lunedì 31 marzo 2008

Mario Cuomo appoggia il dream ticket


Mario Cuomo, l'ex Governatore di New York, influente ed amato esponente Democratico, ha scritto una lettera aperta al Boston Globe spiegando la sua soluzione per evitare una faida interna al partito. Ecco i brani più significativi dell'editoriale.



Come evitare un disastro Democratico

di Mario M. Cuomo

E' in agguato un disastro Democratico alle elezioni di Novembre, ma può ancora essere evitato con una dimostrazione di vera leadership da parte dei due candidati.
Alla fine delle primarie, non importa con quale massiccia affluenza, meno della metà di tutti gli elettori Democratici avranno espresso la loro preferenza. E poichè le primarie si estendono per un periodo così lungo, alcuni elettori avranno cambiato idea alla convention di agosto. Altre complicazioni minacciano la possibilità che la convention arrivi ad una soluzione pacifica tra HIllary Clinton e Barack Obama. Due stati importanti per i Democratici - Florida e Michigan - potrebbero non avere voce in capitolo, e il ruolo dei superdelegati può diventare materia di un contenzioso irrisolvibile.
Mentre i Democratici si avvicinano alla fine delle primarie senza una chiara scelta, e con una crescente alienazione tra i due candidati, il nominato Repubblicano John McCain acquista forza indisturbato.

Obama sostiene di avere vinto più delegati, più stati, più voti, e sostiene anche che i superdelegati siano "moralmente obbligati" a votare per chi ha il maggior numero di delegati.
La Clinton sostiene che il partito deve trovare il modo di coinvolgere Florida e Michigan, stati in cui la Clinton ha vinto, e ricorda che i superdelegati sono stati creati per sorpassare il voto popolare in modo da scegliere il candidato maggiormente in grado di vincere. I recenti sondaggi evidenziano che i due candidati sono appaiati nel gradimento, ma la Clinton ha maggiori possibilità di vincere nei grandi stati.
Ma i sondaggi dimostrano anche che se la battaglia prosegue fino alla convention, una gran parte dei sostenitori del candidato sconfitto non voterà per i Democratici. Questo porterebbe ad un proseguimento del "Bushismo" e a una continuazione indefinita della tragica guerra in Iraq.

Di chi è la colpa?

Dei Democratici.

Chi può risolvere il problema?

Obama e la Clinton possono - mettendo da parte le acredini personali, e in una certa misura le aspirazioni, e accordandosi per mettere fine alle ostilità e formare un ticket che offra un presidente, e un vicepresidente che sarebbe in grado di essere presidente se se ne presentasse l'occasione. Quel candidato vice avrebbe inoltre buone possibilità di essere eletto presidente per i successivi otto anni, poichè nessuno dei due sarà troppo vecchio nel 2016.
Se non sono in grado di farlo, potrebbero annunciare sin da ora che completeranno il calendario delle primarie e che il vincitore diventerà candidato presidente e l'altro accetterà di candidarsi come vice, in modo da non alienare gli elettori del candidato che non otterrà la nomination.

Pensateci, per i prossimi otto anni potremmo eleggere sia la prima donna che il primo afro-americano. Non è un sogno, è una possibilità plausibile, raggiungibile e gloriosa - se i due candidati avranno la forza e la saggezza di volerlo. La loro unione esalterà la nazione e farà il giro del mondo.
Se, però, i candidati rifiuteranno di trovare un modo per mantenere unito l'elettorato alle presidenziali, le primarie 2008 saranno la storia di una enorme occasione sprecata per riportare la nostra nazione sul giusto sentiero, lasciandoci in Iraq e in mano ad un governo mediocre.

© Copyright 2008 Globe Newspaper Company.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

la mia impressione, da perfetto ignorante, è che Obama e Clinton non siano poi tanto simili. Ed ho l'impressione che, chiunque dei due sarà eletto, sarà sottoposto a forti pressioni da parte del partito e del mondo politico e sindacale in genere. Sarà il caso che trovino un accordo? Forse si', potrebbe essere un primo salvagente contro tali pressioni "esterne". Ma ... chissà.

G. ha detto...

Sono simili nei punti basilari del programma, ma questo è normale visto che fanno parte dello stesso partito.
Differiscono (o dovrebbero differire) nel modo in cui raggiungere gli obiettivi e soprattutto nel modo di fare. Quando si andrà alla convention, il nominato (o entrambi, se sarà la convention a decidere) dovranno presentare la cosiddetta piattaforma, cioè una serie di punti programmatici da concordare con il partito in cambio del sostegno alle presidenziali, per cui le pressioni esterne ci saranno in ogni caso