venerdì 13 giugno 2008

Come scegliere un vicepresidente

di Karen Tumulty (TIME)

Ecco una delle più strane ironie della Costituzione americana: più di 50 milioni di persone hanno appena finito di scegliere i candidati presidenti dei due partiti in una estenuante e lunghissima campagna elettorale, ma quando è la volta di scegliere i nominati alla vicepresidenza, solo due persone hanno diritto di voto: John McCain e Barack Obama. Tra un'esplosione di democrazia in primavera e una ancora più grande esplosione di auto-determinazione in autunno c'è un breve interludio di, beh, qualcosa che probabilmente piacerebbe a Vladimir Putin.
Tutti sanno che la principale qualità richiesta a un vicepresidente è quella di essere pronto, all'occorrenza, a prendere in mano il più potente posto di lavoro al mondo. Ma ciò che rende adatti a fare quel lavoro, e ciò che rende adatti ad avere quel lavoro, sono cose diverse.
La scelta del vice ci dirà qualcosa dei due candidati presidenziali e di come intendono governare. Ci sono molti modi di scegliere un vicepresidente, ognuno con i suoi rischi. Ecco i cinque modi più affidabili:

1. Giocare con i tuoi punti di forza
Il modo più veloce di far capire chi sei, è scegliere qualcuno che sembri proprio come te. Nel 1992, Bill Clinton scelse un altro giovane del sud con fama da moderato e un sacco di capelli in testa. Scegliendo Gore, Clinton rafforzò la propria ambizione di rappresentare una nuova generazione di Democratici, lontana dal passato.
Se McCain seguisse un simile approccio, dovrebbe scegliere un n°2 esperto in sicurezza nazionale o lontano dalle etichette di partito - uno come Joe Lieberman. Allo stesso modo, Obama potrebbe scegliere un partner giovane e carismatico e anche rompere una barriera storica di sesso o razza - scegliendo ad esempio la Governatrice del Kansas Kathleen Sebelius - o trascendere gli schemi politici scegliendo il Repubblicano Chuck Hagel.

2. Guardare alla geografia
Un atlante è una buona guida Michelin per scegliere un vicepresidente. La scelta giusta può permettere di bilanciare un nominato troppo radicato in un certo territorio. Gli ultimi due a fare una scelta basata prevalentemente su questo criterio sono stati John Kennedy nel 1960 e Mike Dukakis nel 1988. Entrambi del Massachusetts, scelsero tutti e due un partner del Texas - Lyndon Johnson e Lloyd Bentsen.
Più prosaicamente, si può scegliere un vice per assicurarsi uno stati cruciale per l'elezione, anche se non si può mai sapere. Kennedy grazie a Johnson vinse in Texas con uno scarto di appena 46.000 voti, ma Dukakis perse perchè la popolarità pure considerevole di Bentsen non era nulla in confronto alla possibilità di avere un texano doc come Bush sr. nello Studio Ovale.
Quest'anno, visti gli scarti ridotti, sia Obama che McCain terranno d'occhio la mappa elettorale. Obama prenderà in considerazione il Governatore dell'Ohio Strickland (che però si è detto indisponibile) o tre nomi della Virginia: il Governatore Tim Kaine, l'ex Governatore Mark Warner o il Senatore Jim Webb. O forse il Governatore del Montana Brian Schweitzer. McCain potrebbe trarre beneficio dal Governatore del Minnesota Tim Pawlenty, l'ex Governatore della Pennsylvania Tom Ridge o Mitt Romney, che ha radici in Michigan.

