lunedì 7 aprile 2008

Chi metterà fine alla sofferenza?

di John Heilemann (New York Magazine)
Nei giorni successivi al ritiro di John Edwards dalle primarie, il mondo politico si aspettava un suo endorsement per Barack Obama come logica conseguenza. Il candidato neo-populista aveva passato i mesi precedenti ad etichettare la Clinton come la rappresentazione dello status quo, e ad accusarla in pratica di corruzione per la difesa dei lobbysti e delle grandi industrie. Inoltre c'erano questioni di famiglia: "Elizabeth Edwards non ha mai sopportato la Clinton" ha confessato un membro dello staff.

Ma adesso sono passati due mesi dal ritiro di Edwards, e ancora non c'è stato nessun endorsement. Perchè? Secondo uno stratega Democratico indipendente la risposta è semplice: Obama lo ha snobbato. Il giorno dopo il ritiro di Edwards, Obama andò a parlargli in privato. Le sue risposte alla richiesta di Edwards di rendere centrale nel suo programma il tema della povertà sono state svogliate, superficiali e di circostanza. Al contrario la Clinton ha affrontato con Edwards una lunga discussione. Dieci giorni dopo, i due si sono incontrati in North Carolina e la Clinton ha dimostrato vero interesse ed ha anche fatto progressi con Elizabeth. Nel frattempo Obama ha di nuovo sbagliato discutendo proprio con Elizabeth a proposito di sanità, criticando il piano della Clinton (che era stato approvato da Edwards).

Questa storia ha due implicazioni significanti. La prima è che il front-runner Democratico deve raffinare le sue capacità diplomatiche e la sua capacità di chiudere un accordo. La seconda è ancora più importante: visto il trend autodistruttivo di questa campagna, chi può mettere fine a questa sofferenza? Come si può impedire alla Clinton di far passare al suo partito tre mesi di sofferenza? Dove sono i famosi "vecchi" del partito in grado di convincerla che è il momento dei saluti?
Finora gli appelli perchè la Clinton si ritiri sono arrivati principalmente dai sostenitori di Obama, che hanno la logica dalla loro parte: se è praticamente (anche se non matematicamente) impossibile per la Clinton vincere tra i delegati elettivi e nel voto popolare, allora qual è lo scopo di questo spargimento di sangue?
Ma il desiderio che un deus ex machina risolva la situazione presenta molti problemi, a partire dal fatto che non ci sono molte divinità Democratiche a disposizione, e quelle poche sono inclini a rimanere neutrali almeno fino alla fine delle primarie.

Nonostante i rapporti non certo idilliaci tra Al Gore e Hillary, Gore ha resistito alla tentazione di supportare Obama, e proprio a causa dei loro rapporti, se anche Gore lo facesse, questo avrebbe pochi effetti sulle decisioni della senatrice. Edwards, che in un primo momento aveva parlato con Gore della possibilità di un endorsement congiunto, ora sembra propenso a rimanere neutrale, se non addirittura ad appoggiare la Clinton. Jimmy Carter ha detto inequivocabilmente di voler rimandare la decisione.

A questo punto i Democratici più influenti sono la Speaker della Camera, Nancy Pelosi, e il leader della maggioranza al Senato Harry Reid. Ma le posizioni della Pelosi riguardo i superdelegati hanno messo in dubbio la sua neutralità, e quindi le possibilità di influire sulla Clinton.


Secondo gli assistenti della Clinton, le persone che potrebbero maggiormente influire sulle decisioni di Hillary non sono i "grandi vecchi", ma le persone a lei più leali: Terry McAuliffe, Vernon Jordan, Rahm Emanuel (l'unica persona del club ad essere anche vicina ad Obama). Inoltre ci sono il Governatore della Pennsylvania Ed Rendell e l'afro-americana Stephanie Tubb-Jones "Se la Tubb-Jones le consigliasse di ritirarsi, avrebbe una grande influenza" ha detto un collaboratore della Clinton.
E non dimentichiamoci di Bill.
Per il momento nessuna di queste persone le ha suggerito di farsi da parte. Non sono idioti nè ciechi, sanno leggere e fare di conto, ma credono che anche se la strada è impervia, una scia di vittorie in Pennsylvania, North Carolina e Indiana possa rimettere tutto in gioco, specialmente con i superdelegati. Oppure che la candidatura di Obama può saltare in aria in modo spettacolare.

La domanda è se uno di questi consiglieri intercederà con la Clinton se aumenteranno i veleni nella campagna. La mia opinione personale è che, alla lunga, gli attacchi della Clinton hanno rafforzato Obama piuttosto che danneggiarlo. Lo hanno forgiato, messo alla prova per quello che lo attende.
Alcuni dei membri dello staff della Clinton non rimarranno inermi se a giugno Obama sarà ancora in testa. Per quanto fedeli, non vogliono avere niente a che fare con un'operazione mirata a distruggere il rivale, a qualsiasi costo. Ma sono le stesse persone profondamente convinte che Obama non abbia chance contro McCain, ed è il motivo principale per cui la Clinton va avanti.

Tuttavia, per ironia della sorte, questa valutazione potrebbe essere anche la causa di un inatteso ritiro della Clinton entro giugno - come ha suggerito l'ex manager della campagna di Walter Mondale, Bob Beckel - per accettare la candidatura a vicepresidente. Perchè se la Clinton è convinta che Obama perderà contro McCain, vuol dire che sta valutando la sua posizione per le presidenziali del 2012, e una campagna all'ultimo sangue contro Obama non è il modo migliore per arrivarci. Un'uscita di classe la metterebbe invece in una posizione di forza.

Ecco l'ultima speranza dei "grandi vecchi" del partito, perchè in definitiva l'unica persona a cui Hillary Clinton darà retta è proprio Hillary Clinton.

©MMVIII, New York Magazine. Illustration by Darrow

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