di David Shribman (Pittsburgh Post-Gazette)
In questi mesi sono stati pubblicati due volumi chiamati "Avrei voluto essere lì", in cui è stato chiesto a ad alcuni illustri storici di scegliere un evento storico a cui avrebbero voluto assistere: tra gli americani, sono stati scelti il processo alle streghe di Salem, l'assassinio di Lincoln e la marcia su Selma; tra gli storici europei sono stati citati la battaglia del Nilo, la resa della Germania nel 1945 e la preparazione del quadro di Manet "Le Dejeuner sur l'herbe".
Se lo avessero chiesto a me, non avrei avuto dubbi su cosa rispondere.
In questa primavera in cui Hillary Rodham Clinton e Barack Obama si contendono la Pennsylvania, avri voluto essere nella stanza in cui un riluttante John F. Kennedy offriva ad un riluttante Lyndon B. Johnson la nomination a vicepresidente nel 1960.
La ragione è che, a differenza della battaglia del Nilo, non sappiamo nulla di ciò che accadde al Biltmore Hotel di Los Angeles nel luglio 1960. Ci sono tante versioni della storia quanti ne furono i partecipanti, e di persone coinvolte ce ne furono parecchie.
C'era JFK, il Democratico che aveva conseguito la nomination. C'era LBJ, che sarebbe succeduto a Kennedy tre anni e mezzo dopo. C'era Robert F. Kennedy, che sarebbe divenuto la bestia nera di Johnson e, prima di venire ucciso nel 1968, 40 anni fa il prossimo giugno, avrebbe cercato di mettere fine alla guerra che Johnson stava proseguendo. C'era Arthur Goldberg, il grande avvocato che Johnson avrebbe convinto a rinunciare a alla Corte Suprema per un ruolo privo di potere alla Nazioni Unite. C'era John Kenneth Galbraith, l'economista di Harvard che sarebbe diventato ambasciatore negli anni di Kennedy e un oppositore dell'amministrazione Johnson.
Theodore C. Sorensen, uno dei maggiori consiglieri di Kennedy, alla fine di giugno 1960 aveva preparato una lista di possibili vicepresidenti, e Johnson, leader della maggioranza al Senato, era il primo nome, perchè sarebbe stato utile per conquistare i voti "delle zone rurali, del Sud e del Texas".
Ted Kennedy ha raccontato: "Mio padre era fermamente convinto che Johnson fosse la persona giusta, e ricordo che John disse a m e Bobby 'Avreste mai pensato di vedere papà così entusiasta?'. Nostro padre aprì la strada all'idea che la scelta di Johnson era accettabile".
Johnson aveva i suoi detrattori tra i liberari e i leader sindacali, e lo staff di Kennedy aveva assicurato agli alleati nei sindacati che Johnson non sarebbe stato scelto, anche perchè - come aveva detto il leader del potente sindacato United Auto Workers "Ci eravamo uniti attorno a Kennedy proprio per fermare Johnson".
A volte i piccoli gesti sono quelli con le più grandi conseguenze. Tornando nell'appartamento che usava nei giorni della convention a Los Angeles, Kennedy scoprì che tra i telegrammi di congratulazioni, il più cordiale ed entusiasta era poprio quello di Johnson. "Da quel momento Kennedy cominciò a prendere in considerazione l'ipotesi che Johnson avesse cambiato idea rispetto alla sua posizione precedente, di non accettare in nessun caso il posto di vice" scrisse lo storico Theodore H. White.
Cominciarono le fitte telefonate tra i fratelli Kennedy e lo staff di Johnson, e uno dei momenti meno documentati della storia politica americana.
Nella furia del dibattito, pare che Bob Kennedy tentò di convincere Johnson a non accettare il ticket, un gesto che avrebbe spinto invece LBJ ad accettarlo e che avrebbe avuto gravi implicazioni per i loro futuri rapporti e per la politica americana negli anni a venire.
Cosa ha a che vedere tutto questo con le primarie in Pennsylvania e e la lotta per la nomination democratica del 2008? Dovreste chiederlo a Sorensen, che il prossimo mese compirà 80 anni e sta per pubblicare la sua autobiografia in cui racconta che quando Bob Kennedy fece presente le lamentele di liberali e sindacati, il fratello rispose che la scelta di Johnson non era scritta nella pietra. Questo spinse Bobby a fare visita a Johnson, una visita che fece sì che Johnson accettasse un premio che non era sicuro di volere.
"LBJ aveva attaccato JFK più duramente di chiunque altro, tuttavia Kennedy pensava che Johnson fosse l'uomo migliore per unificare il partito" ha detto Sorensen "Questa cosa potrebbe ripetersi. Non sarebbe sbagliato se Obama ragionasse in questo modo".
Sorensen sostiene Obama e ha anche raccolto soldi per lui, quindi a onor del vero lo scenario potrebbe presentarsi anche a parti invertite. Lo sapremo tra qualche settimana. Ma se succederà - come quando Ronald Reagan scelse George H.W. Bush nel 1980 o quando John Kerry scelse John Edwards nel 2004 - tra qualche anno molti di noi diranno: avrei voluto essere lì.
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