giovedì 28 febbraio 2008

Scontro di stili nel ventesimo dibattito

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di Michael Duffy (Time)

Barack Obama e Hillary Clinton hanno dibattuto per la ventesima volta martedì sera a proposito di sanità, Iraq, e delle loro tattiche elettorali. E benchè a volte ci sia voluta una lente di ingrandimento per per individuare le loro differenze programmatiche, le differenze nei loro stili personali erano visibili dal satellite.

La Clinton era chiaramente intenta a porsi come una combattente in grado di affrontare i Repubblicani a novembre, e poi tutti gli altri nemici interni ed esteri. Di contrasto, Obama è sembrato più interessato a porsi come un conciliatore in grado di colmare le distanze tra il suo partito e la nazione.

Per buona parte del dibattito Obama , traendo vantaggio dalla sua posizione di front-runner, ha giocato bene respingendo gli attacchi che la Clinton provava a portargli da tutte le posizioni possibili e immaginabili.

La Clinton ha tentato ripetutamente di sottolineare le differenze tra lei e Obama ricordando che sono differenze importanti; mentre Obama ha usato il tempo a sua disposizione per elevare la conversazione ed ergersi al di sopra delle polemiche. Obama, di poco ma indubbiamente, ha vinto il dibattito a meno di una settimana dal voto potenzialmente decisivo in Texas e Ohio.

Il massimo punto emotivo si è avuto parlando della guerra in Iraq, quando la Clinton ha accusato Obama di fare tanti bei discorsi contro la guerra ma di avere poi, in buona sostanza, le sue stesse posizioni da quando è entrato in Senato. Obama ha chiuso ogni discussione dicendo che l'Iraq "è stato un grave errore strategico" e quindi sostenendo che la Clinton, con il suo voto, ha consentito a George W. Bush di "far precipitare il bus dentro la scarpata".[...]

Ci sono stati momenti in cui l'argomento del dibattito è stato il dibattito stesso: la Clinton si è ben presto lamentata del fatto hce le veniva spesso chiesto di rispondere per prima - suggerendo che questa tendenza dava all'avversario più tempo per prepararsi una risposta, e riecheggiando le recenti polemiche sulla benevolenza dimostrata da media verso Obama. E' stata una lamentela curiosa, da parte di chi si propone di diventare Presidente, ma potrebbe essere stato un tentativo in extremis di ottenere le simpatie delle donne.

Obama ha mostrato uno stile da avvocato nel dare ragione su argomenti che non erano degni di discussione. Questo atteggiamento è stato maggiormente visibile in un inatteso scambio di battute sul fatto che Obama non avrebbe preso le distanze dall'appoggio datogli da Louis Farrakhan. Dopo che Obama ha ricordato di aver denunciato le posizioni antisemite di Farrakhan, la Clinton ha sostenuto che Obama doveva fare di più e rifiutare completamente quel supporto. Obama, percependo la possibilità di un affondo, ha chiesto se quale differenza semantica ci fosse tra "rifiuto" e "denuncia", ma poi ha lasciato cadere la polemica dando ragione alla Clinton e impegnandosi a fare entrambe le cose.

La Clinton è sembrata intenta a dipingere Obama come non pronto a diventare Comandante in capo, criticandolo a proposito ella politica estera e suggerendo che una volta il suo rivale ha proposto di bombardare il Pakistan. Obama ha criticato la Clinton per aver votato a favore della guerra; la Clinton ha criticato Obama per aver votato a favore dell"Energy bill" di Dick Cheney.

I due candidati hanno discusso per 16 minuti dei loro rispettivi piani sanitari, e come le loro campagne abbiano usato accuse vere o false per descriverli, senza venirne a capo. Nenche la conversazione sul NAFTA, su chi lo ha appoggiato o meno, ha contribuito a fare chiarezza, anche se la posizione di Obama sull'argomento è meno confusa di quella della Clinton.

Alla fine, i candidati si sono scambiati convenevoli, una conclusione prevedibile per entrambi, sia che fossero sul piede di guerra o in vena di fare pace.

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