di Mark Halperin (TIME)
Le vittorie di Hillary Clinton nel voto popolare in Texas e Ohio cambiano la corsa alla nomination Democratica fondamentalmente in almeno un modo: è ancora in corsa. La lunga e coraggiosa campagna della Clinton sarebbe finita di colpo se Obama avesse trovato il colpo del KO in almeno uno dei due stati.
Invece la Clinton combatterà almeno per le prossime sette settimane, fino al voto in Pennsylvania del 22 aprile. Giusto er rendere un'idea di quanto sia lungo in politica un periodo del genere, vi ricordate i caucus in Iowa? Erano solo otto settimane fa.
La Clinton è rafforzata non solo dalla vittoria di martedì, ma da molti altri sviluppi degli ultimi giorni. Ha vinto il voto popolare in tutti i maggiori stati industriali, tranne che in Illinois. In più, dal suo punto di vista, Obama solo adesso sta cominciando a sperimentare l'aggressività dei media a cui lei è già abituata. E finalmente lei ha trovato una strategia per evidenziare le carenze del suo avversario sulla sicurezza nazionale - la più grave debolezza secondo gli elettori.
Ma i risultati del 4 marzo non hanno cambiato il principale argomento di Obama per cui la Clinton dovrebbe ritirarsi: la matematica. Ormai è numericamente impossibile per lei conquistare la leadership tra i delegati elettivi.
Nè Obama nè la Clinton possono vincere la nomination senza una qualche combinazione di delegati eletti (scelti tra primarie e caucus) e superdelegati (membri e dirigenti del partito che partecipano di diritto alla convention di Denver). Circa 800 degli oltre 4000 delegati sono superdelegati, e diverse centinaia ancora non hanno deciso.
Viste le prossime votazioni - molte delle quali in stati favorevoli a Obama - vista la leadership di oltre cento unità che Obama ha nella conta dei delegati eletti, e viste le regole proporzionali di assegnazione dei delegati, è quasi una certezza politica e matematica che Obama finirà le primarie con un maggior numero di delegati, portando a conseguenze impreviste.
Alcuni dei prossimi stati - il Wyoming sabato, il Mississippi l'11 marzo - sono sicuramente per Obama, e non ci sono segni di una riscossa della Clinton. Lo stesso vale per la Carolina del Nord il 6 maggio e per l'Oregon il 20 maggio.
Altre sfide sono favorevoli alla Clinton (Pennsylvania, Indiana, Guam, West Virginia, Montana e South Dakota) ma anche delle vittorie decisive - ad esempio con un distacco di 20 punti - la lascerebbero indietro nel computo totale e parziale di delegati. E questo rimarrebbe vero anche se la Clinton riuscisse in qualche modo a riavere i delegati di Florida e Michigan.
L'unica speranza per la Clinton è di sovrastare la leadership di delegati elettivi di Obama conquistando la maggior parte dei restanti superdelegati.
Questo è il fulcro della sfida della Clinton. Obama ultimamente ha incassato più superdelegati di lei perchè questi sono stati convinti dalla sua supremazia nel computo di delegati eletti. Tuttavia, a meno di un cambiamento significativo nella dinamica generale - un grave errore di Obama o uno scandalo - è probabile che lui continui ad attrarre superdelegati a dispetto dei risultati del 4 marzo.
Inoltre, assicurarsi la nomination unicamente con i voti di delegati non eletti verrebbe considerato dai sostenitori di Obama come anti-democratico, dividendo il partito alla vigilia delle Presidenziali.
Perciò la Clinton può ancora correre per sette settimane. Ma se la matematica non è un'opinione, il candidato inevitabile è Barack Obama.
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