3. Coprire i punti deboli
D'altro canto, un candidato può voler compensare le proprie vulnerabilità. George W. Bush scelse per questo motivo Dick Cheney, un esperto politico con ottime credenziali in politica estera. E Gore, sempre nel 2000, sapeva che scegliendo Lieberman, uno dei maggiori critici di Clinton durante l'affare Lewinsky, avrebbe preso le distanze dal suo predecessore.
Nel caso di McCain, ogni dubbio degli elettori nel votare un 72enne potrebbe essere alleviato da un vice molto più giovane. E in un anno in cui le crisi finanziarie hanno conquistato le prime pagine dei giornali, non sarebbe male cercare qualcuno più a suo agio con le materie economiche. In questo senso tornerebbero utili i nomi di Pawlenty o Romney, ma anche quello di Rob Portman, economista coinvolto nell'Amministrazione Bush.
Obama invece potrebbe voler alleviare i dubbi sulla propria inesperienza scegliendo un partner più anziano e con credenziali in sicurezza nazionale. I nomi più quotati sono quelli del presidente della Commissione Esteri del Senato Joe Biden, o l'ex presidente della Commissione Difesa Sam Nunn. Anche il Governatore della Pennsylvania Ed Rendell o l'ex Senatore del South Dakota Tom Daschle farebbero al caso suo.

4. Abbraccia il tuo rivale
Anche dopo una lunga e dura battaglia, il vincitore deve considerare l'idea di chiamare lo sconfitto a bordo. E' quello che fecero Ronald Reagan nel 1980 con George H. Bush e John Kerry nel 2004 con John Edwards. A volte è l'unico modo di garantire l'unità del partito.
Ovviamente ci sarà sempre il sospetto che l'ex rivale nutra ancora rancore, e gli avversari non mancheranno di farlo notare, ma sono preoccupazioni spesso superate, basti pensare a come si sono scongelati i rapporti tra McCain e Mitt Romney - che si è reso protagonista di una formidabile raccolta fondi - e al fatto che i sostenitori della Clinton, Bill in testa, si aspettano che Obama prenda in considerazione l'ipotesi.

5. Puntare all'eccitazione
A volte un nominato si trova obbligato a suscitare emozioni. Ecco spiegato perchè Walter Mondale, nel 1984, scelse come vice Geraldine Ferraro, la prima donna in un ticket presidenziale. Visti i loro continui dissidi, nessuno si sarebbe aspettato che Bob Dole nel 1996 scegliesse come vice Jack Kemp - e Kemp meno di tutti. Dole aveva bisogno di ossigeno e novità, ma poi Kemp si rivelò un partner molto più complicato del previsto.
Chi potrebbe essere l'outsider di quest'anno? McCain potrebbe scegliere l'ex Segretario di Stato Colin Powell. Obama non ha bisogno di suscitare altre emozioni, ma potrebbe scegliere una donna come la Sebelius o la Governatrice dell'Arizona Janet Napolitano.

Ma se ci si spinge troppo in là, gli elettori potrebbero rimanere perplessi - e alla fine anche gli stessi Presidenti. Nel 1988 sembrò che George H. Bush si fosse affidato ad uno di quei programmi delle agenzie matrimoniali, cercando uno con radici opposte alle sue, giovane quanto lui era anziano, conservatore quanto lui era moderato, e trovò Dan Quayle. Il ticket si rivelò vincente, ma nel 1992 Bush cercò di cambiare vice, inutilmente. E questo porta all'ultima regola da ricordare: è difficile trovare un buon partner, ma è ancora più difficile disfarsi di un cattivo partner.

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Beh, anche da noi chi vince poi si sceglie la squadra come meglio crede, anche se è vero che il numero di voti dei singoli partiti influenza le decisioni e la composizione del governo.

Peraltro la democrazia USA non è poi tanto democratica.
Il Presidente ha potere di veto su ciò che non gli va e il Congresso è di fatto debole.
Quanto ci hanno messo a riconoscere dei diritti ancora minimali ai detenuti di Guantanamo?

Certo non siamo a livello di Putin, ma anche in USA la stampa negli ultimi anni è stata molto "ossequiosa" nei confronti di chi comanda.

Forse la democrazia più grande nel mondo è l'India?

E poi George W Bush è da molti considerato un fantoccio guidato da eminenze grigie (vedi lobby).

Un vero Democratico.

Anonimo ha detto...

La lobby dei petrolieri, soprattutto con i prezzi di oggi, conta molto.

I Clinton hanno ricevuto molti più soldi dalle compagnie petrolifere di quanti ne abbia ricevuto Kerry nel 2004... ma in quel caso i petrolieri volevano che GWB restasse.

E Cheney forse contava più di GWB.

Marco