di Mark Halperin (TIME)
Mark Penn, lo stratega con il controllo quasi totale sulla campagna elettorale della Clinton sin dall'inizio, è stato spinto a dimettersi, come annunciato domenica sera.
Il sorprendente annuncio è arrivato dopo la scoperta che Penn, nella veste di amministratore delegato della lobby Burson-Marsteller, aveva intrattenuto discussioni con personalità di spicco della Colombia a proposito di un accordo bilaterale di libero commercio, avversato dalla Clinton.
Durante la campagna per le primarie in Ohio, la Clinton aveva attaccato Barack Obama per quella che aveva definito una "tacita collusione" con il Canada a proposito del NAFTA, un altro controverso trattato commerciale che lei ha detto di voler riformare.
Penn ha rappresentato una figura controversa nel corso di tutta la campagna, si è alienato le simpatie dei colleghi con i suoi metodi bruschi ed enfatizzando una strategia basata sulla durezza, sull'esperienza e sull'eleggibilità della Clinton, in un momento in cui gli analisti di entrambi i partiti sostengono che gli elettori cerchino il cambiamento.
Anche se il comunicato stampa della Clinon lascia intendere che Penn continuerà ad essere consigliere, è impossibile negare che questo evento rappresenta un cambiamento enorme nella campagna elettorale. Penn ha avuto una autonomia pressochè totale nel prendere le decisioni importanti su cosa la candidata doveva dire, dove doveva andare, cosa comunicare. Anche se molti collaboratori della Clinton diffidavano di lui, Penn è sempre stato un uomo di fiducia di Bill e Hillary, tanto da sopravvivere ad un momento difficile all'indomani del voto in Iowa, quando la Clinton arrivò solo terza. Adesso però ha dovuto cedere a forti pressioni.
Il ruolo di Penn se lo spartiranno il sondaggista Geoff Garin e il direttore della comunicazione dello staff della Clintonm Howard Wolfson.
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