giovedì 19 giugno 2008

Imparare ad essere Michelle Obama

di Sally Jacobs (The Boston Globe)

Quando Catherine Donnelly salì le scale del dormitorio della Princeton University circa un quarto di secolo fa, la matricola della Louisiana si sentiva pronta a tutto. Ma poi incontrò Michelle.
Il suo nome completo era Michelle LaVaughn Robinson. Era così alta che la sua testa quasi toccava il soffitto della piccola stanza al quarto piano. Ed era nera.
Cresciuta nel South Dakota, Donnelly era andata a scuola con dei ragazzi neri, ma viverci insieme era un'altra cosa. Fece subito amicizia con Michelle e con il suo senso dell'umorismo, ma aveva paura che sua madre, che Donnelly sapeva essere cresciuta in una famiglia razzista, non avrebbe reagito bene. E aveva ragione.
Quando la madre di Catherine, che ora ha 71 anni, seppe la razza della compagna di stanza della figlia, andò fuori di sè. La mattina dopo, fece irruzione negli uffici amministrativi chiedendo che alla figlia venisse cambiata stanza, e minacciando di ritirarla dalla scuola.
Per la 17enne Michelle - oggi Michelle Obama, la prima donna afro-americana ad affrontare la reale possibilità di diventare first lady - questo avvenimento fu solo l'inizio di un capitolo formativo della sua vita. Era il momento in cui stava formando la sua visione sulla razza e la cultura americana - visione che l'ha resa una figura così importante in questa campagna elettorale, ma a volte anche scomoda. La settimana scorsa è stata diffusa la notizia, rivelatasi falsa, di dichiarazioni in cui Michelle insultava i bianchi.
Quando la Obama entrò a Princeton, nel 1981, il campus era nettamente, anche se non ufficialmente, diviso in base alla razza. Allora come oggi, Michelle si trovò a pensare a come superare le differenze razziali piuttosto che evidenziarle. E questa è una lezione di speranza, dal momento che la madre di Catherine Donnelly oggi considera seriamente l'ipotesi di votare per Obama.

Michelle Obama è spesso definita la metà più risoluta della famiglia Obama quando si tratta di questioni razziali, ma nei suoi anni a Princeton non era un'attivista. Cercava invece modi più diplomatici, caratteristici della sua natura pratica. Nel tentativo di aiutare gli studenti neri, questa ragazza con tanti capelli e un filo di perle partecipava alle riunioni sugli afro-americani e lavorava per facilitare la vita dei suoi compagni di colore.
A detta di tutti, gli anni a Princeton sono stati un crocevia fondamentale per la coscienza civile di Michelle, culminata con una tesi di laurea sull'identità razziale.
Nonostante il parere della madre, Catherine Donnelly rimase ancora per diverso tempo in stanza con Michelle, salvo poi trasferirsi quando si liberò una camera più grande. "Princeton era un luogo di segregazione, all'epoca" racconta la Donnelly, che oggi è avvocato "e quando Michelle iniziò a frequentare gli studenti neri, per noi fu più difficile continuare ad essere amiche. Avrei dovuto impegnarmi di più, ma per lo stesso motivo anche lei si allontanò da me".

Uno degli argomenti su cui gli studenti neri dibattevano in quegli anni riguardava il modo in cui poter fare carriera in un mondo dominato dai bianchi ma rimanere allo stesso tempo legati alla comunità nera. La stessa Michelle, andando a Princeton, varcò una soglia, ma era perplessa sul fatto di iscriversi alla scuola di legge.
A Princeton frequentava lezioni di piano, ma era anche una figura molto nota nei circoli neri, come il Third World Center.
In quegli anni a Princeton c'erano molte manifestazioni sulle questioni razziali, con frequente partecipazione del Reverendo Jesse Jackson, ma Michelle ne restava spesso fuori. Anche chi si sentiva d'accordo con le proteste, non voleva correre il rischio di essere arrestato.
Nell'ultimo anno a Princeton, Michelle condusse un'indagine sulle attitudini di un campione di studenti neri. Ciò che scoprì la sorprese. Durante gli anni universitari, i ragazzi si identificavano fortemente con la comunità nera, ma una volta finiti gli studi l'identificazione con i bianchi aumentava.
Questo risultato fu probabilmente importante per la sua decisione di frequentare la scuola di legge ad Harvard. "Michelle trovò il modo di risolvere il suo dilemma rimanendo se stessa" racconta Charles Ogletree, insegnante di Michelle oggi nello staff di Obama "Andò ad Harvard senza ambiguità sulla sua identità di razza e genere. Lei potrà affrontare l'America delle corporazioni ma non dimenticherà mai i valori della famiglia da cui proviene".

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