Non si è fatta attendere la replica, per bocca di alcuni dei maggiori responsabili della raccolta fondi di Hillary Clinton, che hanno inviato una lettera aperta alla Speaker Democratica, lettera riportata dal Washington Post.
"Ha suggerito che i superdelegati abbiano l'obbligo di sostenere il candidato che avrà il maggior numero di delegati elettivi al 3 giugno, sia che il vantaggio sia di 550 o di 2" si può leggere nella lettera "Questa è una posizione insostenibile che contraddice le finalità con cui il partito ha introdotto la figura dei superdelegati".
Dando per scontato che, al 3 giugno, nè la Clinton nè Obama avranno raggiunto la cifra di 2.024 delegati necessari per la nomination (il quorum si è abbassato di un voto, dopo le dimissioni del Governatore di New York Spitzer) gli autori della lettera hanno chiesto alla Pelosi "di chiarire la sua posizionee dare spazio alla possibilità di una posizione indipendente dei superdelegati alla convention di agosto".
La Clinton, in un'intervista, ha ricordato che anche i delegati elettivi non sono legalmente vincolati al candidato per cui sono stati eletti, lasciando intendere che, se da qui ad agosto l'eleggibilità di Obama dovesse per qualche motivo essere messa in discussione, anche ai pledged potrebbe venire chiesto di esercitare il libero arbitrio.
Il portavoce della Pelosi ha replicato che la Speaker non ha appoggiato nessuno dei due candidati, e che è consapevole dell'indipendenza di giudizio dei superdelegati, ma che "sarebbe un grave danno per il partito se passasse la sensazione che i superdelegati possano surclassare il voto popolare. Questa è la sua posizione dall'inizio delle primarie, a prescindere dai risultati".
Bill Burton, portavoce di Obama, ha stigmatizzato la lettera, vedendola come una implicita minaccia di sottrarre fondi al partito.
Robert L. Johnson, uno degli autori della lettera, ha poi precisato che non ci sarà nessun effetto negativo sulla raccolta di fondi da parte del DNC.
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