Le legge prevede che la candidatura debba essere vagliata e votata dai delegati alla convention nazionale che decide la nomination del ticket, ma di fatto, da molti anni a questa parte, i candidati alla nomination presentano un candidato vice-presidente e lo sottopongono alla ratifica da parte del partito. Come è intuibile, però, la scelta del running mate è molto delicata, tocca gli equilibri interni al partito e va fatta tenendo conto di molti aspetti che vanno ben oltre la simpatia e la fiducia reciproca (George W. Bush, ad esempio, nel 2000 era propenso a scegliere un vice moderato come Hagel, ma dopo aver tastato il polso alla destra del partito presentò Cheney).
Soprattutto tra i Democratici, nel caso in cui si arrivasse (come è sempre più probabile) ad una brokered convention, in cui non c'è una maggioranza assoluta e sono i super-delegati a dover decidere, il nome del vice-presidente potrebbe essere una discriminante decisiva per orientare la scelta.

Dopo il suo ritiro dalla corsa, anche Bill Richardson rientra in gioco come vice. Il governatore del New Mexico, di madre ispanica, potrebbe sopperire alle carenze della Clinton in alcuni stati dell'ovest, ma non ha fatto endorsement per la senatrice, e quindi potrebbe essere la scelta di Obama, a cui permetterebbe di colmare il gap con i latini.
Per quanto riguarda Obama, la scelta del vice è attualmente un rebus, e non c'è dubbio che, per quanto riguarda la formazione di uno staff di governo, il senatore dell'Illinois sia molti passi indietro rispetto all'avversaria. I supporter di Obama vorrebbero Caroline Kennedy come vice, ma è evidente che, se Obama ottenesse la nomination, il partito vorrà un vice di peso e di esperienza anche se ingombrante. In questo senso l'identikit potrebbe portare a John Kerry, mentre sarebbe da escludere (forse) Ted Kennedy, che però potrebbe anche esporsi in caso di necessità. Oltre a Richardson si fanno i nomi di altri due ritirati delle primarie, Chris Dodd e Joe Biden. Entrambi si sono espressi in modo molto critico contro la Clinton, ma non hanno espressamente appoggiato Obama. Oltretutto, sono entrambi conosciuti per le posizioni molto radicali, e quindi poco adatti ad accompagnare Obama.

L'incognita in questo quadro ha un nome e un cognome: John Edwards. Le intenzioni dell'ex terzo incomodo Democratico non sono chiare, dopo il Super Tuesday ha incontrato in rapida successione Hillary e Obama, ma non ha appoggiato nessuno. Inoltre è tutto da vedere che voglia davvero ripetere la sfortunata esperienza del 2004 barattando i suoi delegati per un posto nel ticket presidenziale.
Altre voci suggestive riguardano Al Gore, ma si possono smentire senza problemi: dopo aver rifiutato di candidarsi alle primarie è da escludere che voglia ripetere l'esperienza del 1992-2000, sia come vice della moglie del suo ex presidente, sia come "chioccia" di Obama.
Allo stesso modo, ogni giorno che passa diventa più improbabile il "dream-ticket" Clinton-Obama. Lo scontro tra i due candidati si prolungherà ormai certamente fino alla convention, e un accordo tra i due, allo stato dei fatti, è fuori discussione, e sarebbe probabilmente sgradito agli stessi protagonisti.
L'unico caso in cui il dream ticket potrebbe tornare prepotentemente attuale è quello di una imposizione da parte del Partito nell'ipotesi in cui il distacco tra i due candidati alla convention dovesse essere talmente risicato da non consentire una scelta netta.
1 commento:
Interessanti le ipotesi proposte, grazie del resoconto. Certo che i giornalisti si sbizzarriscono (Obama-Whinfrey sarebbe quantomeno un ticket originale). Il ruolo del vicepresidente è piuttosto particolare, ce ne sono stati alcuni che hanno passato anni a sparare ai cervi e nuotare in piscina(come Lyndon Johnson, Al Gore, che pure hanno avuto modo di rifarsi); altri hanno ricoperto un ruolo importante o addirittura fondamentale, nel bene e nel male (come Walter Mondale e Dick Cheney). Fatto sta che se il VP è giovane e se è particolarmente ben visto dall'uomo comune (come Bayh o Huckabee, non come Dunforth Quayle, che era deriso a destra e manca), qualche anno da n°2 può dare una notevole forza in vista di una candidatura futura (nel 2016 o 2020). Piccola nota finale, John Kerry ha dichiarato a FOX di non avere intenzione di candidarsi come vice di Obama, in caso di nomination per il Senatore dell'Illinois, e devo dire che è stato convincente, non credo che prenderà in considerazione l'ipotesi, o perlomeno che la accetterà.
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