lunedì 10 marzo 2008

La questione Michigan e Florida

Sembra che il fato voglia accanirsi in una maniera senza precedenti su queste primarie Democratiche, forse come contrappasso per la calma piatta delle precedenti (nel 1992, a parte lo scandalo per la relazione con Gennifer Flowers, la campagna trionfale di Clinton non fu mai in dubbio, nel 2000 Gore vinse in tutti gli stati, nel 2004 la questione si risolse quasi subito a favore di Kerry) e così oltre al sostanziale pareggio, alla lotta senza esclusione di colpi, ale polemiche interne al partito, ai dubbi dei superdelegati, ci si mette anche la questione relativa al Michigan e alla Florida.
I due stati - rispettivamente l'8° e il 4° più popoloso degli USA - hanno subito una dura penalizzazione per aver tenuto le primarie al di fuori del periodo previsto dal Partito. E se i Repubblicani hanno, saggiamente, deciso di limitarsi a dimezzare il numero dei delegati, il DNC li ha azzerati (compresi i superdelegati).
Una decisione che voleva essere esemplare, ma che ha portato ad una situazione quantomai ingarbugliata, che non si potrà risolvere senza scontentare qualcuno.

Due stati così importanti, è l'opinione di molti, non possono essere privati della loro rappresentanza alla convention Democratica, e i milioni di elettori Democratici sugli oltre 27 milioni di abitanti dei due stati non possono restare senza voce in capitolo per colpa di altri. Non si tratta solo di una questione di principio, ma anche pratica: se gli elettori Democratici di Michigan e Florida decidessero di punire il partito alle presidenziali di novembre, sarebbero guai visto che da soli contano 44 grandi elettori.
D'altronde non è neanche possibile convalidare i risultati delle primarie tenutesi a gennaio: in Florida la Clinton è stata l'unica a fare campagna elettorale, e in Michigan i nomi di Obama ed Edwards non erano neanche presenti sulle schede.

L'unica soluzione è rifare le elezioni, ma nessuno vuole pagare, e comunque in molti pensano che sarebbero elezioni falsate, ma che tuttavia potrebbero risultare decisive per la nomination.
Dopo mesi in cui hanno portato avanti la "strategia della fermezza" i dirigenti Democratici capeggiati da Howard Dean sembrano essersi resi conto di non poter fare a meno della partecipazione dei 366 delegati di Florida e Michigan.

Neanche a dirlo, i due candidati sono divisi anche su questo. La Clinton vorrebbe semplicemente che si convalidassero i risultati di gennaio, in modo tale da conquistare circa 180 delegati contro i 70 di Obama, mentre Obama si dice favorevole a una nuova votazione, poichè quelle di gennaio non sono attendibili, anche perchè molti elettori hanno deciso di non andati a votare.

Sembra chiaro che l'unica cosa da fare è ri-votare, ma in Michigan un nuovo voto costerebbe 10 milioni di dollari, in Florida 20, soldi che nessuno vuole tirare fuori. Un'ipotesi allo studio è quella del voto postale, ma è tutt'altro che entusiasmante.
Lo stesso vale per la possibilità di suddividere equamente i delegati tra i due candidati, soluzione che però neutralizzerebbe l'influenza dei due stati. Il Michigan tuttavia ha la possibilità di tenere dei caucus, e questa potrebbe essere una soluzione pratica ed economica. mentre la Florida non è organizzata per questa evenienza.

Oggi due dei maggiori sostenitori della Clinton, il Governatore del New Jersey Jon Corzine e della Pennsylvania Edward Rendell si sono offerti di raccogliere fondi tali da consentire la ripetizione del voto. Ma occorre fare in fretta, le primarie non potranno tenersi oltre i primi di giugno, e bisogna raccogliere i soldi e organizzare il voto.

Lo stesso giorno, il reverendo Al Sharpton, influente attivista per i diritti civili, ha minacciato di denunciare il partito se accetterà i delegati della Florida in base ai risultati delle primarie di gennaio. Sharpton è andato in Florida per compilare una lista di nominativi di elettori democratici che non sono andati a votare perchè pensavano che il loro voto non contasse.
Pur non avendo appoggiato nessuno dei due candidati, le mosse di Sharpton vanno a favore di Obama e il reverendo, intervistato da Fox News ha dichiarato "Se Obama perdesse la nomination per manovre di palazzo ad opera dei superdelegati, "non solo vedrete persone come me scendere in piazza a protestare, ma potreste vederci prendere in considerazione l'ipotesi di non appoggiare quella decisione alle elezioni presidenziali"

4 commenti:

Anonimo ha detto...

solo leggendo del comportamento della Clinton riguardo al volere i candidati di tale due stati, bisognerebbe votare per Obama. Invece agli americani il comportamento della Clinton piace, perché lo giudicano di una persona esperta e che sa affrontare i problemi. Contenti loro!

Anonimo ha detto...

a proposito, si dice Flòrida o Florìda?

G. ha detto...

Flòrida

Anonimo ha detto...

grazie.