Il voto latino. Mai come in queste primarie il voto dei latini rischia di diventare decisivo, e la minoranza etnica diventa ago della bilancia. In partenza i latini erano una parte importante dell'elettorato di Hillary Clinton, sia perchè la presidenza di Bill Clinton ha rappresentato un momento di svolta per gli ispanici, e viene giustamente ricordata da loro con rimpianto, sia perchè la rivalità con la minoranza afro-americana li ha messi nell'indisposizione di votare un candidato nero.
Le ultime settimane sembrano aver cambiato qualcosa: l'endorsement di Ted Kennedy, molto benvoluto tra gli ispanici, l'aggregazione di centinaia di latinos tra le fila dei sostenitori di Obama, l'impegno del senatore dell'Illinois per una riconciliazione nazionale e un superamento della rivalità tra le due etnie.
In California la presenza di ispanici è massiccia, ed il conflitto con i neri è più sentito che altrove: è su questo tema che si gioca, sul filo del rasoio, la partita in campo democratico.
McCain non è profeta in patria. Mentre gli altri candidati possono contare su un deciso appoggio negli stati in cui sono nati o in cui sono stati eletti (e la Clinton ne ha addirittura due, New York e Arkansas), John McCain deve affrontare una situazione non facile nella 'sua' Arizona. Nello stato, e in particolar modo a Phoenix, la questione dell'immigrazione è in cima alla lista delle priorità, e le tensioni sono all'ordine del giorno. Gruppi di attivisti contro gli immigrati clandestini si radunano quotidianamente minacciando azioni clamorose, e si intensificano nelle strade della città le ronde dei cittadini che si sentono insicuri. La posizione di McCain, che chiede una legalizzazione degli 11 o 12 milioni di illegali, lo ha messo in rotta di collisione con i più conservatori del suo partito, che sono anche i leader del Gop nello stato.
Republicans for Obama. I maligni potrebbero pensare che i repubblicani appoggino Obama perchè lo ritengono il candidato più debole in vista delle presidenziali, ma non è così (o comunque non solo). Come dimostra anche l'endorsement di Susan Eisenhower, nipote del Presidente Dwight D. Eisenhower, repubblicana da una vita, i conservatori ammirano il cambiamento che Obama sta cercando di portare nella politica americana. Pur non approvandone molte posizioni, non sfugge a tanti repubblicani che il loro partito è fermo su idee e persone irrimediabilmente vecchie: il più giovane dei candidati, Huckabee, è un fondamentalista, il più probabile nominato potrebbe diventare il più vecchio presidente al primo mandato, ma soprattutto manca la voglia di tracciare una nuova strada. Ciò che rappresenta Obama.
Gli strani sondaggi di Hillary. Ed Coghlan, ex direttore del notiziario di una tv locale californiana, ha raccontato di aver ricevuto una sera la telefonata di un istituto di sondaggi. Si è subito reso conto che c'era qualcosa di strano: il sondaggio riguardava i tre candidati democratici (Edwards era ancora in corsa) più McCain, e le domande sulla Clinton non erano vere domande, ma affermazioni del tipo "Se la Clinton avesse delle soluzioni per il problema dei mutui, e per evitare la bancarotta alle famiglie, lei la voterebbe?", mentre le domande su Obama avevano un tono diverso, ad esempio "Se sapesse che per 43 volte Obama si è astenuto invece di prendere una posizione precisa su ciò in cui crede, lo voterebbe?"
Il Fattore Huckabee. Un mese fa Huckabee trionfava a sorpresa in Iowa e sembrava essere l'uomo nuovo in grado di fare le scarpe al veterano McCain e al miliardario Romney. Da allora la campagna dell'ex governatore dell'Arkansas è rientrata prepotentemente nella normalità e lui, pur conquistando delegati qua e là, è ha visto il suo ruolo diminuire sempre di più. Tuttavia è ancora in gara, nonostante sia al verde e in molti stati non abbia fatto promozione. Nel Super Martedì potrebbe dire la sua in alcuni stati, come il "suo" Arkansas, e in generale potrebbe rappresentare un fattore di cui dover tener conto in futuro. Anche se gli elettori evangelici hanno smesso di supportarlo come nelle prime tornate elettorali (in Florida i votanti evangelici si sono divisi equamente tra Huckabee, Romney e McCain), i conservatori potrebbero sceglierlo in alternativa a Romney, favorendo indirettamente McCain. E se nessuno avrà la maggioranza assoluta dei delegati, l'appoggio di Huckabee alla convention potrebbe diventare decisivo.
La rivolta delle macchine. Le voting machine, le macchine per il voto elettronico ormai sempre più diffuse in Usa, fanno parlare di sè anche in queste primarie. Ricordiamo che proprio questi apparecchi sono stati al centro di infinite polemiche alle Presidenziali del 2000, quando il distacco tra Bush e Gore in Florida si era ridotto a una manciata di voti, e proprio il voto elettronico era accusato di aver falsato i risultati. Un bis delle polemiche si è avuto anche nelle presidenziali del 2004, ma non con la stessa intensità visto il distacco tra Bush e Kerry, e nelle primarie per il Congresso nel 2006.
In queste primarie, le voting machine sono state tirate in ballo per le presunte irregolarità in New Hampshire, mai dimostrate, ma adesso una statistica fa saltare all'occhio una strana coincindenza. In tutti gli stati e le contee in cui si è votato elettronicamente, hanno vinto la Clinton e Romney.
Questo può dipendere certamente dal fatto che questi stati e contee sono quelli in cui la popolazione è più benestante, e rientra maggiormente nel target di elettori dei due candidati, ma è comunque una coincidenza significativa.
Per avere maggiori informazioni su come sia facile manomettere una voting machine, potete guardare questo video.
martedì 5 febbraio 2008
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