lunedì 2 giugno 2008

La Clinton a caccia dei superdelegati di Obama

Mentre Barack Obama è ormai concentrato sulle elezioni di novembre, desideroso di colmare il divario che lo separa da John McCain, il quale ha potuto iniziare a fare campagna elettorale da marzo, Hillary Clinton non sembra più tanto convinta di farsi da parte questa settimana, neppure se - come è probabile - il rivale dovesse raggiungere il fatidico numero di 2.118 delegati necessari per la nomination.
Obama ha infatti ottenuto più della metà dei delegati elettivi, 1.728,5 su 3.253, più 332,5 superdelegati per un totale di 2.072. Ne mancano 46 per assicurarsi la nomination, e visto che in totale le ultime due primarie mettono in palio solo 31 delegati elettivi è evidente che ci sarà bisogno dell'apporto dei superdelegati ancora indecisi per arrivare al numero magico.
E sono proprio i superdelegati il prossimo obiettivo di Hillary Clinton. La senatrice affermerà di aver conquistato la maggioranza nel voto popolare (anche se il conteggio è dubbio perchè non comprende alcuni caucus state e comprende invece il totale delle primarie dimezzate di Michigan e Florida oltre a Porto Rico, che non vota per le presidenziali) come mossa per conquistare l'appoggio degli indecisi. Ma anche in questo caso sarà difficile colmare il distacco di oltre 150 delegati, e infatti la Clinton ha già più volte ribadito che "I superdelegati possono cambiare idea".
Per quanto possa sembrare improbabile (finora la maggior parte dei passaggi è stata dalla Clinton a Obama, non viceversa) la senatrice passerà i prossimi giorni a fare pressing anche sui superdelegati già dichiarati.

Le mosse seguenti, se la Clinton rimarrà ancora in corsa, saranno quella di ricorrere al Credentials Committee a fine giugno, appellandosi contro la decisione della commissione DNC riguardo il Michigan. E poi c'è la convention: in quella sede la Clinton potrebbe appellarsi di nuovo per vedere riammessi i due stati ribelli, ma soprattutto potrebbe chiedere alle delegazioni di esprimersi in un voto pubblico fra lei e Obama. In questo caso potrebbe contare non solo sul cambio di idea dei superdelegati, ma anche dei delegati pledged, che in sede di convention non sono tenuti a rispettare il risultato delle primarie ma possono votare in totale libertà.
Nonostante il divario contenuto tra i due candidati è improbabile un massiccio rovesciamento di fronte - a meno che nel frattempo non accada qualcosa in grado di compr0mettere seriamente l'eleggibilità di Obama - ma la prospettiva basta a terrorizzare il partito.
Dal canto suo Obama continua (ma per quanto?) la linea di fair play con la rivale, riconoscendole grandi meriti e dicendo di contare su di lei per novembre. Ma ha anche detto che, per proclamare la nomination, non attenderà la telefonata di congratulazioni della Clinton.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Intanto arriva una doccia fredda, anzia gelida, dal sondaggio dell' ARG condotta in S. Dakota e Montana.
Infatti secondo questa rilevazione in Montana Obama avrebbe solo il 48% contro il 44% della Clinton (in un precedente sondaggio di
Mason Dixon il senatore nero era al 52% contro il 35% della iena di Neww York). Ma l' orrore arriva dal S. Dakota dove Obama sarebbe crollato al 34% contro, addirittura, il 60% di quell' altra.

Democratico

Anonimo ha detto...

Democratico, è quello che molti stanno dicendo da tempo. Alla fine gli americani potrebbero votare semplicemente per chi dimostra di avere maggiore autorevolezza.

Anonimo ha detto...

L'autorevolezza è molto importante per il ruolo di Presidente USA.