giovedì 15 maggio 2008

A un passo dalla nomination

Obama merita la nomination. E' tutto da vedere se meriterà anche la presidenza
da The Economist

Nei cartoni animati c'è sempre un momento in cui un personaggio sfortunato, dopo aver saltato un precipizio, non è ancora consapevole del fatto di essere sospeso nel vuoto, ruota le gambe all'impazzata finchè non capisce in che situazione si trova, e finchè non interviene la legge di gravità facendolo precipitare. Hillary Clinton somiglia un po' a quel personaggio, questa settimana.
Dopo la pesante sconfitta in North Carolina e la vittoria di misura in Indiana, uno stato che avrebbe dovuto conquistare trionfalmente per poter andare avanti, la campagna di Hillary Clinton è sicuramente vicina alla conclusione.
Lei ha detto di voler andare avanti fino alla convention. E' un suo diritto, ma è difficile capire cosa lei, il suo partito o il paese potranno guadagnare da questa lotta.

La matematica parla chiaro. . Mancano solo 5 stati alla fine, e la Clinton ha buone chance in Kentucky, ma grazie al sistema proporzionale tutti gli stati divideranno i delegati quasi equamente. Mrs. Clinton dovrebbe conquistare più del 70% dei restanti superdelegati - un'impresa improba visto che non ha la maggioranza nel voto popolare. Anche se dovesse riuscire a far contare i voti di Florida e Michigan (e sarebbe ingiusto, perchè nel primo stato nessuno ha fatto campagna elettorale e nel secondo il nome di Obama non era presente sulla scheda) sarebbe sempre dietro nel conto dei delegati ma potrebbe prevalere nel voto popolare.
Se la Clinton si ritirerà la prossima settimana, la sua reputazione di lottatrice - e di una personalità ormai distinta dal marito - ne uscirà rafforzata. Se invece andrà avanti, portando il partito ad una diatriba legale, darà l'idea di ritenere il suo rivale Obama indegno della nomination, o perchè perderebbe sicuramente a novembre, o perchè sarebbe un presidente inadatto.

Nessuna delle due giustificazioni regge. Questo giornale non ha mai apprezzato l'Obamamania, abbiamo sempre chiesto di saperne di più sulle posizioni del giovane senatore e siamo impalliditi alla retorica anticapitalistica che ha portato in campagna elettorale; ci preoccupa inoltre la sua strategia per il ritiro dall'Iraq. Ma Obama ha superato alla grande tutti gli ostacoli che gli si sono presentati di fronte.
La Clinton sembra più popolare tra la classe operaia e il ceto medio, e questo mette Obama in una posizione di svantaggio nei confronti di McCain. Ma le questioni sull'appeal verso gli elettori bianchi, così come quelle riguardo la disposizione a votare un presidente nero, sono spesso esagerate rispetto al reale peso nelle elezioni generali.
I problemi di Obama con gli elettori bianchi non riguarda il colore della pelle ma la classe sociale: appare troppo spesso come un elitario, in modo simile a John Kerry. Ma Obama, figlio di una madre single di classe sociale non agiata, può facilmente modificare la propria immagine.
Inoltre Obama attrae elettori in un modo che la Clinton non si sogna neppure. Per ogni bigotto bianco che vota Clinton a causa del colore di Obama, c'è un un indipendente bianco - probabilmente giovane - che corre a sostenere il senatore. I sondaggi mostrano che i giovani, sia bianchi che neri, preferiscono Obama. Contro la Clinton, McCain avrebbe il monopolio degli indipendenti, contro Obama dovrà dividerli a metà. Obama ha raccolto fondi da 1 milione e mezzo di persone, più di quanto chiunque abbia mai fatto. Questo metterà lui e il partito in una posizione di vantaggio a novembre.

La cosa buona delle primarie è che permette di vedere come si comporta un candidato quando è sotto pressione e per misurare le sue caratteristiche presidenziali. La Clinton, ad esempio, si è contraddistinta per la sua tenacia nel rimanere in corsa, McCain per aver rifiutato compromessi su Iraq e trattati commerciali. Obama si è mostrato un po' irascibile, ma ha affrontato molto bene le pressioni. Nelle scorse settimane ha dovuto fare i conti con le dichiarazioni del suo ex pastore Jeremiah Wright, ma anche con gli attacchi della Clinton. Il suo rifiuto di supportare la balzana proposta di una sospensione estiva delle tasse sul carburante è stato encomiabile.
C'è un motivo se Obama è ancora lì. Più di qualsiasi altro candidato quest'anno, ha articolato un'idea di America più nobile. In questo la sua storia personale lo aiuta molto.
Ci sono certamente molti punti deboli, sui cui McCain insisterà molto più di quanto abbia fatto la Clinton, ma la prospettiva di una presidenza Obama è migliore di altre.
Per tutte queste ragioni, Obama a nostro avviso merita la nomination, e per la Clinton è giunto il momento di mettere il considerevole peso del suo nome sulle spalle della migliore speranza del partito.

Copyright © The Economist Newspaper Limited 2008. All rights reserved

Nessun commento: