venerdì 15 febbraio 2008

Toto-vicepresidente: i Democratici

Adesso che il campo è sgombro e i contendenti in gara sono nominalmente cinque, ma fattualmente tre, è ora di cominciare a parlare di vicepresidenza.
Le legge prevede che la candidatura debba essere vagliata e votata dai delegati alla convention nazionale che decide la nomination del ticket, ma di fatto, da molti anni a questa parte, i candidati alla nomination presentano un candidato vice-presidente e lo sottopongono alla ratifica da parte del partito. Come è intuibile, però, la scelta del running mate è molto delicata, tocca gli equilibri interni al partito e va fatta tenendo conto di molti aspetti che vanno ben oltre la simpatia e la fiducia reciproca (George W. Bush, ad esempio, nel 2000 era propenso a scegliere un vice moderato come Hagel, ma dopo aver tastato il polso alla destra del partito presentò Cheney).
Soprattutto tra i Democratici, nel caso in cui si arrivasse (come è sempre più probabile) ad una brokered convention, in cui non c'è una maggioranza assoluta e sono i super-delegati a dover decidere, il nome del vice-presidente potrebbe essere una discriminante decisiva per orientare la scelta.
Non è un segreto il nome del vice-presidente designato dalla Clinton già prima dell'inizio della campagna: Evan Bayh (nella foto), cinquantaduenne ex governatore dell'Indiana e oggi senatore dello stesso stato, un democratico conservatore ache pare predestinato ad essere il futuro candidato alla presidenza fra quattro o otto anni. In realtà Bayh era intenzionato a presentarsi già in queste primarie, ma si è fatto indietro ad ottobe facendo endorsement per la Clinton, e da qui il sospetto di un accordo tra i due. Un altro ex governatore che ha appoggiato la Clinton è Bob Kerrey del Nebraska, già avversario di Bill Clinton nelle primarie del 1992. Kerrey però si è messo fuori gioco con alcune dichiarazioni contro Obama (definito "musulmano") ed Edwards, e non sarebbe gradito ai big del partito. Un altro nome che circola è quello di Ted Strickland, attuale governatore dell'Ohio, che ha fatto endorsement per la Clinton in vista del voto del 4 marzo. Non avrebbe il fascino e il peso di Bayh, ma potrebbe essere un vice meno ingombrante. Tra gli altri big del partito, un vice perfetto potrebbe essere Wesley Clark, altro endorsement eccellente della Clinton. Ex generale dell'esercito, veterano del Vietnam e capo del contingente Usa in Kossovo, si presentò senza successo alle primarie del 2004. Se non verrà scelto come vice, potrebbe tornare in gioco come Segretario di Stato o alla Difesa.
Dopo il suo ritiro dalla corsa, anche Bill Richardson rientra in gioco come vice. Il governatore del New Mexico, di madre ispanica, potrebbe sopperire alle carenze della Clinton in alcuni stati dell'ovest, ma non ha fatto endorsement per la senatrice, e quindi potrebbe essere la scelta di Obama, a cui permetterebbe di colmare il gap con i latini.
Per quanto riguarda Obama, la scelta del vice è attualmente un rebus, e non c'è dubbio che, per quanto riguarda la formazione di uno staff di governo, il senatore dell'Illinois sia molti passi indietro rispetto all'avversaria. I supporter di Obama vorrebbero Caroline Kennedy come vice, ma è evidente che, se Obama ottenesse la nomination, il partito vorrà un vice di peso e di esperienza anche se ingombrante. In questo senso l'identikit potrebbe portare a John Kerry, mentre sarebbe da escludere (forse) Ted Kennedy, che però potrebbe anche esporsi in caso di necessità. Oltre a Richardson si fanno i nomi di altri due ritirati delle primarie, Chris Dodd e Joe Biden. Entrambi si sono espressi in modo molto critico contro la Clinton, ma non hanno espressamente appoggiato Obama. Oltretutto, sono entrambi conosciuti per le posizioni molto radicali, e quindi poco adatti ad accompagnare Obama.

Scartando altri rumors più o meno suggestivi, come Oprah Winfrey o Colin Powell per accaparrarsi i voti degli indipendenti, il nome che ricorre in questi ultimi giorni è invece quello di un outsider, Jim Webb (nella foto), senatore della Virginia, ex repubblicano da poco entrato nei partito dell'asinello, ex segretario alla Marina con Reagan, amico di Obama ma soprattutto eroe del Vietnam: quindi un perfetto anti-McCain in chiave elettorale, e proprio questo potrebbe giocare un ruolo decisivo nella scelta. Si fanno inoltre i nomi di due donne, la Governatrice del Kansas Kathleen Sebelius e la senatrice del Missouri Claire McCaskill.
L'incognita in questo quadro ha un nome e un cognome: John Edwards. Le intenzioni dell'ex terzo incomodo Democratico non sono chiare, dopo il Super Tuesday ha incontrato in rapida successione Hillary e Obama, ma non ha appoggiato nessuno. Inoltre è tutto da vedere che voglia davvero ripetere la sfortunata esperienza del 2004 barattando i suoi delegati per un posto nel ticket presidenziale.

Altre voci suggestive riguardano Al Gore, ma si possono smentire senza problemi: dopo aver rifiutato di candidarsi alle primarie è da escludere che voglia ripetere l'esperienza del 1992-2000, sia come vice della moglie del suo ex presidente, sia come "chioccia" di Obama.
Allo stesso modo, ogni giorno che passa diventa più improbabile il "dream-ticket" Clinton-Obama. Lo scontro tra i due candidati si prolungherà ormai certamente fino alla convention, e un accordo tra i due, allo stato dei fatti, è fuori discussione, e sarebbe probabilmente sgradito agli stessi protagonisti.
L'unico caso in cui il dream ticket potrebbe tornare prepotentemente attuale è quello di una imposizione da parte del Partito nell'ipotesi in cui il distacco tra i due candidati alla convention dovesse essere talmente risicato da non consentire una scelta netta.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Interessanti le ipotesi proposte, grazie del resoconto. Certo che i giornalisti si sbizzarriscono (Obama-Whinfrey sarebbe quantomeno un ticket originale). Il ruolo del vicepresidente è piuttosto particolare, ce ne sono stati alcuni che hanno passato anni a sparare ai cervi e nuotare in piscina(come Lyndon Johnson, Al Gore, che pure hanno avuto modo di rifarsi); altri hanno ricoperto un ruolo importante o addirittura fondamentale, nel bene e nel male (come Walter Mondale e Dick Cheney). Fatto sta che se il VP è giovane e se è particolarmente ben visto dall'uomo comune (come Bayh o Huckabee, non come Dunforth Quayle, che era deriso a destra e manca), qualche anno da n°2 può dare una notevole forza in vista di una candidatura futura (nel 2016 o 2020). Piccola nota finale, John Kerry ha dichiarato a FOX di non avere intenzione di candidarsi come vice di Obama, in caso di nomination per il Senatore dell'Illinois, e devo dire che è stato convincente, non credo che prenderà in considerazione l'ipotesi, o perlomeno che la accetterà.