' altra minoranza e non per una candidata che è l' espressione massima delle più influenti elite culturali, religiose ed economiche del Nord-America. Ma probabilmente le comunità ispaniche (convinte che sotto l' amministrazione Clinton vivevano nel lusso)sono loro stesse prevenute nei confronti dei neri, con cui non vogliono essere confuse, e sono facilmente manipolabili da un' informazione televisiva in gran parte controllata da personaggi, soldi e da un' etica integrata e provenienti dallo stesso mondo di Hillary

Democratico

G. ha detto...

In stati come la S.C. ispanici e afroamericani si contendono gli stessi posti di lavoro poco qualificati. E' una lotta tra poveri fortemente radicalizzata, e la rivalità fra le due minoranze fa sì che difficilmente uno stesso candidato possa ottenere i voti da entrambe.
Sicuramente non è un turno decisivo, ma comunque indicativo. Se vuole avere un'opportunità, in questi stati Obama deve stravincere, e contenere i danni altrove.

P.s. Grazie Antonio, qui da noi le svolte sono solo a U ^__^

Anonimo ha detto...

Il vero problema degli Stati Uniti è che la razza, la religione o il genere non dovrebbero neppure entrare nella campagna elettorale. Voglio dire, non si dovrebbe valutare il fatto che un candidato sia bianco o nero, mormone o evangelico e così via, ma confrontare i programmi. Mi inquieta allo stesso modo il fatto che i bianchi del sud possano avere qualche remore a dare la propria preferenza ad un candidato di colore, quanto il fatto che la più ampia maggioranza degli afroamericani preferisca Obama alla Clinton (discorso inverso per le donne, che preferiscono la Senatrice di New York). Simili considerazioni potrebbero essere fatti per i repubblicani che hanno fatto della religione, più che della piattaforma politica, il centro del dibattito.

Mi permetto un paragone delicato, visto che si è citata la situazione italiana: non siamo poi troppo diversi dagli americani da questo punto di vista. Sarei curioso di vedere cosa succederebbe se il candidato premier di una delle due coalizioni, ad esempio, fosse di religione diversa da quella cattolica: i politici galleggerebbero nel politically correct, ma sono certo che prima o poi finirebbero a discutere in TV, con toni sottili, se sia o meno il caso di eleggere un Presidente del Consiglio appartenente ad una minoranza.

G. ha detto...

Hai ragione, però se non altro l'appartenenza ad una minoranza può essere comunque un aspetto che riguarda la politica, anche se da un punto di vista poco ortodosso. Ci sono invece aspetti ancora più privati che hanno impatto ancora maggiore: pensa che è stato usato come argomento elettorale il fatto che da ragazzino Obama ha fatto uso di droghe...

A proposito di vita privata: hai notato che tutti i candidati sono sposati, anche se magari in seconde nozze? Un presidente single o "in cerca" non è neanche concepito

Anonimo ha detto...

" Un presidente single o "in cerca" non è neanche concepito "

Non parliamo poi di un Presidente gay/lesbica.
Sarebbe troppo per i benpensanti

Democratico

G. ha detto...

Infatti non ne ho neanche parlato. D'altronde in questo tutto il mondo è paese, non mi sembra ci sia una nazione al mondo con un presidente o un premier(dichiaratamente) gay

Anonimo ha detto...

Infatti, è proprio così. Tutti sposati, anche se plurime volte. Per quanto riguarda i comportamenti, come l'uso di droghe, il fatto che i precedenti ammessi con onestà da Obama possa influenzare il dibattito, può anche essere comprensibile (anche se non condivido l'idea che si possa giudicare una persona per aver rischiato di danneggiarsi 30 anni fa). Francamente però, preferirei un candidato che ammetta candidamente una cosa simile, piuttosto che altri che si prodighino per nascondere il proprio passato. Se non altro e segno di trasparenza ed onestà intellettuale.