sabato 2 febbraio 2008
Rassegna stampa democratica: il dibattito, caccia ai delegati, il perchè dell'endorsement di Kennedy, Jackson getta acqua sul fuoco
Il primo dibattito uno-contro-uno non si trasforma in un duello all'arma bianca come in molti prevedevano. Rispondendo agli inviti ad abbassare i toni, arrivati da tutte le parti, Obama e la Clinton hanno messo da parte le ostilità dando vita ad un dibattito sereno in cui hanno messo in evidenza le loro differenze tanto quanto le loro affinità. La Clinton è sembrata più spigliata e in forma di Obama, ma questo può dipendere da un gioco delle parti finalizzato a mostrarsi sotto una nuova luce: la ex-first lady ha provato a nascondere l'aria severa e glaciale che le viene sempre imputata, mentre il senatore dell'Illinois ha adottato uno stile più sobrio e "presidenziale".
Nella cornice del Kodak Theatre di Los Angeles, con una folla di supporter in strada degna di stelle del cinema, i due candidati si sono confrontati essenzialmente su tre temi: il sistema sanitario, la guerra in Iraq, e la rispettiva esperienza politica.
Sul primo tema, Obama ha riconosciuto che i due programmi sono uguali "al 95%", ma il suo permetterà di ridurre i costi. La Clinton ha ribattuto che lei è intenzionata ad allargare l'assistenza sanitaria a tutti gli americani. Sull'Iraq, la Clinton si è dovuta difendere dall'accusa di aver votato a favore dell'intervento militare nel 2002 (adducendo come giustificazione che la Casa Bianca le aveva detto che l'intervento sarebbe servito solo per far tornare gli ispettori dell'Onu) mentre Obama ha ribadito che è meglio avere un presidente "che fin dall'inizio abbia ritenuto quell'intervento una cattiva idea". Sull'ultimo tema, c'è stato uno scambio di battute sorridenti su chi dei due sarebbe più capace di far iniziare il cambiamento sin dal primo giorno.
E' stata poi la volta dell'attacco ai Repubblicani, in particolar modo a Bush e a John McCain, evidentemente visto come il più probabile candidato. McCain è stato accusato di aver spalleggiato un ingiusto taglio di tasse per i benestanti.
E' seguito uno sperticato elogio di John Edwards, in cui ognuno dei due candidati ha cercato di accreditarsi come il più vicino alle posizioni del senatore della North Carolina.
Caccia ai delegati
Con il Super Martedì le Primarie entrano in una nuova fase, e per la prima volta negli ultimi 20 anni rischia di finire con una caccia all'ultimo delegato invece che in una corsa a vincere con ampio margine negli stati più importanti. "Dobbiamo competere in ogni stato, non possiamo trascurarne nessuno, ma la cosa più importante è conquistare quanti più delegati puoi" ha detto David Plouffe, capo dello staff di Obama. Questo, oltre a causare un approccio aggressivo e dinamico, comporta un particolare metro di giudizio dei singoli risultati, poichè il candidato con più voti potrebbe non essere quello che avrà conquistato più delegati. Tra i Democratici potrà infatti verificarsi il caso in cui, la notte del 5, un candidato festeggerà la vittoria nel maggior numero di stati, e l'altro festeggerà la conquista della maggioranza di delegati.
Un altro discorso riguarda i super-delegati. In caso di mancato quorum da parte di uno dei due candidati, i super-delegati (governatori, dirigenti di partito, ma anche ex presidenti e vicepresidenti e candidati ritirati come Christopher Dodd) potrebbero essere l'ago della bilancia. Alcuni di loro decideranno secondo le proprie inclinazioni personali o vicinanza politica, altri hanno già fatto sapere che appoggeranno il candidato che uscirà vincente dal Super Tuesday. Introdotti nel 1980, i super-delegati hanno sempre appoggiato il candidato uscito in vantaggio dalle primarie, ma se questo non dovesse esserci allora dobbiamo prepararci ad una convention dall'esito incertissimo, in cui i super-delegati dovranno fare una scelta decisiva (e magari cambiare idea rispetto alle precedenti intenzioni di voto).
Il perchè dell'endorsement di Ted Kennedy
Sul Washington Post, la columnist Mary Ann Akers propone un retroscena dell'endorsement dato da Ted Kennedy a Barack Obama. "Una fonte vicina alla famiglia dice che Kennedy si è molto adirato quando la Clinton ha lodato il ruolo del presidente Lyndon B. Johnson nell'approvazione del Civil Rights Act nel 1964". Kennedy ha visto in quel commento un'implicita offesa di suo fratello John Fitzgerald, che fu il primo a lanciare l'iniziativa. L'irritazione è aumentata quando la Clinton, anzichè correggersi ha ribadito la sua posizione. Pare che, successivamente, la senatrice abbia telefonato a Ted Kennedy per scusarsi, ma ormai era tardi. Inoltre Kennedy si è detto"furioso" per il tono e la strategia adottati da Bill Clinton in questa campagna. Va ricordato che il clan Kennedy, che tradizionalmente si muove come un sol uomo, in questa campagna si è spaccato, poichè gli eredi di Robert Kennedy (che Obama ricorda certo più di JFK) si sono invece schierati con la Clinton. "Ho una grande ammirazione per Obama, ha un carisma straordinario, parla benissimo, parla in poesia, e so che questo è molto attraente, ma Hillary è più preparata a guidare, dal primo giorno, il paese" ha detto la figlia di Bob.
Jesse Jackson getta acqua sul fuoco
Bill Clinton, per sminuire la vittoria di Obama in South Carolina, ha ricordato che Jesse Jackson aveva vinto nello stato con capitale Columbia nel 1984 e nel 1988, senza poi ottenere la nomination. Come a dire che Obama era il solito perdente.
Già domenica il reverendo, paladino della lotta per i diritti dei neri, ha gettato acqua sul fuoco dichiarando di non aver trovato nulla di offensivo nelle dichiarazioni dell'ex presidente. Jackson ha però spiegato di aver parlato con Obama a proposito delle recenti polemiche, e di avergli consigliato di "resistere alla tentazione di scendere a quel livello". Tuttavia, cercando di mantenere il perfetto equilibrio, ha aggiunto che "Bill Clinton ha fatto così tanto per favorire le relazioni interraziali che tenderei a non leggere nessun accento negativo nei suoi commenti".
Il revedendo Jackson è uno degli sponsor politici di Obama, così come suo figlio Jesse Jackson Jr., mentre la moglie Jacqueline ha fatto endorsement per la Clinton.
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